Due interventi di militanti prigionieri delle BR-PCC critici rispetto ai contenuti espressi nell’azione contro la base Usa di Aviano

PRIMO INTERVENTO. Giuseppe Armante, Maria Cappello, Tiziana Cherubini, Simonetta Giorgieri, Enzo Grilli, Franco Grilli, Flavio Lori, Rossella Lupo, Fausto Marini, Fulvia Matarazzo, Fabio Ravalli, Carla Vendetti (militanti delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente) Gino Giunti, Vincenza Vaccaro, Marco Venturini (militanti rivoluzionari).

SECONDO INTERVENTO. Franco La Maestra (militante delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente).

 

PRIMO INTERVENTO

Riteniamo nostro dovere esprimerci con chiarezza contro criteri, analisi e posizioni politiche che nella sostanza invalidano il patrimonio nonché il contributo allo sviluppo del processo rivoluzionario prodotto dalle BR PCC. Lo facciamo come militanti BR PCC prigionieri assumendoci la nostra responsabilità a fronte anche della rivendicazione da noi fatta dell’azione contro la base Usa di Aviano del 2/9/93.

Non riconoscendoci nei contenuti che hanno sostanziato politicamente tale iniziativa, ritenendoli oggettivamente un attacco all’impianto strategico, alla linea politica delle BR PCC, un tentativo di spacciare logiche opportuniste e gruppettare come una “nuova variante” delle BR, di fatto estranee all’esperienza delle BR PCC, logiche politiche che a partire dal “nuovismo” dell’analisi della situazione internazionale, retrocedono le caratteristiche dell’imperialismo al 1914, elemento questo che oltre a rappresentare un’evidente sciocchezza sul piano dell’analisi concreta delle dinamiche imperialiste, risulta non indifferente al fine di incidere sugli stessi presupposti cardine che stanno all’origine della guerriglia, quale adeguamento della politica rivoluzionaria storicamente determinato al grado di sviluppo integrato dell’imperialismo e alle relative forme di dominio della borghesia imperialista (B.I.).

Un “nuovismo” analitico che infine vorrebbe fornire il supporto di fondo su cui vengono intaccati, nel volantino di rivendicazione dell’azione di Aviano, i capisaldi maturati nello scontro rivoluzionario degli ultimi vent’anni, in particolare quelli sviluppatisi all’interno della fase di ritirata strategica dall’82 ad oggi, facendo riemergere vecchie logiche, che non solo rimandano ad una visione generale dello sviluppo del processo rivoluzionario possibile a diversi stadi e livelli di tipo evoluzionistico, ma che nel confronto con la prassi e la teoria rivoluzionaria maturata dalle BR PCC chiariscono ulteriormente la loro natura di parto soggettivistico.

Concezioni chiaramente espresse nello svilimento della contraddizione principale classe/stato, che del resto risulta appiattita sulla problematica dell’antimperialismo. Problematica quest’ultima oltre tutto ridotta ad una visione tipicamente movimentista in cui lo stesso Fronte è proposto come una sorta di unità oggettiva e omnicomprensiva intorno ad una pratica solidaristica, un approccio che invalida i caratteri dell’internazionalismo proletario oggi e del FCA, così come attestati dalla prassi internazionalista e antimperialista delle BR.

Una logica soggettivista che in primo luogo è tesa a disfarsi della concezione dell’attacco al cuore dello stato, della negazione dei criteri della centralità, selezione e calibramento che guidano l’individuazione della contraddizione politica dominante che oppone la classe allo stato e l’attacco all’aspetto principale di questa contraddizione, vale a dire al progetto politico dominante della borghesia, e ciò è valido in ogni fase e in ogni congiuntura, poiché è solo da questa base che l’attacco al cuore dello stato risulta il perno su cui si fonda la capacità di incidere nello scontro politico e rivoluzionario da parte della guerriglia e intorno a cui si concretizza l’agire da partito dell’avanguardia combattente e si materializza il processo di costruzione del Partito Comunista Combattente in rapporto allo sviluppo della guerra di classe di lunga durata in tutte le sue determinazioni, quindi non certo riducendo il processo di costruzione del PCC ad un confronto aprioristico su un generico processo di lotta armata che nei fatti lo disgiunge e lo separa dalla costruzione stessa delle condizioni politico militari idonee a sostenere lo scontro sulla strategia della lotta armata.

Così come su un altro piano tale visione fa emergere la lotta armata, soprattutto per come è delineata dalle BR PCC nella fase di ricostruzione, riproponendo la separazione fra l’agire di supposte avanguardie e la classe, invalidando di fatto uno dei cardini delle BR, la lotta armata come proposta a tutta la classe e quindi la necessità di attrezzare il campo proletario allo scontro prolungato contro lo stato al fine di sviluppare la guerra di classe e ciò a maggior ragione in una fase di scontro così complessa come l’attuale, dove l’attività dell’avanguardia comunista combattente ruota gioco forza intorno ai cardini della fase di ricostruzione definita dalle BR PCC fuori dal movimentismo e combattentismo fine a se stessi.

In ultima analisi i contenuti e i fini proposti dall’azione di Aviano non sono che un tentativo opportunista che chiaramente si pone fuori dal quadro delle problematiche odierne di riorganizzazione e consolidamento dell’avanguardia rivoluzionaria per il rilancio dell’iniziativa sul terreno strategico della LA.

Per altro lo scontro stesso ha dimostrato l’inadeguatezza di simili logiche politiche da sempre fallimentari e già messe ai margini dalla guerriglia, tanto più impraticabili oggi stante l’approfondimento del rapporto rivoluzione/controrivoluzione, scontro che mette di fronte alle avanguardie rivoluzionarie la non aggirabilità della strategia della LA per riqualificarsi sul terreno rivoluzionario.

Detto questo, come militanti delle BR PCC prigionieri che fondano la propria identità politica nella piena assunzione dell’interezza della linea politica e dell’impianto strategico delle BR PCC, sulla base della valenza e propositività di questi stessi contenuti rivoluzionari, ribadiamo che, in riferimento ai caratteri del terreno rivoluzionario, anche nell’attuale contesto dello scontro di classe, seppure segnato dalla difensiva rivoluzionaria e proletaria, il livello più maturo raggiunto dal processo rivoluzionario si riafferma in tutta la sua valenza politica e strategica per perseguire gli interessi generali del proletariato, e questo non perché il processo rivoluzionario possa riproporsi in modo meccanico e evolutivo, ma perché quanto prodotto dalla guerriglia è divenuto parte integrante delle condizioni politiche che investono l’ambito della soggettività rivoluzionaria, quindi fattore discriminante le rotture soggettive per un verso o per l’altro.

In questo senso la riorganizzazione dell’avanguardia rivoluzionaria per misurarsi adeguatamente con il livello dello scontro attuale è condizionata a riferirsi agli avanzamenti prodotti nel corso della guerra di classe, quale prerequisito da cui partire per rilanciare in avanti lo scontro rivoluzionario.

Ma più in generale a rendere necessaria e non aggirabile l’assunzione soggettiva di quanto maturato al punto più alto dal processo rivoluzionario, sono le stesse leggi che regolano lo scontro e non consentono che il rilancio del processo rivoluzionario possa ripartire da zero, né ripercorrere forme che si sono date in fasi precedenti dello scontro, per quanto profondi possano essere i ripiegamenti delle posizioni rivoluzionarie, poiché l’instaurarsi del rapporto rivoluzione/controrivoluzione ha impresso alla dinamica dello scontro rivoluzionario uno svolgimento verso il suo approfondimento.

Una dinamica che evidenzia anche come le politiche controrivoluzionarie dello stato non abbiano potuto rimuovere dallo scontro quanto sviluppato dalla guerriglia, né azzerare le espressioni dell’autonomia politica di classe, al contrario questo portato rivoluzionario si è impresso nelle condizioni generali dello scontro rivoluzionario e di classe, una dinamica rivoluzionaria che trae le sue ragioni prime da come si è caratterizzato il processo rivoluzionario nel nostro paese, promosso, organizzato e diretto dalle BR sulla strategia della LA.

Questo a partire dall’attività combattente che le BR hanno messo in campo in dialettica con l’autonomia di classe, contro i progetti antiproletari e controrivoluzionari dello stato e contro le politiche centrali dell’imperialismo e su cui hanno sviluppato una prassi rivoluzionaria che riportando lo scontro sul terreno del potere, ha posto le condizioni per ricomporre sul programma rivoluzionario le diverse componenti del proletariato metropolitano (PM) organizzando e disponendo sulla LA i suoi reparti più avanzati, facendo così pesare nel confronto con il nemico di classe gli interessi politici e generali del proletariato.

Un’attività rivoluzionaria che in questo modo ha inciso profondamente nei rapporti politici e di forza tra le classi e che, nel corso della guerra di classe, ha maturato acquisizioni teorico-politico-organizzative divenute fondamentali per il proseguo del processo rivoluzionario, tali da imprimere al suo sviluppo un preciso indirizzo.

In sintesi, nell’aspro scontro tra rivoluzione e controrivoluzione che ha segnato il processo rivoluzionario, le BR, nell’aver dato sviluppo alle stesse fasi rivoluzionarie che fino ad oggi si sono determinate, hanno caratterizzato passaggi rivoluzionari che hanno consolidato in termini strategici il terreno rivoluzionario e che per tanto costituiscono gli elementi di continuità della guerra di classe.

Una continuità che, sul piano generale, è riferita al progetto strategico della LA che le BR hanno potuto radicare nello scontro di classe, verificandolo e precisandolo nella prassi come quello adeguato a condurre il processo rivoluzionario nelle condizione specifiche del nostro paese.

Processo rivoluzionario che, dentro ai caratteri necessariamente di lunga durata della guerra di classe, non si svolge come progressione lineare, ma al contrario in modo fortemente discontinuo a causa delle peculiarità dello scontro nei paesi imperialisti.

In questo quadro di accentuata discontinuità della situazione rivoluzionaria attuale, su cui incide il ripiegamento delle posizioni rivoluzionarie nel quale è inserito il periodo di assenza dell’attività combattente delle BR PCC, si colloca dentro quelli che sono i termini dell’andamento del processo rivoluzionario che è un processo ininterrotto per tappe, che procede per salti e rotture e che, nella successione delle fasi rivoluzionarie che si sono date dalla sua apertura, vede vigenti la fase di ricostruzione, iniziata dalle BR all’interno della fase di ritirata strategica.

Una fase, quest’ultima, a carattere generale che informa ancora il rapporto di scontro.

Ciò vuol dire che nella condizione della guerra di classe è sempre prevalente il ripiegamento delle forze nel mentre viene rilanciata la capacità offensiva della guerriglia, linee generali su cui si dà la ricostruzione delle forze rivoluzionarie e proletarie e delle condizioni politico-militari per riportare l’iniziativa al punto più alto dello scontro.

È una fase rivoluzionaria, quella odierna, i cui caratteri le BR hanno contribuito a determinare e che si caratterizza da un lato per l’ulteriore salto controrivoluzionario e antiproletario compiuto dallo stato in questi ultimi anni e che affonda le sue radici nella più generale offensiva degli anni ’80, dall’altro dall’approfondimento della crisi economica che influenza e risente a sua volta della più generale crisi sociale e politica producendo una condizione politica generale caratterizzata da un’instabilità complessiva degli equilibri tra le classi nel paese.

Se l’approfondimento del contesto di crisi economica che attanaglia la B.I. e il suo stato, nonché l’evidente polarizzazione degli interessi di classe contrapposti fra proletariato e borghesia, a cui va aggiunto in questa fase l’acuto livello delle contraddizioni interborghesi non ancora pienamente ricomposte, costituiscono gli elementi di fondo della profonda crisi politica tra classe e stato, è nei fattori specifici che ne determinano l’andamento che emerge per lo stato tutta la difficoltà nel governo del conflitto di classe.

Fattori preminentemente politici, riferiti in primo luogo alla qualità politica dello scontro di classe e rivoluzionario che si è prodotto e a tutt’oggi emerge nel paese, sia riferito alla maturità espressa dal proletariato, classe operaia in testa, e dai settori più avanzati di autonomia politica di classe, con chiare connotazioni antistituzionali, antistatuali e antirevisioniste, e sia soprattutto in riferimento al ruolo svolto dall’avanguardia combattente, dalle BR, nell’incidere su questo stesso scontro, al fine di rappresentare gli interessi generali del proletariato contro la crisi della B.I., portandolo sul terreno del potere nell’organizzare la guerra di classe di lunga durata. Dati politici per parte rivoluzionaria e proletaria, da cui emerge anche in questa fase l’estrema difficoltà da parte della B.I. e del suo stato di governare linearmente e in maniera indolore il conflitto di classe, in particolar modo se riferito al tentativo di “neutralizzare” il portato ed il peso politico nello scontro dell’attività dell’istanza rivoluzionaria e sia riferito alla difficoltà di ricomporre i rapporti conflittuali col proletariato all’interno di un reticolo di relazioni neocorporative, quale presupposto fondamentale al pieno funzionamento della “democrazia governante” nel passaggio alla seconda repubblica.

Ed è infatti sullo sfondo di questo quadro politico delle relazioni tra classe e stato, accanto al disfarsi dei vecchi equilibri politici e soprattutto nei mutamenti che a livello politico istituzionale hanno accompagnato e scandito le tappe del modo di governare il paese intorno alle esigenze della B.I., con il loro riflesso sul più generale processo di “riforma” dello stato, che è maturato lo sbocco dell’attuale fase politica e dei relativi equilibri saldatisi a livello politico e istituzionale.

Uno sbocco che si è forgiato in questi anni di feroci politiche antiproletarie e controrivoluzionarie e di strappi perseguiti nelle relazioni tra le classi, quali fattori che hanno approfondito il rapporto di scontro, segnando il punto più critico della crisi politica del paese.

In questo senso equilibri politici che dovrebbero essere interpreti e garanti per delineare e caratterizzare il salto di qualità realizzato oggi nel processo di evoluzione alla seconda repubblica.

Una svolta dentro allo stesso quadro istituzionale al fine di codificare definitivamente il processo di centralizzazione e verticalizzazione dei poteri, particolarmente evidente nel rafforzamento del potere esecutivo, prodottosi in questi ultimi anni, attraverso la legittimazione politica formale di una “maggioranza” chiamata a sostenere politicamente e sul piano di semplice ratifica legislativa un “governo forte e stabile” che ha come suo contraltare un reale e sostanziale indebolimento dei contrappesi politici operanti a livello istituzionale nelle democrazie rappresentative borghesi, nella misura in cui ruolo e prerogative del parlamento sono stati funzionalizzati all’esecutivizzazione, quale prodotto delle modifiche che sono avvenute negli assetti del potere statale e, su un piano più generale, passibile di eventuali rotture istituzionali tese ad incidere sull’impalcatura costituzionale che non può che trovare in un’ulteriore frattura delle relazioni classe/stato la sua base di forza, a partire dal fatto che il centro di gravità di un nuovo assetto costituzionale e istituzionale risiede in primo luogo nei rapporti di forza e politici tra proletariato e borghesia.

Non una liquidazione del piano formale di democrazia rappresentativa, ma al contrario, un adeguamento attraverso un maggior grado di formalità di questo piano ai canoni delle democrazie mature, che per altro con la riforma elettorale di tipo maggioritario consente alla B.I. di far pesare più direttamente i suoi interessi sul piano politico, un adeguamento tutto interno al processo di rafforzamento della dittatura borghese di carattere antiproletario e controrivoluzionario in questa fase di crisi dell’imperialismo, dell’economia capitalistica e di sviluppo della tendenza alla guerra.

Nella realtà quanto questo passaggio si realizzi fuori e contro gli interessi generali del proletariato e della classe operaia e avvenga in termini sostanzialmente divaricati dallo scontro reale, si rende evidente nel suo risvolto verso il campo proletario, nel ricorso all’irreggimentazione nel governo delle contraddizioni sociali e politiche, dalle campagne e misure di “ordine pubblico” verso i settori di proletariato e classe operaia non disposti a subire passivamente i costi politici e sociali della crisi della B.I., dalle iniziative terroristiche tese al massimo di pressione e contenimento dell’intero corpo di classe, per definire quel clima politico generale funzionale alla gestione delle scelte più apertamente antiproletarie e controrivoluzionarie dello stato, il tutto parallelamente alla ridefinizione e riattivazione, intorno al quadro di compatibilità dettato dagli interessi della B.I., che vengono spacciati per gli interessi generali del paese, della “dialettica democratica” e della sua tenuta politica dentro “nuove regole del gioco”.

Da questo divario tra governabilità formale, caratterizzata dall’alta concentrazione delle leve del potere, contestualmente all’irrigidimento della mediazione politica, e rapporti reali di scontro tra le classi nel paese, si comprende come la svolta alla secondo repubblica e l’avanzamento nel processo di rafforzamento dello stato si intrecci strettamente all’approfondimento di tutti i termini della controrivoluzione preventiva, nel rapporto politico e di scontro con la classe operaia e il proletariato intero, scontro sui cui esiti poggia fondamentalmente il salto nella fase politica che si è aperta in Italia.

Per parte borghese “irreggimentare” i rapporti politici tra le classi e, su un altro piano, rispondere alle spinte di accelerazione della tendenza alla guerra, costituiscono oggi delle necessità improrogabili e le scelte politiche dello stato non possono che ruotare intorno ai margini dettati da tali necessità, sia che esse mirino a ritagliarsi la migliore posizione possibile all’interno dei processi di integrazione economico-politica e riassetto gerarchico della catena imperialista, all’interno di una generale spinta ad una nuova divisione internazionale del lavoro e dei mercati, di cui la partecipazione ad effettivi eventi bellici ne è il più evidente riflesso politico; sia che rispondano alla ratificazione costituzionale ed istituzionale delle modifiche apportate e da conseguire nelle modalità del governo del conflitto di classe, nel quadro di pieno funzionamento della seconda repubblica.

Così come, d’altra parte, la ristrettezza delle scelte economiche da operare a sostegno dei gruppi monopolistici attraverso imponenti trasferimenti statali, all’interno di un contesto recessivo con un’ulteriore restrizione della base produttiva e perdita di posizioni nell’economia capitalista, ben al di là della propagandistica panacea del “meno stato, più mercato”, e della formula del “rapporto privatistico” nel regolare i rapporti capitale-lavoro, evidenzia i suoi risvolti materiali nell’attacco più spregiudicato alle condizioni politiche e di riproduzione materiale della classe, nel ricondurre i legittimi interessi dei lavoratori a problemi di “ordine pubblico”.

A fronte di questo complesso quadro di scontro, dentro a quelli che sono gli stessi termini di crisi politica e sociale maturati nel paese, il risvolto proletario e rivoluzionario alla crisi della B.I. si dà oggi più che mai sul terreno strategico posto dalla guerriglia.

Il solo in grado di incidere sui rapporti di forza per modificarli in favore della classe, quello cioè, che riportando sul terreno del potere i termini dello scontro, può ricomporre le istanze di autonomia di classe che emergono dai momenti più qualificanti delle lotte operaie.

Uno sbocco necessario e possibile dato dall’attualità e valenza della strategia della LA a partire dal fatto che essa trae la sua forza di rottura dall’essere l’adeguamento storico della politica rivoluzionaria alle mutate condizioni dello scontro di classe nella metropoli, condizioni per cui il processo rivoluzionario deve essere condotto nell’unità del politico e del militare, unificando cioè costantemente il piano politico a quello della guerra.

Questo perché un’attività rivoluzionaria di classe solamente politica non può incidere sul terreno dello scontro, né tanto meno può essere consolidata, poiché il “sistema democratico borghese” è in grado di diluire e assorbire l’urto delle istanze prodotte dalla lotta di classe attraverso i meccanismi della democrazia rappresentativa, in quel “gioco democratico” in cui partiti, sindacati, sedi istituzionali, ecc. sono tesi ad incanalare sul piano istituzionale il conflitto di classe e che incorpora la controrivoluzione preventiva quale politica costante tesa a reprimere e criminalizzare le espressioni antagoniste e non assorbibili dello scontro di classe.

Un sistema di contenimento del conflitto di classe che, calibrando mediazione e annientamento, è teso a non far collimare le istanze antagoniste che si producono nello scontro col terreno rivoluzionario. In questo senso non è possibile accumulare nel tempo forza politica da riversare sul piano militare nell’offensiva insurrezionale finale.

Per questo la guerriglia deve affrontare immediatamente e globalmente l’aspetto politico e quello della guerra insiti nello scontro, sviluppando, anche se in forma particolare perché dominata dalla politica, una vera e propria guerra di classe rivoluzionaria. In questo la guerriglia ha dato superamento alle concezioni terzinternazionalista, inadeguate anche per il venir meno del “momento eccezionale” stante il quadro storico uscito dalla seconda guerra mondiale e i caratteri contemporanei del blocco integrato imperialista che non presentano i termini per un conflitto interimperialistico nelle forme e nei modi del passato.

L’unità del politico e del militare agisce perciò come una matrice che si imprime su tutta l’attività rivoluzionaria e in primo luogo sullo stesso modulo guerrigliero che, unitamente all’assunzione dei criteri di clandestinità e compartimentazione, definiscono il carattere offensivo della guerriglia.

Questi gli elementi fondamentali che presiedono all’affermarsi di una vera e propria strategia della guerra proletaria a partire dai quali le BR hanno definito la proposta della strategia della LA a tutta la classe, adeguata alle specifiche condizioni dello scontro di classe in Italia e in riferimento alle caratteristiche qualitative del movimento proletario nelle sue espressioni di autonomia politica, sostanzialmente antistituzionali, antistatuali e antirevisioniste.

Sulla base di questa impostazione le BR hanno dimostrato la capacità e possibilità di contrapporsi in termini offensivi al potere della B.I., a partire dalle linee di combattimento dell’attacco allo stato e all’imperialismo, concretizzando e consolidando la dialettica con la classe nel processo che, a partire dall’attacco e dalla disarticolazione del nemico, passa all’organizzazione delle forze proletarie e rivoluzionarie sul terreno della LA per ritornare su nuove basi, ancora una volta, all’attacco.

Ovvero, nella dialettica attacco-distruzione, costruzione-nuovo attacco, le BR hanno messo in pratica, in ogni fase dello scontro, i criteri di costruzione e sviluppo della guerra di classe, in cui la lotta armata non è appannaggio solamente della pratica dei comunisti, ma è proposta a tutta la classe, è il terreno su cui organizzarla per riportare lo scontro di classe sul terreno del potere e attraverso il quale è possibile perseguire lo spostamento dei rapporti di forza in favore del campo proletario, facendo così vivere sia nell’immediato che nella costruzione della prospettiva rivoluzionaria, i suoi interessi generali.

Una dinamica rivoluzionaria che evidenza anche come le istanze dell’autonomia politica di classe, trovando il loro terreno di risoluzione nella dialettica con l’attività delle BR, hanno qualificato i caratteri dell’antagonismo proletario.

In sintesi l’attività rivoluzionaria delle BR nel suo complesso non solo si è riflessa in termini di tenuta del campo proletario nei confronti della controffensiva dello stato, ma soprattutto ha fatto avanzare da un punto di vista strategico la guerra di classe sull’obiettivo della prima tappa: l’abbattimento dello stato borghese e la conquista del potere politico da parte del proletariato metropolitano per la costruzione di una società comunista.

Sulla linea di combattimento dell’attacco allo stato le BR assumono la concezione leninista dello stato, facendo di questa questione il centro della loro azione politica fino al suo abbattimento, questione da cui i comunisti non possono prescindere perché lo stato è l’organo della dittatura della B.I., la sede politica del suo potere, laddove trovano sanzione i rapporti di forza tra le classi.

Per le BR attaccare il cuore dello stato significa individuare e colpire dentro alla contraddizione principale che oppone la classe allo stato, il progetto dominante della B.I. nella congiuntura per rompere gli equilibri politici che lo fanno marciare.

Il danneggiamento che ne consegue provoca una ricaduta in termini di relativa forza politica che per non essere dispersa deve tradursi in organizzazione di classe sulla LA e nel consolidamento della disposizione generale delle forze sullo scontro rivoluzionario.

Una linea di combattimento che interagendo direttamente sul rapporto classe-stato è il perno su cui si articola la costruzione della guerra di classe di lunga durata.

Nel corso dello scontro, all’interno della migliore comprensione della funzione politica degli stati nei paesi a capitalismo maturo, si sono definiti i criteri dell’attacco allo stato nella centralità, selezione e calibramento come quelli fondamentali per incidere adeguatamente al livello raggiunto dallo scontro ed avere il massimo del risultato politico, tanto più a fronte dei processi di forte centralizzazione e verticalizzazione del potere che si sono dati nel corso della rifunzionalizzazione dello stato interno alla transizione alla seconda repubblica.

Criteri questi validi per molte fasi ancora dello scontro, perché solo nella fase di guerra civile dispiegata è possibile attaccare su più livelli e contemporaneamente la macchina statale.

In unità programmatica con l’attacco al cuore dello stato, l’antimperialismo è l’altra principale linea di combattimento su cui le BR dispiegano la propria attività. È in riferimento alle caratteristiche strutturali dell’imperialismo che hanno determinato storicamente le relazioni integrate e gerarchiche della catena a livello economico, politico e militare, che si sono definiti i nuovi caratteri dell’internazionalismo proletario, su cui la guerriglia ha sviluppato la sua prassi internazionalista e antimperialista.

Come affermano le BR, sviluppare il processo rivoluzionario in un paese del centro imperialista significa misurarsi immediatamente oltre che col proprio stato, anche con l’imperialismo nel suo insieme, da ciò il carattere antimperialista e la natura internazionalista del nostro processo rivoluzionario, termini che le BR fanno vivere fin da subito nella dialettica con l’autonomia di classe e nella costruzione della guerra di classe. Dentro a questi principi le BR hanno portato avanti la pratica antimperialista nell’attacco alla NATO, quale pilastro dell’integrazione politico militare del blocco imperialista, nella sua funzione di guerra interna – guerra esterna, e nell’attacco ai progetti imperialisti nell’area.

In questo modo le BR hanno lavorato alla proposta di costruzione del Fronte Combattente Antimperialista, relazionandosi a quanto la guerriglia europea ha espresso su questo terreno, e contribuendo al suo sviluppo in avanti, sviluppo che nell’unità delle forze combattenti si pone al punto più alto di ricomposizione delle diverse espressioni dell’antimperialismo militante del movimento rivoluzionario e delle lotte del P.M.

Per le BR lo sviluppo del Fronte Combattente Antimperialista si dà all’interno di una politica di alleanze contro il nemico comune, con le forze rivoluzionarie che agiscono nella nostra area geopolitica europea-mediterranea-mediorientale, sia con la guerriglia che opera nella metropoli imperialista che con le forze rivoluzionarie di liberazione nazionale, per ricomporre nella pratica antimperialista del Fronte Combattente Antimperialista l’unità oggettiva che già esiste tra la guerra di classe nel centro e la guerra di liberazione nella periferia. La costruzione del Fronte Combattente Antimperialista, quale organismo politico-militare in grado di portare offensive comuni contro le politiche centrali dell’imperialismo nell’area, è condizione imprescindibile per dare sviluppo al processo rivoluzionario nel proprio paese, in quanto solo destabilizzando e indebolendo l’imperialismo è possibile favorire le rotture rivoluzionarie. Per le BR l’obiettivo della costruzione del Fronte Combattente Antimperialista è quindi fondamentale per lavorare allo spostamento dei rapporti di forza tra imperialismo e antimperialismo in modo da far avanzare i processi rivoluzionari nell’area e nel contempo portare a compimento gli obiettivi del processo rivoluzionario nel nostro paese.

Questo chiarisce anche il rapporto dialettico che vive tra i due assi di combattimento strategici dell’attacco allo Stato e all’imperialismo, dove uno non sostituisce l’altro, ma entrambi concorrono ad assolvere le finalità del processo rivoluzionario.

L’attuale fase internazionale vede maturare, sotto la spinta del livello critico ormai raggiunto dalla crisi economica generalizzata a tutto l’ambito capitalistico, i fattori politico-militari che convergono verso lo sbocco bellico, nelle tappe che evidenziano come l’Est sia la direzione principale di questo sbocco.

Tappe che hanno trovato un’ulteriore accelerazione dentro i mutamenti degli equilibri internazionali che, a partire dal dissolvimento del Patto di Varsavia, fino agli sconvolgimenti che attraversano i Paesi dell’Est, definiscono l’attuale caratterizzazione della contraddizione Est/Ovest. Da questo contesto il blocco imperialista, USA in testa, muove all’assoggettamento di questi paesi, nella ridefinizione, nel quadro NATO, della strategia politico-militare complessiva entro cui, malgrado le disomogeneità e la conflittualità di interessi tra i diversi stati imperialisti, stringere vincoli politico-militari nella necessità di muoversi in blocco su questa direttrice.

Un quadro internazionale che rimarca come la nostra area geopolitica, Europa in primo luogo, sia ancora una volta il teatro principale del concretizzarsi della prospettiva della guerra imperialista il cuore della ridefinizione dei futuri assetti della divisione internazionale del lavoro e dei mercati, in cui oggi la guerra in Jugoslavia rappresenta il primo banco di prova dell’intervento guerrafondaio imperialista sulla direttrice Est/Ovest.

Una realtà che fa a maggior ragione dell’imperialismo e della NATO il nemico mortale del proletariato metropolitano e di tutti i popoli dell’area, una condizione da cui scaturisce ancora di più la necessità e possibilità della pratica antimperialista e soprattutto il ruolo e la valenza strategica del Fronte Combattente Antimperialista nel confrontarsi al livello di incisività richiesto dallo scontro imperialismo/antimperialismo.

L’attività combattente delle BR, misurandosi con le peculiari condizioni dello scontro rivoluzionario nelle metropoli e assumendo il criterio prassi-teoria-prassi come quello che consente di correggere gli errori, ha potuto meglio definire gli avanzamenti della progettualità rivoluzionaria, questo nel duro confronto con la controrivoluzione e nel necessario sviluppo delle battaglie politiche.

Un processo necessariamente non lineare, segnato da avanzamenti e arretramenti, successi e sconfitte, ma che ha consentito alle BR di precisare e sviluppare la loro visione dello Stato e dell’imperialismo, come più in generale la stessa visione dello scontro rivoluzionario, epurandole tanto dalle tendenze idealiste, soggettiviste ed economiciste prodottesi nella fase di espansione della lotta armata, quanto di quelle dogmatiche e liquidazioniste, figlie dell’interiorizzazione della sconfitta tattica dell’82.

Nello stesso tempo ha consentito di acquisire meglio la capacità di conduzione della guerra di classe, nella migliore comprensione delle sue principali leggi di movimento, all’interno dei presupposti che consentono alla guerriglia di operare a fronte delle peculiarità eminentemente politiche che definiscono lo scontro rivoluzionario in un paese imperialista in cui, stante le forme di dominio, la guerriglia non dispone né di basi liberate, né di retrovie stabili, ma sviluppa la sua prassi rivoluzionaria in una guerra senza fronti, nel cuore stesso del nemico, costruendo le forze materiali della rivoluzione e le sue stesse forze nella capacità di dare sviluppo e avanzamento alla guerra di classe, operando fino all’abbattimento del potere della borghesia imperialista, dentro rapporti di forza sempre relativamente sfavorevoli alla rivoluzione in condizioni di accerchiamento strategico.

Acquisizioni generali che in particolare sono state precisate durante il processo autocritico avviato nella fase di Ritirata Strategica.

Una fase che le BR hanno aperto applicando le leggi della guerra che impongono di ritirarsi da posizioni non avanzate rispetto al mutamento generale delle condizioni dello scontro e a fronte di una controffensiva senza precedenti dello Stato.

Il ripiegamento è una legge dinamica della guerra, soprattutto della guerriglia, che consente alle forze rivoluzionarie, ritirandosi, di ricostruire le condizioni politico-militari per nuove offensive.

Dentro questo principio le BR hanno riportato l’iniziativa combattente al punto più alto dello scontro, tanto sull’asse classe/Stato (Giugni, Tarantelli, Ruffilli) che sull’asse imperialismo/antimperialismo (Dozier, Hunt, Conti) e intorno a ciò hanno intrapreso il riadeguamento complessivo che ha potuto essere tale valorizzando il complesso dell’esperienza acquisita in tutto il percorso rivoluzionario delle BR, così da riproporla in avanti.

La questione fondamentale che si è riaffermata all’interno della prassi delle BR è la forza determinante della strategia della lotta armata come asse portante del processo rivoluzionario e binario guida per lo stesso riadeguamento. Per questo le BR, nel mantenimento e riferimento costante alle discriminanti dell’impianto di base, sia agli assi strategici che ai presupposti cardine della guerriglia, hanno potuto ridefinire i compiti inerenti alla conduzione della guerra di classe e avviare la fase rivoluzionaria della Ricostruzione.

Una fase che, informata dai caratteri generali della Ritirata Strategica, comporta, a partire dal combattimento, attrezzare su tutti i piani le forze proletarie e rivoluzionarie alle condizioni dello scontro al fine di ristabilire i termini politico-militari per nuove offensive, definendosi come un passaggio fondamentale nell’avanzamento della guerra di classe.

Una fase rivoluzionaria che implica, nella dialettica guerriglia/autonomia di classe, lavorare sul duplice binario costruzione/formazione, cioè ricostruzione nel tessuto di classe dei livelli di organizzazione politico-militari necessari a sostenere lo scontro contro lo Stato e, in primo luogo, formazione dei rivoluzionari stessi perché acquisiscano la dimensione dello scontro rivoluzionario a partire dalla ricca esperienza maturata dalle BR in più di 20 anni.

Una fase rivoluzionaria, quella della ricostruzione, ad andamento fortemente discontinuo, per le condizioni politico generali in cui si sviluppa lo scontro rivoluzionario, stante l’approfondimento del rapporto rivoluzione/controrivoluzione, classe/Stato, un approfondimento che ha implicato alle BR, nel determinare le modalità con cui si dispongono e si organizzano le forze sulla lotta armata, un salto qualitativo nell’attività di direzione, attraverso la centralizzazione politica sul movimento generale delle forze (che è centralizzazione delle direttive politiche/decentralizzazione delle responsabilità a tutte le sedi e istanze organizzate) che consente che tutte le forze lavorino all’interno del piano di lavoro definito, al fine di muoverle come un cuneo sugli obiettivi perseguiti, per pesare con il massimo di incisività nello scontro.

La capacità di esprimere questo livello di direzione, in riferimento alla costruzione del complesso dei termini della guerra di classe, operando sul principio di “agire da partito per costruire il Partito”, ha posto le basi per un avanzamento del processo di costruzione del Partito Comunista Combattente, in quanto per le BR il problema della costruzione del PCC non è risolvibile con un atto volontaristico, o in cui la semplice formulazione di tesi politiche e del relativo programma è vista come sufficiente per la costituzione dell’avanguardia in Partito. Sul piano di sviluppo della strategia della lotta armata, operando nell’unità del politico e del militare, il processo di costruzione del Partito marcia strettamente in rapporto alla capacità di costruire e far avanzare il complesso delle condizioni politico-militari per il dispiegamento della guerra di classe. In altri termini il problema del partito non è ricondotto solo alla mera disposizione attorno al programma, ma a come esso vive in rapporto all’accumulo di forze rivoluzionarie e proletarie, intorno alla costruzione dell’organizzazione di classe armata, alla costruzione della direzione politica su di essa, ovvero dei quadri politico-militari in grado di affrontare complessivamente i problemi dello scontro rivoluzionario, ecc.

È quindi all’interno di questi criteri di attività e all’interno del più complessivo processo di costruzione del Partito Comunista Combattente, che le Br danno sostanza alla parola d’ordine dell’unità dei comunisti, parola d’ordine che non è intesa come unità generica sulla lotta armata, ma come un processo che ha il suo riferimento intorno all’indirizzo strategico, politico e programmatico delle BR, in stretto riferimento ai livelli teorici-politici-organizzativi che la stessa prassi delle BR ha attestato nello scontro rivoluzionario.

ATTACCARE E DISARTICOLARE IL PROCESSO ANTIPROLETARIO E CONTRORIVOLUZIONARIO DI RIFORMA DELLO STATO CHE EVOLVE VERSO LA SECONDA REPUBBLICA.

ORGANIZZARE I TERMINI POLITICO-MILITARI PER RICOSTRUIRE I LIVELLI NECESSARI ALLO SVILUPPO DELLA GUERRA DI CLASSE DI LUNGA DURATA.

ATTACCARE LE POLITICHE CENTRALI DELL’IMPERIALISMO, DALLA LINEA DI COESIONE EUROPEA, AI PROGETTI DI GUERRA DIRETTI DALLA NATO, CHE SI DISPIEGANO IN QUESTO MOMENTO LUNGO L’ASSE DEI PAESI DELL’EST EUROPA E SULLA REGIONE MEDITERRANEO-MEDIORIENTALE.

LAVORARE ALLE ALLEANZE NECESSARIE ALLA COSTRUZIONE DEL FRONTE COMBATTENTE ANTIMPERIALISTA.

GUERRA ALLA GUERRA – GUERRA ALLA NATO.

TRASFORMARE LA GUERRA IMPERIALISTA IN GUERRA DI CLASSE RIVOLUZIONARIA.

ONORE A TUTTI I COMPAGNI E COMBATTENTI ANTIMPERIALISTI CADUTI.

5 giugno 1994

I militanti delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente:
Giuseppe Armante, Maria Cappello, Tiziana Cherubini, Simonetta Giorgieri, Enzo Grilli, Franco Grilli, Flavio Lori, Rossella Lupo, Fausto Marini, Fulvia Matarazzo, Fabio Ravalli, Carla Vendetti.

I militanti rivoluzionari: Gino Giunti, Vincenza Vaccaro, Marco Venturini

 

SECONDO INTERVENTO

I tempi sono maturi per prendere la parola. La decisione scaturisce dal desiderio di non essere associato, mio malgrado, ad un gruppuscolo di brigatisti d’accatto che con infaticabile solerzia lavorano a sbarazzarsi di un impianto strategico e di un complesso di tesi che sono il tratto tipico dell’identità strategica e politica delle BR-Pcc: un patrimonio di insegnamenti rivoluzionari verificati e maturati attraverso 20 lunghi anni di scontro rivoluzionario.

Ma soprattutto esco dal silenzio per denunciare un tentativo di coinvolgermi indebitamente in una presunta gestione collegiale del processo a coloro che rispondono alla sbarra dell’operazione alla base Usa di Aviano.

Non c’è stata nessuna discussione e decisione presa in comune poiché non mi sono riconosciuto e continuo a non riconoscermi, né nei contenuti politici, né nei criteri che hanno sostanziato tale iniziativa.

Mentire per un rivoluzionario è un comportamento inqualificabile mentre è degno del più volgare politicante borghese! Tuttavia non è mai stato patrimonio delle BR nascondersi dietro le menzogne e i sotterfugi; per questa ragione è intollerabile; per questa ragione, mi sento in dovere di denunciare; se per gestire una iniziativa bisogna ricorrere a degli espedienti così meschini e farfugliare pietosamente che la gestione processuale è stata concordata con coloro con cui si è rinchiusi assieme, si è veramente alla deriva.

Un atteggiamento simile può solo confermare tutti i dubbi e le perplessità sulla credibilità e onestà politica dell’intera operazione, ma soprattutto lascia aperti tutti gli interrogativi sull’onestà individuale di chi se la gestisce in questo modo.

Ben sanno i firmatari della rivendicazione al processo di Udine con quale fermezza mi sono rifiutato di tenere bordone a tesi politiche che sono oggettivamente un proditorio attacco all’impianto strategico e alla linea politica delle BR-Pcc.

L’operazione Aviano si è qualificata per essere un tentativo maldestro e velleitario di spacciare logiche opportuniste e gruppettare come la “nuova variante delle BR-Pcc”. Logiche politiche dai contenuti fortemente astorici che retrocedono le caratteristiche del sistema imperialista a forme e contenuto pre-prima guerra mondiale.

Ciarpame ideologico, patrimonio di certi intellettuali neo-marxisti a cui si tenta di offrire un approdo rivoluzionario.

Una analisi politica della situazione internazionale che ha la presunzione di introdurre delle novità ma che raggiunge il misero risultato di riportare l’imperialismo alla situazione precedente, alla fase in cui la situazione si contraddistingueva per la coincidenza tra gruppi monopolistici nazionali e rispettivi apparati statali ed a cui si accompagnavano conseguenti rivalità tra sistemi economici nazionali.

Se non fosse che questa “fesseria” sul piano dell’analisi del sistema imperialista e delle forme che assume non finisse per gravare sulle stesse ragioni di fondo all’origine della guerriglia nelle metropoli, in quanto adeguamento della politica rivoluzionaria al grado di sviluppo integrato dell’imperialismo e dl conseguente mutamento delle forme di dominio della B.I., non ci resterebbe che ridere di loro e dei loro vacui discorsi.

Purtroppo le implicazioni di questo genere di posizioni politiche incrinano in misura considerevole i fondamenti maturati dall’attività rivoluzionaria delle BR ma soprattutto il valore degli insegnamenti rivoluzionari tratti in questi duri e lunghi anni di lotta rivoluzionaria in Ritirata Strategica.

Un atteggiamento politico pretenzioso quanto esiziale che persegue la finalità di spacciare per nuove analisi, concezioni politiche che appartengono a una realtà storicamente superata che rimette in onore vecchie visioni rivoluzionarie di tipo evoluzionistico che al confronto con la prassi e la teoria maturata dalle BR-Pcc nel vivo dello scontro, mostrano in se una configurazione soggettivista e gruppista.

Visioni politiche da sempre rifiutate dalle BR che nascono dalla profonda sfiducia nelle capacità rivoluzionarie del proletariato e da una idea erronea che attribuisce “ad un nucleo di samurai” la funzione ed i compiti della L.A. e altrettanto soggettiviste e gruppettare perché si esprimono chiaramente nello svilimento della contraddizione principale Classe/Stato e nel suo appiattimento sulla tematica antimperialista che è ridotta ad una visione tipicamente movimentista: dove la proposta di Fronte imperialista dalla concretezza della politica di alleanze, estendibile a tutte le Forze rivoluzionarie che combattono l’imperialismo in quest’area geopolitica (Europea – Mediorientale – Mediterranea) passa ad una non meglio precisata pratica rivoluzionaria dall’indirizzo antimperialista e internazionalista di vago contenuto solidaristico.

Un approccio che invalida l’attualizzazione operata in anni di prassi internazionalista e antimperialista delle BR, dell’internazionalismo proletario in una strategia politica adeguata alle condizioni dello scontro nella metropoli imperialista e il contributo dato alla costruzione e al consolidamento del FCA quale termine adeguato ad impattare le politiche centrali dell’imperialismo nell’area.

Dall’impianto analitico assunto come guida all’azione emerge con estrema chiarezza che uno degli intenti principali è quello di sbarazzarsi di uno degli assi di programma, quale è la concezione di attacco al cuore dello stato, che va inteso nel giusto criterio affermatosi nella pratica come capacità di riferirsi alla centralità, selezione e calibramento dell’attacco e che invece vengono negati di fatto per “un’impostazione strategica” dell’indirizzo antimperialista ed internazionalista del processo rivoluzionario entro cui collocare lo sviluppo stesso della LA per la conquista del potere politico da parte del proletariato. Per le BR-Pcc è esattamente vero il contrario! La rivoluzione proletaria ha necessariamente un carattere internazionalista, vale a dire che il dovere principale di ogni rivoluzionario è di “fare la rivoluzione nel proprio paese contando sulle proprie forze”. Ma è altrettanto vero che la condizione per poter fare una rivoluzione è legata allo stato dei rapporti di forza maturati nello scontro tra imperialismo/antimperialismo, dato l’attuale grado di integrazione della catena imperialista e i conseguenti livelli di coesione politico-militare. Quindi per sviluppare il processo rivoluzionario nel proprio paese non si può non prescindere dall’indebolire e ridimensionare l’imperialismo nell’area geopolitica “Europa occ. – Mediterraneo – Medio Oriente”. La necessità del Fronte vive nella prassi offensiva che tende alla disarticolazione delle politiche dominanti dell’imperialismo per determinare condizioni di instabilità politica nell’area, funzionali al procedere del processo rivoluzionario dei singoli stati. Insomma per le BR l’attività antimperialista non ha mai significato sostituire l’intera prassi rivoluzionaria all’interno del paese e non si è mai inteso disperdere l’attività del FCA in un attacco generico all’imperialismo, ma le BR-Pcc hanno sempre svolto la politica frontista nell’individuazione dei nodi centrali, sia quando essi si esplicano nel cuore del sistema, sia quando sono volti a “normalizzare” l’area mediterraneo-mediorientale, sia quando essi si coordinano per stabilire politiche controrivoluzionarie nei confronti della Guerriglia e del FCA.

La centralità dell’attacco allo stato costituisce ora più che mai per le BR uno dei principali assi programmatici attorno a cui costruiscono organizzazione di classe sulla LA, ed esso si dà attraverso l’applicazione rigorosa dei criteri cardine di centralità, selezione e calibramento. Questi criteri risultano essere elementi determinanti perché su di essi verte l’individuazione della contraddizione ovvero il progetto politico dominante della Borghesia. Si dà efficacemente disarticolazione e se ne ha il massimo profitto politico, proprio incentrando l’attacco su tali criteri che sono sempre validi in ogni fase e in ogni congiuntura. Solo a partire da questa base, l’attacco al cuore dello stato ha la capacità di incidere nello scontro. Solo la puntuale applicazione di questi criteri permette alla attività della avanguardia rivoluzionaria di caratterizzarsi come agire da partito e di materializzarsi nel processo di costruzione-fabbricazione del P.C.C. in rapporto allo sviluppo della guerra di classe di lunga durata in tutte le sue determinazioni. Cosicché la complessità del processo di costruzione-fabbricazione del Pcc non può avvenire da un confronto aprioristico su un generico processo di LA, disgiunto e separato dal compito prioritario di costruire le condizioni politiche-militari atte a sostenere lo scontro sul terreno della LA. Cade in quella separazione tra agire di supposta avanguardia e la classe. Un atteggiamento più volte bollato come erroneo e dannoso perché abbandona quello che è il referente politico al quale l’attività rivoluzionaria delle BR si è sempre rivolta ovvero il proletariato metropolitano a dominanza operaia. Proseguendo in tali ragionamenti neanche una pietra resta in piedi del “vecchio impianto” e così si finisce per non riconoscere l’importanza della periodizzazione del processo rivoluzionario, invalidando anche gli obiettivi e i compiti riconosciuti in questa fase che si dipanano lungo la direttrice della necessità di attrezzare il campo proletario allo scontro prolungato contro lo stato al fine di sviluppare la guerra di classe di lunga durata, compito che per altro si pone nell’attuale fase di scontro come prioritario e ruota giocoforza intorno al cardine della fase di ricostruzione così come delineata dalle BR-Pcc fuori dal movimentismo e dal combattentismo fine a se stesso.

Per questa ragione i contenuti e i fini preposti dall’Operazione-Aviano sono un tentativo opportunista e avventurista che si pone al di fuori dal quadro di problematiche e di compiti odierni di riorganizzazione e consolidamento delle avanguardie rivoluzionarie per il rilancio dell’iniziativa sul terreno della LA.

È lo scontro ad essersi incaricato di dimostrare l’inadeguatezza di simili logiche politiche, esaltandone la natura opportunista e avventurista stante il livello di approfondimento raggiunto dal rapporto rivoluzione/controrivoluzione.

Logiche che si sono qualificate per la loro natura opportunista perché si sono attestate su un livello possibile a partire dalle proprie condizioni piuttosto che su quello che è necessario fare per modificare i rapporti di forza attuali tra campo proletario e stato; inoltre avventuriste perché hanno affrontato il compito di sostenere lo scontro con la borghesia armata senza un adeguato strumento.

È sempre lo scontro a dimostrare che non si può evitare furbescamente che chiunque si misuri sul terreno rivoluzionario non lo faccia dentro un modulo politico-organizzativo secondo cui sono strutturate le BR. I criteri di clandestinità e compartimentazione, costituiscono i tratti caratteristici sempre validi, quindi strategici affinché ogni forza rivoluzionaria e la guerriglia nel suo complesso possa agire in tutta la sua portata rivoluzionaria in queste condizioni storiche dello scontro fra le classi.

Per le BR tutto questo complesso arco di criteri, principi, modi di esprimere prassi rivoluzionaria sono lo stile di lavoro che, in questi anni di esperienza rivoluzionaria, si è ben stagliato negli atti politici e materiali che ne hanno contraddistinto l’attività, lo spirito della militanza d’organizzazione.

Uno stile di lavoro che ha tratto la sua caratterizzazione dalla natura proletaria delle BR e dagli insegnamenti generalizzabili su questo terreno del movimento comunista rivoluzionario internazionale.

La riorganizzazione della avanguardia rivoluzionaria per misurarsi adeguatamente con il livello di scontro odierno è condizionata a riferirsi agli avanzamenti prodotti nel corso della guerra di classe dai quali non sai può sottrarre, per rilanciare lo scontro in avanti. Sono le leggi dello scontro a non consentire che il rilancio del processo rivoluzionario possa ripartire da zero nonché a dimostrare l’impraticabilità di forme già date in fasi precedenti dello scontro anche a fronte dei profondi ripiegamenti delle posizioni rivoluzionarie.

Come militante delle BR-Pcc in prigionia mi associo e controfirmo la rettifica fatta da un gruppo di militanti prigionieri il 5/6/94 condividendone interamente le ragioni, le critiche e i contenuti politici.

 

Novara 8/8/94

 

Il militante delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente
La Maestra Franco

 

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