Carla e Charlie sono due comunisti. Stralci

Carla e Charlie sono due comunisti, militanti della nostra organizzazione. Il Gruppo di Fuoco di cui facevano parte era in quella zona per compiere un attacco contro Michele Zaffino, attivista del PCI e presidente del consiglio di quartiere. Costui si è distinto a Torino per alcune azioni tipicamente poliziesche nei confronti del movimento di lotta proletario, delle sue avanguardie combattenti.
Ha promosso nel quartiere un «questionario» che è in realtà una massiccia raccolta di dati e di informazioni sui proletari della zona (le domande sono sui vicini di casa «strani», con orari irregolari e movimenti sospetti, e cosi via).
(….) Barbara Azzaroni «Carla»: è una compagna che a Bologna conoscono tutti. Ex dirigente della sede bolognese di Potere Operaio, a partire dallo scioglimento di questo gruppo comincia un percorso di iniziativa politica che, da una parte la rende un punto di riferimento della lotta di massa contro l’amministrazione rossa (il Coordinamento lavoratori enti pubblici, le lotte del marzo ’77), dall’altra pone la questione dell’organizzazione del combattimento proletario e della costruzione del partito rivoluzionario. Dirigente nazionale delle Formazioni Comuniste Combattenti, confluisce poi con un gruppo di compagni di questa organizzazione in Prima Linea. Il suo contributo è lucido, la sua determinazione e la sua capacità operativa molto alte. A Torino fa parte del Comando e del Gruppo di Fuoco. Ha partecipato a molte e importanti operazioni, da Mazzotti (capo personale della Menarini) a Bologna, a quelle contro Lorusso e la Napolitano (rispettivamente torturatore e «vigilatrice» delle Nuove) a Torino.
Matteo Caggegi «Charlie»: nonostante la giovane età – ha 20 anni – anche Charlie è un compagno noto a Torino. Si distingue per la sua capacità di aggregare compagni, per la sua militanza nei circoli giovanili, nelle iniziative che questi promuovono, nelle manifestazioni del marzo ’77. L’anno scorso viene assunto alla FIAT Rivalta dove gli operai, i compagni ricordano il suo ruolo nelle lotte contro gli straordinari, la sua presenza assidua ai picchetti, i suoi scontri politici con i burocrati sindacali. La sua disponibilità , la sua generosità sono enormi, come eccezionali sono le sue capacità di combattente dimostrate in varie operazioni.
(…) Ogni volta che lo scontro fa un salto di qualità, in particolare nei momenti in cui il nemico di classe infligge duri colpi ai rivoluzionari, e per farlo concentra la sua capacità di fuoco determinato a distruggere uomo su uomo la forza rivoluzionaria, in cui i proletari riconoscono con particolare chiarezza i caratteri odiosi del proprio nemico ed esprimono il massimo dell’odio nei suoi confronti, dei compagni caduti, colpiti, torturati, proprio in questi momenti va sviluppato il massimo dell’iniziativa politica e di combattimento, ma anche, col massimo di lucidità si debbono definire i propri compiti, i rapporti di forza da modificare, i limiti e le contraddizioni dello schieramento proletario.
(…) E’ chiaro quali sono i punti di partenza della risposta a questo salto dell’azione del nemico:
– precisazione del rapporto fra azione combattente, rappresaglia e schieramento rivoluzionario di massa;
– determinazione delle funzioni e delle contraddizioni dello schieramento nemico, delle istituzioni democratiche rappresentative, delle truppe di occupazione e in modo significativo degli strumenti della controguerriglia psicologica, che ha lanciato la campagna sui rapporti fra «terrorismo» e «criminalità».
(…) Lo schieramento rivoluzionario tra i proletari, mentre si identifica nei compagni caduti, ne riconosce la pratica, la sua efficacia, si trova più unito e più forte – contro tutti i corvi che hanno blaterato di contraddizione tra lotta armata e sviluppo di una coscienza di massa; ciò significa che il combattimento in questi giorni e in questi mesi supera definitivamente una prima fase di accumulo di esperienza nel disarticolare le gerarchie e le forze nemiche per diventare espressione di un movimento rivoluzionario stabilmente radicato ed espresso da settori proletari di massa.
Abbiamo detto che il capitale si dà strumenti per distruggere ogni possibilità di un movimento di lotta di massa che si estende con continuità: oggi abbiamo verificato che lo sviluppo della guerra di classe non si limita a rendere possibile qualche lotta in più, ma crea le condizioni di un movimento di lotta come espressione diretta di una volontà rivoluzionaria.
E’ quanto hanno capito sbirri e padroni che fanno un salto nella loro ferocia esprimendo una rabbia vigliacca.
L’azione delle forze combattenti ha spesso sottovalutato l’estensione delle forze di controllo, di divisione all’interno della classe, che abbiamo visto agire in modo strettamente collegato sia a Torino che a Milano, e ha quindi sofferto di non essere altrettanto continua ed articolata nei loro confronti; spesso l’iniziativa di nuclei combattenti ha praticato azioni esemplari come nel caso del duplice attacco di Milano e Venezia – sottovalutando sia l’organicità dello schieramento che si trovavano di fronte, sia lo schieramento proletario che si poteva realizzare con un’azione più chiara nelle sue discriminanti e nella sua continuità.
L’iniziativa di combattimento può evidenziare, colpire e quindi mettere in crisi quanto nel blocco nemico è strumento determinato all’azione di controguerriglia, può separarlo dal magma dei settori di classe che lo compongono.
(….) Con la sua feroce determinazione il nemico di classe ha imposto ai comunisti di estendere a tutto il fronte dello scontro il senso e il peso delle ultime campagne contro le carceri, che hanno intaccato in modo significativo il comando carcerario: il nemico di classe sconfitto, messo in crisi, in un punto, cerca di valersi di situazioni che ritiene a lui favorevoli per esercitare il suo terrore, per prendersi la sua rivincita.
La lezione delle battaglie vincenti, la crescita di uno schieramento rivoluzionario mostrano che il nemico si sbaglia, che non esistono per lui territori stabilmente consolidati né gerarchie al sicuro dall’attacco proletario. Non ci illudiamo, essi si sono dotati di un apparato di guerra e di rappresaglia regolato dalle leggi della clandestinità – a partire dagli apparati di Dalla Chiesa – dalla logica del massimo di azione contro ogni obiettivo individuato che è sempre più la logica della tortura e dell’annientamento. Sappiamo che scaricheranno sui proletari le loro contraddizioni, crescenti ad ogni livello – crescita dell’inflazione, attacco antioperaio nelle fabbriche, sono il normale corrispettivo di un’azione antiguerriglia sempre più omicida: ma sappiamo che proprio per tutto questo lo schieramento rivoluzionario crescerà e deve crescere l’intelligenza e la determinazione della nostra azione.
Il combattimento deve necessariamente perdere la sua parzialità: uno schieramento rivoluzionario chiede ai combattenti di lavorare a costruire uno strumento forte, centralizzato, unitario, in cui concentrare la forza combattente della classe.
(….) Il rapporto tra «terrorismo» e criminalità su cui si stanno accanendo gli esperti della controguerriglia è rilevante poiché è semplicemente in gioco l’autorità del processo rivoluzionario, la capacità di concentrare, finalizzare ogni forza che nasce dalla volontà di non stare al gioco di una società che distrugge l’uomo. Il discorso sarebbe lungo e sarà fatto, ma è certo che i comunisti possono avere con mercanti e mercanti di morte di ogni genere, con gli sfruttatori di ogni risma solo un rapporto di guerra. La guerra tra le istituzioni dello stato e le istituzioni della criminalità organizzata multinazionale è un gioco al massacro per le forze del proletariato , una guerra in cui il capitale produce un accumulo formidabile di armamento, di violenza organizzata, a tutto finalizzati meno che all’emancipazione della classe, una guerra destinata ad egemonizzare o a distruggere ogni espressione di violenza sociale che le contraddizioni e le trasformazioni di questa società producono ogni giorno a piene mani.
Per noi l’alternativa è chiara: è tra l’organizzare, l’armare un processo di liberazione di massa delle enormi capacità di cooperazione sociale che la classe ha espresso, e la distruzione della forza, della rabbia, dell’antagonismo proletario in un gioco tutto interno alle forze organizzate del comando del capitale sulla società. Lo sviluppo del potere proletario si pone come unica discriminante, il suo armamento, lo sviluppo dello schieramento rivoluzionario sono le pratiche in cui la nostra azione, questa azione di rappresaglia, si inserisce, e su questa base non c’è spazio di compromesso con nessun altro potere, con nessuna pratica opportunista che settori proletari possono praticare per sopravvivere: la distruzione del comando, l’esecuzione di aguzzini e delatori ha lo scopo di trasformare l’esistenza dei proletari su cui questo comando si esercita. La guerra di classe, se distrugge il nemico, trasforma radicalmente il proletariato.
Lo sviluppo del potere proletario, la costruzione di una identità collettiva dei proletari non più per il posto occupato nella produzione sociale – cosa che il capitale stesso ha distrutto – ma per il ruolo e per i rapporti che si stabiliscono nel processo collettivo di guerra, di trasformazione rivoluzionaria dei rapporti sociali, è ciò che aspetta chi ha combattuto, i compagni di coloro che sono caduti o sono stati torturati, i proletari che hanno portato nelle piazze uno schieramento rivoluzionario irriducibile.
Su questo si eserciterà il dibattito, lo scontro politico tra i comunisti, per questo si lavora a costruire l’esercito proletario.
Marzo 1979
Organizzazione comunista
Prima Linea
Stralci di un documento di Prima Linea pubblicati sul quotidiano «Lotta continua» il 29 marzo 1979.