Campagna sulle fabbriche – Opuscolo n. 17 (stralci)

Prospettive strategiche e rilancio della campagna sulle fabbriche.

Premessa indispensabile per un rilancio della campagna sulle fabbriche incentrata sul processo al porco Tagliercio (sic), è mettere in evidenza i caratteri fondamentali che la DS 80 delle B.R. ha lanciato come indicazione generale, che hanno vissuto in maniera diversa all’interno della nostra O. e in altre frazioni del partito in costruzione.

Prima di tutto il concetto di campagna. La campagna di combattimento nella fase della conquista delle masse alla L.A. x il C., non può vivere aldifuori dell’analisi del movimento del capitale, dello stato del partito, dei settori di classe. È dentro l’arco di una intera congiuntura che si consuma questo triplice rapporto e lo riporta ad un livello diverso, superiore della contraddizione e dei rapporti di forza tra le classi. Per questo si è detto che la campagna D’Urso andava a chiudere un intero ciclo di lotte e portava a compimento la battaglia iniziata il 2 ottobre. Dentro questo arco di tempo politico, le determinazioni del Potere Rosso, hanno portato con la conquista della chiusura dell’Asinara, quindi con la conquista di un elemento del programma immediato del PP, alla fine di una congiuntura. Questo intendiamo per congiuntura.

All’interno di essa, muoversi per Campagna significa elaborare un programma in cui attraverso le necessarie battaglie, il partito e gli OMR vanno alla definizione e alla conquista del P.I. Nella campagna Tagliercio, è vissuto un primo momento di tutto questo: cioè l’approccio alla definizione di un programma generale di congiuntura su uno strato di classe centrale, la classe operaria delle grandi fabbriche. È vissuto perché si è posto a partire dai caratteri generali della congiuntura riferiti sia ai movimenti del capitale sia ai movimenti di classe, andando a precisare i contenuti centrali. È stata cioè l’impostazione di partire dalla testa, dai caratteri unificanti, che può permettere di arrivare alla determinazione dello stesso rapporto di potere nelle mille articolazioni delle lotte e dell’organizzazione autonoma della classe.

Come la campagna D’Urso si poneva in termini unificanti rispetto ad un intero strato di classe, i PP, così la campagna Tagliercio (in un rapporto di forza diverso perché diverso è nella classe operaia il livello di accumulo di forza operaia organizzata) rispetto alla classe operaia delle grandi fabbriche. Solo a partire da questi necessari passaggi pensiamo sia possibile determinare il terreno dei Programmi immediati, senza correre in errore di confonderli con obiettivi di lotta espressi da porzioni parziali di ciascun settore di classe. (…)

Per questo riteniamo sbagliata la concezione che definisce la campagna come possibilità di tradurre, trasformare, concretizzare e sviluppare il programma generale di transizione al comunismo in programmi specifici di potere. Dove sta l’errore? Sta nel racchiudere forzosamente all’interno di una battaglia tutti i passaggi necessari che caratterizzano un’intera congiuntura, saltando in modo del tutto arbitrario e soggettivista, il problema di definire un arco politico di tempo le caratteristiche generali in cui la singola battaglia vive, cioè il problema della definizione del programma generale di congiuntura entro cui si danno molteplici battaglie. Proprio perché le campagne si debbono articolare in strati diversi di classe, definire esattamente le contraddizioni dominanti della congiuntura si può evitare l’errore di ripetere nella forma e non nella sostanza, esperienze vincenti diverse. Cioè definire la campagna un “punto di non ritorno”, per evitare di imbalsamarla, significa evidenziare un passaggio fondamentale dell’agire da partito in un specifico strato di classe, in una dinamica precisa del rapporto rivoluzione-controrivoluzione. (…)

Si tratta, per gli altri strati di classe di fare la stessa operazione politica tenendo ben presenti gli effetti immediati e strategici che ogni singola battaglia sviluppa sul doppio terreno dell’attacco al cuore dello Stato e della conquista delle masse alla lotta armata. (…)

Il compito fondamentale in questa congiuntura è la costruzione degli OMR per il passaggio alla fase della guerra civile dispiegata.

Dicono i compagni nella 7° tesi dell’Ape: “Questo passaggio non appare oggettivamente possibile senza che siano stati pazientemente fabbricati tutti gli strumenti organizzativi che la situazione richiede. Senza cioè che il PM abbia conquistato la capacità politico-militare di manifestare la sua forza in maniera unitaria, ma nelle forme molteplici che la sua complessa struttura rivendica”.

Cosa deve sapere il partito per favorire e determinare la “paziente fabbricazione” degli strumenti organizzativi necessari? Deve individuare, in un programma generale di congiuntura le sue forme immediate e congiunturali. Questo lavoro comporta necessariamente un’analisi dei settori di classe (CO, lavoratori dei servizi, proletariato marginale, PP) rispetto alla collocazione che assumono nel MPC. Questa analisi non sopporta quindi arbitrarie approssimazioni, né confusione tra i vari settori, nella individuazione della contraddizioni principali che un programma di partito propone. L’asse centrale, i fili a piombo di questa analisi è la ristrutturazione dell’apparato produttivo che nel suo piano generale provoca profonde modificazioni anche negli strati di PM diversi dalla CO, legati marginalmente o del tutto tagliati fuori dal ciclo produttivo. Aggredire l’aspetto dominante della contraddizione che ogni specifico settore di classe non deve fare mai sì che si spezzi quest’unità dialettica con questo stra    to di classe centrale, la classe operaia occupata. Questa è l’unica condizione che garantisce, nella specificità delle situazioni, di non annegare tutta la proposta nelle particolarità contingenti in cui possono venire a trovarsi porzioni del PM. (…)

Se la crisi ha spostato progressivamente sul terreno rivoluzionario tutte le componenti del PM, se i piani di ristrutturazione tendono principalmente a dividerle e compartimentarle tra di loro e stratificarle al loro interno, è compito del partito unificarle politicamente, dotando tutte le forze dell’antagonismo dell’unica qualità che le trasforma da eversive a rivoluzionarie, la capacità di essere parte della più grande unità politica di classe per la conquista del potere proletario armato. Nel cartello appeso al collo del porco Tagliercio, la parola d’ordine di disarticolare il meccanismo di controllo e di comando che attraversa il cuore della fabbrica, fino al mercato del lavoro, indica una precisa analisi che pur nella specificità, assume il punto di vista unificante entro la crisi del MPC, tiene conto delle scelte principali della borghesia che condizionano il modo di vivere, di organizzarsi e di lottare di tutto il PM. In questo senso SABOTARE QUESTO PIANO NEI VARI SETTORI DI CLASSE, individua qui e subito l’asse portante su cui può dispiegarsi l’offensiva di massa e il terreno di costruzione degli OMR. La campagna Tagliercio si è posta in dialettica con tutta la classe operaia delle grandi fabbriche, partendo da un’analisi dei movimenti generali della ristrutturazione, visti nella loro dinamica evolutiva, individuandone all’interno i punti cardinali contro cui scagliare tutta la forza del partito in costruzione, degli OMR in costruzione, e del movimento di classe: L’ESPULSIONE DI FORZA LAVORO E L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO.

In questo senso tutta l’analisi della multi-nazionalizzazione del capitale, cardine del superamento della divisione tra il capitale pubblico e privato, nel senso “socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti”. Questa accelerazione da una parte porta il capitale a superare le sue contraddizioni interne, quindi a rafforzarsi, ad una centralizzazione spinta dei livelli decisionali sovranazionali, in cui lo SIM va ad una ulteriore precisazione, dall’altra a ben chiare conseguenze per il proletariato in termini di licenziamenti, stratificazione, perdita di potere, maggior sfruttamento, governo ferreo sul mercato del lavoro. Capire questo salto di qualità nel progetto del nemico, ci aiuta a precisare gli elementi del programma rivoluzionario. (…)

L’attacco delle forze rivoluzionarie al personale imperialista che gestisce la ristrutturazione (processi Sandrucci e Tagliercio) ha toccato, disarticolando, i punti chiave su cui si basa il progetto padronale: espulsione di forza lavoro e nuova organizzazione del lavoro. L’attacco al vice capo dell’ufficio personale dell’ Italsider Ciampi, ha teso ad evidenziare le caratteristiche tutte nuove che l’organizzazione di questa struttura di comando assume nella ristrutturazione. Infatti, come il porco Tagliercio ci ha confermato, l’ufficio personale, assieme a quello di vigilanza oggi viene centralizzato ad un livello superiore della singola azienda, passando nelle scelte strategiche, direttamente sotto il controllo delle direzioni generali. Cioè i padroni, in vista dell’attuazione dei piani di espulsione massiccia di forza-lavoro e di intensificazione dello sfruttamento, danno alle strutture poliziesche di controllo, schedatura, stratificazione della classe, massima importanza. In questi covi si elaborano i piani della controrivoluzione preventiva in fabbrica, i metodi per contenere le tensioni con le collaborazioni sindacali, si studiano i progetti di annientamento militare della classe, si impartiscono le direttive su cui poggiano le scelte di CHI deve essere messo in cassa integrazione, CHI deve essere messo in mobilità, CHI espulso definitivamente dalla fabbrica, CHI consegnato nelle mani della sbirraglia di regime. Non è un caso che il tentativo di corruzione di un’ operaio dell’Alfa Romeo di Arese (100 milioni in cambio di informazioni su possibili “terroristi” in fabbrica) sia stato portato avanti in prima persona dal capo dell’ufficio personale e dal responsabile della sorveglianza.

MA TUTTO QUESTO NON BASTA. L’attacco all’apparato di direzione deve necessariamente legarsi ad un altro compito fondamentale, cioè rendere chiaro qual è il punto più alto di attacco al progetto del nemico DENTRO LA FABBRICA: IL SABOTAGGIO. Quindi individuare il reale terreno di costruzione degli OMR in un programma che facendo perno sul sabotaggio scientifico organizzato permetta la reale disarticolazione della ristrutturazione, di rovesciare a favore della classe il ricatto padronale che si pone come blocco a forme di lotta consumate e spuntate, permette la reale direzione di unificazione da parte dell’avanguardia delle mille articolazioni della lotta e della resistenza spontanea alla ristrutturazione. Solo in questo senso oggi è data la disarticolazione da parte dell’azione di guerriglia: colpire i punti nevralgici su cui poggia il piano nemico e favorire l’organizzazione delle masse conquistandole oggi nell’unica strategia possibile: la lotta armata per il comunismo. Fuori di questa dialettica la critica delle armi si spunta, perde capacità reale di disarticolazione, può essere riassorbita, governata e anticipata dal regime della borghesia. (…)

All’interno dello scontro feroce tra esigenze di ristrutturazione di cui il MPC tenta di ritardare la sua fine e i bisogni politici e materiali della classe vive tutta la possibilità di superare lo stadio dell’antagonismo proletario e trasformare il MPRO in movimento rivoluzionario.

In questo cammino incessante è la lotta alle deviazioni e all’opportunismo che vivono sia nel partito che nelle masse. Nell’offensiva delle forze riv. è emerso con tutta chiarezza un errore di impostazione che può annullare tutti gli effetti dell’attacco guerrigliero. L’errore sta nel fatto che non si tenda a rendere chiari i compiti che le avanguardie di classe debbono NECESSARIAMENTE assolvere in questa congiuntura, cioè il passaggio all’organizzazione clandestina, ma basare tutto il successo dell’iniziativa del partito qualificandolo nel consenso di massa. Battere l’opportunismo che vive nelle masse significa togliergli ogni illusione che fuori dalla costruzione del POTERE ROSSO sia possibile alcuna conquista materiale e politica. Quindi non limitarsi ad esaltare la spontaneità delle masse, ma indicarne anche tutti i limiti, cioè far emergere il NUOVO in un movimento che ha al suo interno anche tutto il vecchio. In questo senso va la proposta dei nuclei clandestini di resistenza, embrioni degli Organismi di Massa Rivoluzionari (OMR).

L’opportunismo che vive nelle OCC sta nel favorire questa falsa coscienza delle masse sostituendosi a loro, assolvendo a tutti i compiti uniti e distinti del sistema del Potere Rosso con la sola azione di partito, lasciando serpeggiare la guerriglia, in definitiva proponendo una sorta di tregua al movimento di resistenza. Non basta affrontare dure battaglie, occorre individuare i punti cardine del progetto del nemico e nello spostamento dei rapporti di forza favorevoli che l’azione di partito determina, individuare il terreno possibile di costruzione dell’organizzazione autonoma delle masse.

Gli OMR non sono diretta espressione del partito, non sono composti solo da comunisti, sono gli strumenti delle masse su cui può fondersi la dittatura proletaria a partire dagli interessi immediati e politici della classe. Per questo la loro nascita e il loro rafforzamento sono indissolubilmente legati alla lotta contro tutto ciò che impedisce e contrasta la ricomposizione della classe attorno ad un programma di potere. Questo in fabbrica vuole dire sabotare, inceppare tutto il meccanismo di controllo e di comando, uomini e macchine, sulla classe, essere in grado di regolare il flusso della produzione in qualsiasi momento, ripristinando un comando operaio sulla produzione, nella parcellizzazione esasperata del lavoro, dell’automazione spinta della definitiva scomparsa dell’operaio professionale.

Solo il sabotaggio di massa, scientifico e organizzato, può oggi attaccare al cuore della produzione i centri nevralgici su cui si basa l’organizzazione del lavoro, dare caratteristica offensiva alle lotte, legare l’azione delle masse organizzate al programma comunista dell’abolizione DEL SISTEMA DEL LAVORO SALARIATO. Ecco perché il sabotaggio dell’ufficio tempista del capannone all’Alfa di Arese dà una chiara indicazione di lotta e organizzazione che può inceppare i delicati meccanismi su cui si basa un momento fondamentale del piano di ristrutturazione nel CUORE DELLA PRODUZIONE, cioè la realizzazione dei progetti elaborati e pianificati ad alti livelli. Il ruolo dei tempisti è oggi quello di realizzare tecnicamente con l’elaborazione a tavolino dei nuovi cartelli del “lavoro”, l’intensificazione dello sfruttamento nella nuova organizzazione del lavoro. (…) Dicevamo nel 2° comunicato della campagna Tagliercio: “La gerarchia di fabbrica si nasconde dietro la pretesa oggettiva di un processo lavorativo governato dalle macchine. L’operaio non ha più davanti il vecchio marcatempo, ma una macchina che funziona a base di tabulati e schede perforate, le cadenze determinate da questa robotizzazione sono elaborate altrove. Ciò significa, semplificando al massimo, che diventa sempre più difficile per gli operai determinare dove risiede la controparte. Lo staff centrale che dà gli impulsi direttivi alla produzione, resta occulto ad un occhio che analizzi in termini semplici e immediati il rapporto che lega la forza-lavoro all’attività produttiva. A partire da questa oggettività, l’organizzazione del lavoro con la collaborazione dei servi berlingueriani e dei bonzi sindacali, mette in atto una serie di strumenti allo scopo di annullare le forme di resistenza che la CO pratica da sempre: dallo sciopero alla microconflittualità, all’assenteismo. Per questo, compagni, per iniziare a costruire gli OMR è necessario sviluppare il terreno di lotta che deve coadiuvare tutto l’antagonismo operaio in forma dirompente e che oggi va individuato nell’apparato di comando e controllo della produzione. Questo attacco deve essere finalizzato alla ricomposizione di interi strati di classe sul terreno della lotta armata il C. (…) Altro punto cardine dell’analisi di un programma di congiuntura riguarda tutte le articolazioni dello Stato nella CO: PCI e sindacati. La costruzione del Potere Rosso passa attraverso l’isolamento politico e l’attacco militare dei peggiori infiltrati della borghesia nella classe operaia; oltre al ruolo di spie e delatori, il compito infame di questi parassiti oggi significa fare passare il piano di ristrutturazione attraverso un piano neo-corporativo che consegna la CO mani e piedi legati agli interessi del capitale multinazionale. Analizzare i progetti, individuare le teste pensanti, il drappello che guida la classe dal suo interno, è premessa indispensabile per il loro definitivo smascheramento e reale possibilità di attacco guerrigliero. E liberare la classe di questi nemici dichiarati che con le menzogne e manipolazioni vorrebbero continuare a tenerla legata alle sorti del capitalismo in putrefazione, significa liberare tutte le energie rivoluzionarie che la lotta di classe esprime e che hanno in sé tutti i contenuti del superamento di questo regime in agonia e della transizione alla società senza classi. (…) Abbiamo detto che il MPC attraversa la sua crisi ultima, che le difficoltà sempre maggiori per il capitale di valorizzarsi ormai sono il dato strutturale di tutta la catena imperialista e che il modo con cui ha sempre tentato di risolvere le sue crisi, la borghesia l’ha sempre trovato nella guerra. Guerra per distruggere mezzi di produzione, merci e forza-lavoro, per mettere in moto il meccanismo di accumulazione, guerra per allargare l’area di influenza e rapina per la conquista di posizioni privilegiate nella catena imperialista.

Oggi il capitale si trova al vertice di una piramide e il problema non è risolvere ad un livello superiore la sua crisi, ma di ritardare il più possibile gli effetti devastanti. La guerra non è una possibilità remota, un’ultima carta da giocare, ma è già presente e non potrà che estendersi. È una guerra interna, controriv. preventiva nella metropoli imperialista, è guerra esterna, di conquiste di aree di mercato sempre più ristrette.

SOLO LA RIVOLUZIONE POTRà FERMARE LA GUERRA IMPERIALISTA.

In questo senso il punto di vista operaio più avanzato, che esca dalle strettoie del pacifismo ipocrita è l’individuazione della base materiale su cui l’opera di distruzione del capitalismo poggia: L’INDUSTRIA DELLA GUERRA. Sabotare con ogni mezzo gli strumenti di genocidi di interi popoli, oggi è un punto irrinunciabile del programma operaio che coniuga con il prog. com. di GUERRA ALLA NATO.

Inoltre è l’individuazione del punto più alto della ristrutturazione dell’apparato produttivo in termini di automazione, di controllo militare della classe, integrazione tra capitale e vertici militari. In questo senso fa modello per tutti gli altri comparti produttivi l’azione delle B.R. Alla Oto-Melara, punta di diamante dell’industria bellica in Italia, non solo un preciso terreno di lotta e di organizzazione per la classe operaia occupata in questo tipo di produzione, ma rende chiaro e indica il punto di vista proletario su questo problema, risponde ad aspettative ed aspirazioni di interi strati di classe, da concrete prospettive di lotta alla resa incondizionata dichiarata dai revisionisti e mai accettata dalle masse. La risposta operaia e proletaria a questa iniziativa l’imbarazzo e l’impossibilità da parte dei berlingueriani ad attaccarla, per contraddizioni nate al loro interno, l’incapacità del sindacato di mobilitare contro il “terrorismo” (tutte le assemblee andate deserte), la calata in massa di tutti i super-generali a La Spezia, i rastrellamenti di interi paesi, dimostra la giustezza dell’indicazione e tutte le possibilità che aprono al movimento di resistenza di inceppare dall’interno questo meccanismo. (…)

I contenuti della campagna Tagliercio sono tutti da sviluppare, quello che qui interessa mettere in rilievo sono i presupposti politici su cui si è fondata con la prospettiva strategica che l’ha animata. A partire dai primi elementi del programma generale di congiuntura (movimento del capitale, analisi dei settori, stato del movimento, progetto neo-corporativo sindacale), si è posta tutta in termini evolutivi, tracciando un percorso, l’unico per quanto ci riguarda, l’unico in cui l’azione di partito può realmente investire la classe dei compiti specifici che gli OMR in costruzione debbono affrontare e sabotare nel cuore della produzione il progetto di ristrutturazione; attaccare uomini e strutture del comando; isolare e colpire i nemici infiltrati in mezzo a noi; dirigere ed unificare il movimento di resistenza; dare il reale contenuto offensivo alle lotte perché tutte interne ad un programma di costruzione e di conquista dei programmi politici mediati. La dialettica che durante la campagna si è instaurata tra le B.R. e il movimento di classe è andata ben oltre la tensione tutta nuova con cui la classe ha dibattuto i contenuti della proposta dell’ O., ma si è concretizzata sopratutto a Marghera dove l’attacco portato era il punto più alto di un percorso preciso in cui correttamente, pur negli evidenti limiti precisi, azione di partito ed espressione degli OMR in costruzione hanno vissuto in stretta dialettica senza confusione di ruoli e unanismi (sic) forzosi. Il riconoscimento di massa nelle sue forme spontanee ed organizzate della direzione delle B.R. sullo scontro di classe rappresenta tutta la forza della campagna ma anche tutti i suoi limiti. Superare questi limiti significa sviluppare la campagna Tagliercio, delineare il programma di congiuntura, costruire e rafforzare gli O., costruire e rafforzare i programmi politici immediati.

OGGI LA COSTRUZIONE DEL PARTITO È UNA RICHIESTA IRRINUNCIABILE DEL MOVIMENTO DI CLASSE È CONDIZIONE INDISPENSABILE PER L’AVANZATA DEL PROCESSO RIVOLUZIONARIO; SULLE FABBRICHE LE B.R. ATTESTANO LA LORO POLITICA E LA LORO PRATICA MILITANTE AFFERMANDOSI SEMPRE PIU’ COME PARTITO CHE COSTRUISCE IL PARTITO.

NEL CUORE DELLA PRODUZIONE, NELLA FABBRICA SI SCATENA LA CRISI CAPITALISTICA; DAL CUORE DELLA PRODUZIONE SI SVILUPPA LA LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO, E SI COSTRUISCONO GLI STRUMENTI DEL POTERE PROLETARIO; IL PCC E GLI OMR.

Agosto 1981

 

Un pensiero su “Campagna sulle fabbriche – Opuscolo n. 17 (stralci)”

Lascia una risposta