La “campana” non addomesticata dal carcere speciale di Voghera

Dopo aver visto in TV la “manifestazione teatrale” (è il caso di dirlo subito, nauseante!) presentata con grande ufficialità dall’amministrazione carceraria di Voghera che ha tirato fuori i suoi “gioielli di famiglia” in occasione del “santo Natale”, non ci possiamo esimere dal prendere la parola per dire la nostra a proposito del cosiddetto “Collettivo verde” e più in generale per quanto riguarda funzionalità e funzioni di questo “lazzaretto”. Lazzaretto considerato il “fiore all’occhiello” del ministero carcerario italiano sia per le sue strutture razionate in ingabbiamenti a compartimento stagno, sia per l’alta tecnologia elettronica centralizzata in stile americano e della quale si è dibattuto a lungo negli anni della sua inaugurazione.

Non era certo nostra intenzione polemizzare e/o tanto meno raccontare le reali contraddizioni che caratterizzano la gestione ed il trattamento in questo carcere, per il semplice fatto che diamo per scontato che all’esterno si conoscono e perché non sono la contraddizione principale del momento, esistendo situazioni peggiori come l’Asinara e Pianosa. Inoltre, non siamo interessati all’abbellimento delle galere con l’infioritura delle finestre per nascondere le sbarre, e tanto meno all’infiocchettatura delle pareti in “rosa” per addolcire il grigiore delle celle, in quanto restiamo fortemente convinti che le più belle galere sono quelle che si riuscirà a radere al suolo!

Ed invece, vista la “maestosità” e lo “sfarzo” in tutta la sua falsità che hanno rappresentato per l’“opinione pubblica” attraverso il Tg 3 regionale, e naturalmente grazie alla bontà dei suoi operatori attenti all’informazione spettacolo e di regime, ci preme dire la nostra verità per informare la moltitudine dei detenuti (e non detenuti!) che stanno ancora al di qua delle sbarre e delle reti alle finestre in quanto non si sono svenduti la loro identità ai dispensatori di “permessi premio”, delle “libertà da condizione”, degli “arresti a domicilio” ed altre truffe del genere che tutti conosciamo.

Ed allora, abbiamo preso la parola per far sapere a tutti che la realtà del funzionamento e trattamento dei prigionieri nel carcere di Voghera non è quella mandata in onda per più telegiornali dai solerti giornalisti del Tg 3 e raccontata col sorriso sornione da amministratori ed ex malavitosi rinsaviti…

E ci spieghiamo meglio.

  1. Il carcere di Voghera, dopo la riconversione in carcere maschile avvenuta negli anni scorsi, ha assunto l’immagine del “carcere di massima deterrenza” sia del circuito delle “carceri speciali” sia per le “normali”.
    Il primo periodo della sua “inaugurazione”, infatti, è stato molto “duro”. In pratica hanno rispettato la consegna che vuole l’uso del bastone all’apertura di un nuovo carcere, si sa bene a quale scopo… Fatto sta che i detenuti sono stati costretti a scendere in lotta facendo più di uno sciopero della fame per denunciare l’infame trattamento del tutto gratuito.
    Poi cominciarono le “visite” dei soliti politicanti garantisti del sistema e, tra un’“interrogazione” e l’altra al Ministro delle galere di turno, le violenze e le provocazioni finirono e il trattamento rientrò nella norma generale.
  1. Con la normalizzazione del trattamento si cominciarono ad aprire degli spazi di socialità interna, anche tra le sezioni, e questa mobilità si prestò al gioco di quello che poi si vedrà.
    Tra le varie iniziative che si prospettano fattibili alla direzione, viene fuori quella dell’Opera teatrale alla quale si dà credito. In poco tempo maturano le condizioni e si va a costituire un gruppo ampio di detenuti che si divertono a giocare a fare gli attori. Naturalmente la finalità della maggior parte di loro è quella di divertirsi contribuendo in questo modo ad allentare ulteriormente le tensioni, aprire ulteriori spazi di vivibilità, sfruttando naturalmente questi per i propri fini, ossia per cercare di ottenere quei “benefici di legge” promessi dalla magnanima “Riforma carceraria” del Gozzini. Ma ben presto le pie illusioni dei più si scontrano con quelle dei pochi che mirano più in “alto”…
  1. Come succede nelle “migliori galere”, c’è stato il solito gruppetto degli “attori veri”, i “più intelligenti e furbi”, che fa le sue “fughe in avanti”, socializza maggiormente col nemico credendo forse di “farlo fesso” usandolo per raggiungere i propri egoistici fini, senza capire, forse (?), che sta cascando nella trappola dei topi tesa da “marpioni” ben più furbi di loro… È un “giochetto” che in questi anni si è ripetuto spesso.
    Questo gruppetto sarebbero poi i “gioielli di famiglia” presentati a “Natale” come trofeo dalla Direzione di Voghera attraverso il Tg 3.
  1. È in questo contesto che viene creato il “Collettivo Verde”.
    Nella fase preparatoria le riunioni col personale civile e militare del carcere, come è facile immaginare, si intensificano. Intanto avviene la rottura con gli altri detenuti che non sono d’accordo di passare al di là del “guado”. Essi stilano documenti da far circolare nell’ambito del carcere cercando di mascherare con le parole ciò che avviene nei fatti. Ma trovano ben poche adesioni. Non gli resta che contarsi: non sono che una decina.
    Una volta contatisi e preso atto dell’opposizione della stragrande maggioranza dei detenuti all’iniziativa “verde”, non gli resta che chiedere di andare via dalla sezione speciale in quanto potrebbe diventare un rischio restare. Le riunioni con la Direzione e le massime autorità ministeriali sono all’ordine del giorno. Amato in persona gestisce l’operazione e ne cura i rapporti con i “personaggi” più rappresentativi. Sarà lui stesso ad illustrare alla stampa ed in TV i particolari della costituzione del “Collettivo Verde” e di quelle che sono le ragioni, i fini che si erano proposti. Sarà sempre lui a presentare all’“opinione pubblica” i “super-ergastolani, i super-killer, i super-irriducibili delle carceri”, ravveduti…
    Nel frattempo, una volta provata la loro fede al “nemico di una volta”, erano stati trasferiti dal Reparto Speciale in un’altra costruzione distaccata dal complesso, denominata la “casermetta”, poiché ne ha tutte le caratteristiche strutturali, tecniche ed organiche.
  1. A questo punto il “Ministero” dovrà dimostrare la sua buona volontà di dare fiducia agli affidabili. È ancora Amato a prendersi la responsabilità di dare ai suoi “gioielli” il massimo della credibilità. Così, in poco tempo, per dimostrare che fa sul serio, lanciando allo stesso tempo un messaggio a quanti sono rimasti al di qua se vogliono seguirli in quella strada, comincia a mandarli in “permesso” e, puntualmente, essi rientrano allo scadere del termine. Non ci può essere migliore dimostrazione della fedeltà verso l’“istituzione” e viceversa.
    C’è stata solo una piccola “macchia” all’inizio che ha rischiato di compromettere tutto. Infatti, un detenuto che non era nessun “personaggio”, per delle ragioni sue è mancato di qualche ora al rientro stabilito. Forse aveva perso un treno, visto che poi è rientrato e quindi non c’era la volontà di darsi alla latitanza. Ebbene, per questo poveraccio è stata la sua definitiva rovina! Oltre alla normale denuncia penale per il ritardo, come è tornato in “caserma” è stato letteralmente massacrato di botte dai suoi già ex soci e non dalle guardie come magari si poteva temere. Immediatamente è stato trasferito in un altro carcere speciale, per scontare le sue “colpe” ma più che altro per veicolare il messaggio del papà Amato che chi “manca” alla sua parola di “uomo d’onore” non avrà scampo! La sua vendetta, stando alle voci di chi l’ha conosciuto, pare sia un “piatto” che non si raffredda più.
  1. Da questa “area verde” di Voghera, vengono continuamente inviati messaggi in tutte le direzioni: in carcere alla ricerca di sottoscrittori dei loro programmi di abbrutimento, e fuori verso un’ “opinione pubblica” distratta dalla “disinformazione” perché li accolga a braccia aperte in quanto “personaggi ravveduti” e affidabili che il “carcere duro” ha educato…
    Ma nonostante ciò i sottoscrittori dei loro programmi di abbrutimento, stando ai numeri, sono pochi. Infatti, da quello che ci risulta, sono gli stessi più o meno di quando sono partiti. Ai soci fondatori se ne sono aggiunti un paio. Ma visto che non sono anonimi al pubblico riportiamo per esteso i loro nomi, certi di non commettere nessuna infamità. Questi sono: Andraus Vincenzo, Santo Tucci, Dirisio Claudio, Lattanzio Davide, Lattanzio Daniele, Russo Andrea, Rivellini Franco, Rossi Tonino, Sulas Roberto.
    Facciamo presente che insieme a questi, nella “casermetta”, ci hanno messo due combattenti rivoluzionari arabo-palestinesi i quali non hanno nulla da spartire con i programmi dei sopra citati personaggi e di Amato. I palestinesi sono stati assegnati d’ufficio dalla Direzione Generale di Roma filo-israeliana e sionista, per mantenerli isolati dai loro compagni e non farli comunicare tra di loro; per farli inoltre controllare da vicino da personale affidato, cercare di corromperli e farli arrendere, rinnegando la loro gloriosa causa rivoluzionaria contro il sionismo israeliano.
  1. Riepilogando per la cronaca, diciamo che questi signori del “Collettivo Verde” di Voghera vanno regolarmente in vacanza a casa, lavorano all’interno e all’esterno del carcere in quanto sconsegnati, si autogestiscono la carcerazione, hanno cucina, lavanderia ecc. autogestita, sono aperti dalla mattina alla sera in sezione, fanno i colloqui con i familiari in sala da pranzo, una volta la settimana si riuniscono con il personale civile e militare del carcere per discutere i “fatti degli altri”…
    Questi sono i “bravi” detenuti del carcere di Voghera per i quali c’è tutto.
    Dall’altra parte ci sono i “cattivi” detenuti del carcere di Voghera per i quali c’è solo la loro dignità.
  1. Noi, considerati i “cattivi” detenuti di Voghera, siamo divisi su tre sezioni speciali autonome. In pratica tre piccole carceri.
    Abbiamo il rigoroso divieto d’incontro con i detenuti delle altre sezioni, nonostante tra di noi non abbiamo avuto alcun motivo per non poterci incontrare. Ora le sezioni si moltiplicheranno. Infatti sono cominciati i lavori per dividere a metà ogni sezione in quanto da una parte ci dovranno stare i detenuti sottoposti all’art. 41 bis, e dall’altra chi ancora sta in lista d’attesa. Infatti ci vuole ben poco per essere classificati “ultrapericolosi”.
  1. Ogni sezione è composta da oltre 20 celle ma i detenuti sono circa una decina per sezione di cui la metà colpiti dal 41 bis.
    Questi detenuti con l’“aggravante” sono diventati “ultrapericolosi” dalla mattina alla sera. Per decreto! Senza che sia successo nulla che potesse giustificare un provvedimento repressivo del genere. Dalla mattina alla sera sono stati privati di tutto! Dal fornellino per riscaldarsi un bicchiere di latte ai colloqui con i familiari, alle telefonate mensili, alle ore d’aria, alla socialità. Quello che non è stato tolto definitivamente, è stato ridotto a metà. Mentre ai non interessati dal 41 bis è stato lasciato quel poco che avevano, e il tutto stando a pochi metri di distanza gli uni dagli altri. Infatti sono stati spostati solo all’altra estremità della sezione, però a noi è stato severamente vietato di passare loro anche solo un caffè. Questa è la vera strategia dell’individualizzazione del trattamento ideata da Amato e dai suoi soci.
  1. Con i prigionieri delle altre sezioni, se prima vi era la possibilità di incontrarsi in chiesa ed al campo sportivo per fare delle partite, possibilità raggiunte nel tempo, ora è stato definitivamente tolto tutto. Senza che sia successo nulla, lo ripetiamo.
    Però in questo carcere vige l’ideologia del “trescare”! Il sistema del controllo capillare del detenuto è fondato sul principio della costruzione delle “tresche”… Infatti, i divieti d’incontro tra soggetti che non hanno alcun motivo per essere privati dall’incontrarsi regolarmente, fanno nascere i sospetti che poi loro stessi, i dirigenti, alimentano, mettendo gli uni contro gli altri, alimentando voci di corridoio, distorcendo la realtà a piacimento di chi trama le tresche da dietro le quinte.
  1. Tra la primavera e l’estate ’92 è stata sostituita tutta la dirigenza. Dopo un lungo periodo di tergiversazioni dirigenziali, sono finalmente arrivati un direttore e un maresciallo comandante, che si dice siano definitivi, assegnati a questo carcere. Per un lungo periodo, tra l’inverno e la primavera, c’erano state delle “inchieste ministeriali” per accertare non si è capito bene quali infrazioni da parte della dirigenza precedente. Inchieste che hanno portato appunto alla sostituzione del personale dirigente.
    Questa nuova dirigenza, non appena insediata, ha cominciato a ritagliare degli spazi di vivibilità che si erano raggiunti con la gestione precedente e nel corso degli anni. Questa è stata la dimostrazione logica che il nuovo che hanno portato è quello di ritornare indietro al trattamento punitivo del periodo dell’apertura, come già detto. Il tutto è stato fatto per gradi, quasi temendo di disturbare la “quiete” dei detenuti. Ma nei fatti nessuno s’è meravigliato più di tanto finora. Però in futuro non si può garantire la stessa quiete, perché le misure restrittive stanno creando problemi ai familiari nei giorni del colloquio in quanto li stanno facendo aspettare fuori dai cancelli anche delle ore perché mancano le strutture necessarie per svolgere il servizio come lo intende la nuova dirigenza. Perciò, se il tutto rientra nella mentalità del “provocare” gratuitamente i familiari, è certo che non ci staremo.
  1. Altra contraddizione che vogliamo sottolineare è che nelle sezioni dei “cattivi” ci sono una gran parte di detenuti che stanno differenziati per motivi ridicoli e senza nessuna pericolosità oggettiva. Sono dei detenuti certamente antagonisti, che nelle carceri “normali” hanno lottato per avere il diritto alla saponetta, il diritto di mangiare cibi mangiabili, di avere l’assistenza medica ecc. ecc. Per punizione contro le loro legittime richieste sono stati mandati al carcere di massima deterrenza di Voghera.
    Altri ce ne sono che sono anni che si fanno la loro galera, che non hanno denunce né rapporti di punizione, che hanno pene irrisorie da scontare, eppure non vengono declassificati come si dovrebbe. Ci si chiede a chi giova mantenere fermo questo stato di cose.
    L’altro fatto giusto da denunciare, ma che rientra nella mentalità tragediografa vogherese, è il comportamento padronale del personale civile preposto alla cosiddetta “assistenza sociale”, che occupa il tempo con i “buoni” e non si preoccupa minimamente di chiamare anche quella parte dei “cattivi” che non hanno rinunciato alla libertà e che sono nelle condizioni di poter usufruire dei “benefici di legge”, che spettano a chi ha le carte in regola pur non essendo infame e/o confidente della direzione ecc.
    Queste figure, pur presenti nel carcere, svolgono un ruolo di supporto degli ideologi del “trescare”.
    Per curiosità bisognerebbe sapere anche cosa scriveranno nelle cartelle biografiche di ciascun detenuto quando le presentano per esempio al magistrato di sorveglianza, al ministero, ai carabinieri, ecc. ecc., per descrivere la personalità del detenuto “cattivo”… Con questo naturalmente non si pretende di diventare “buoni” alla maniera dei “verdi”, ma al contrario si vuole scoprire il marcio che c’è al carcere di Voghera per evitare di esserne contagiati.

Un gruppo di detenuti del carcere speciale di Voghera

Voghera, 1992

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