Seconda Corte di Assise di Roma, Processo D’Antona e banda armata. Udienza del 7 luglio 2005. Documento dei militanti delle BR-PCC Nadia Lioce e Roberto Morandi depositato agli atti

Celebrando contemporaneamente e con celerità insolita tutti i cosiddetti processi alle Brigate Rosse, lo stato borghese ha cercato di valorizzare in qualche modo su un piano politico i risultati conseguiti dall’attività antiguerriglia negli ultimi due anni, per farli pesare sugli stessi militanti BR e rivoluzionari prigionieri, in termini controrivoluzionari nello scontro generale in mancanza di risposte politiche possibili a quanto la strategia della lotta armata ha reimmesso nello scontro di classe, ovvero l’alternativa proletaria della conquista del potere per la costruzione del comunismo, alla crisi della borghesia imperialista e alla sua incapacità di prospettare altro che crescente sfruttamento, impoverimento e regresso sociale, guerra e controrivoluzione. Infatti le risposte degli esecutivi che si sono succeduti dal ’99 ad oggi, strette tra l’urgenza delle istanze della borghesia imperialista nella crisi e il portato complessivo del rilancio dell’attacco delle BR-PCC allo stato in dialettica con l’opposizione di classe, non sono affatto riuscite a recuperare l’erosione degli equilibri politici e sociali che hanno sostenuto la progettualità della borghesia imperialista e i programmi di riforme economico-sociali e dello stato necessari per rafforzare il suo dominio, governare la crisi e sostenere l’impegno guerrafondaio e controrivoluzionario nello schieramento imperialista guidato dagli USA, in prima fila per trarne margini economici per il debole capitalismo monopolistico nostrano.

Né l’iniziativa delle parti sociali, è riuscita a ricucire linearmente e in tutta la sua profondità il tessuto di relazioni neocorporative lacerato dall’intervento politico-militare dell’Organizzazione in dialettica con l’opposizione di classe alle riforme. Del resto il dato politico che ha qualificato il rilancio e il suo essere attestazione della risposta rivoluzionaria a quanto la borghesia imperialista e lo stato avevano conseguito negli anni 80 e consolidato negli anni 90 dell’esito del duplice processo controrivoluzionario. da un lato come mutamento dei rapporti di forza storici tra proletariato internazionale e borghesia imperialista a favore di quest’ultima, e degli equilibri internazionali a favore della NATO. Dall’altro, sul piano interno, con il ridimensionamento del ruolo della strategia della lotta armata, come trasformazione in senso neocorporativo della mediazione politica tra le classi antagoniste con la strutturazione mediante i processi di esecutivizzazione, i “patti sociali” e il maggioritario, della mediabilità degli interessi proletari, solo in quanto parziali e transitori, e funzionali a istanze e obiettivi politici della borghesia imperialista. Una trasformazione che è stata passaggio dall’istituzionalizzazione del conflitto di classe, corrispettiva a determinati rapporti di forza e politici storici, operata nel quadro della democrazia rappresentativa a carattere parlamentarista, alla “istituzionalizzazione” della prevenzione del conflitto stesso, ai fini del dispiegamento dell’offensiva della borghesia sulla classe per rafforzare il suo dominio e strutturare una subordinazione politica del proletariato a fronte dell’approfondimento della crisi, della debolezza del capitale monopolistico e dell’economia nazionale e nella polarizzazione degli interessi antagonistici che producono. Un quadro di scontro nelle cui evoluzioni la soggettività rivoluzionaria che si è rapportata agli indirizzi politici e strategici praticati e proposti alla fine degli anni ’80 dalle BR-PCC riconoscendone la direzione rivoluzionaria dello scontro di classe, avviò negli anni 90 la disposizione e organizzazione delle forze aggregate per costruire l’iniziativa rivoluzionaria e la tenuta e avanzamento delle forze stesse. La valenza della linea praticata a suo tempo dai Nuclei Comunisti Combattenti è consistita nel non essere fondata sui limiti soggettivi delle avanguardie aggregate ad cui potevano essere rielaborate concezioni strategiche basate su teorizzazioni che non hanno fondamento politico nello scontro, ma sul ritenere che la valenza storica delle BR e della strategia adeguata a portare avanti la rivoluzione proletaria, fosse rappresentata proprio dalla proposta politica che avanzavano. Questa posizione è stata politicamente forte perché nel rapportarsi allo scontro riferendosi all’espressione più matura del processo rivoluzionario, datasi nello scontro stesso, era quella adeguata a sottrarsi all’arretramento prodotto da una fase politica a carattere controrivoluzionario. La difficoltà a coagulare forze rivoluzionarie e proletarie per riprodurre capacità di iniziativa rivoluzionaria non era infatti casuale, né temporanea, ma prodotto storico della sedimentazione nello scontro di classe di un processo controrivoluzionario che si rifletteva in varie forme sulla soggettività del proletariato e nel campo di classe e rivoluzionario. L’aspetto principale nell’avanzamento delle condizioni di fase doveva essere perciò intervenire nei termini politici dello scontro di classe rilanciando la propositività dell’iniziativa rivoluzionaria come unico piano per praticare un’opzione di potere che nel rapporto di scontro con lo stato non può che avere caratteri politicamente offensivi e quindi oggi non può che assumere carattere politico-militare e d’avanguardia. Gli attacchi realizzati dagli NCC non furono una generica espressione di antagonismo o di resistenza armata, ma riferiti ai criteri dell’attacco al cuore dello stato, l’attacco nei nodi politici centrali dello scontro tra classe e stato, ha costituito un criterio che ha permesso di collocare e impostare l’iniziativa combattente su un piano che consentisse di far avanzare una prospettiva di potere e in ciò rappresentare gli interessi generali e storici del proletariato e di organizzarsi e formarsi su una tendenza che poteva portare l’avanguardia rivoluzionaria ad assumere un ruolo che andasse nella direzione di costruire il Partito Comunista Combattente. Un processo niente affatto scontato, il cui reale avanzamento ha avuto come punti di forza il rapporto politico con il patrimonio storico delle BR e il fatto che l’azione combattente dei Nuclei nelle intenzioni della soggettività rivoluzionaria era condizionata dal dover essere funzionale a produrre forze e potenzialità da organizzare e formare a un livello di capacità offensiva superiore per rilanciare l’attacco al cuore dello stato. Così che a partire dall’esperienza degli NCC, sulla direttrice che hanno seguito, l’avanguardia comunista combattente sia riuscita ad arrivare a portare l’attacco al cuore dello stato e in questa fase storica, ha già pronunciato una parola definitiva rispetto al ruolo della proposta politica delle BR-PCC nello scontro di classe nel nostro paese. È per questo che la controrivoluzione ha voluto sostenere l’esistenza di una continuità soggettiva diretta tra militanti BR, in specifico prigionieri e rilancio. Se questo è infatti ciò che la strategia rivoluzionaria ha prodotto sullo stato partendo da zero può significare solo che gli eventi politici espressi da questa proposta rappresentano effettivamente la direzione teorica dello sviluppo del processo rivoluzionario nel nostro paese, per cui possono essere ripresi e rilanciati anche a seguito di una fase in cui la controrivoluzione aveva assunto politicamente non solo la fine delle BR ma anche quella della lotta per il potere da parte del proletariato. La maturità raggiunta dal patrimonio delle BR è il frutto degli avanzamenti conseguiti dal misurarsi con la controrivoluzione degli anni 80, e seguito dall’apertura della Ritirata Strategica ed in particolare dal riferire strettamente la linea di combattimento fondamentale della guerriglia, l’attacco allo stato, affinché in questa fase rivoluzionaria abbia il massimo dell’incidenza politica, strettamente ai criteri di centralità del progetto dominante, selezione del personale perno dell’equilibrio politico a suo sostegno e calibramento ai rapporti di forza interni e internazionali, nonché allo stato delle forze rivoluzionarie e proletarie e alla loro disposizione sulla lotta armata. Criteri che impostano cioè la linea di combattimento sulla quale in questa fase si articola il programma politico di attacco allo stato e di costruzione del Partito e ai quali è collegata la comprensione più profonda del ruolo e natura dello stato, oltreché come organo della classe dominante e sede dei rapporti politici tra le classi, anche come rapporto politico e prodotto dello scontro tra le classi, per cui la distruzione dello stato come parte della natura del processo rivoluzionario, ha potuto e dovuto essere intesa non riduttivamente solo come distruzione dell’apparato statale, né, più correttamente, come distruzione (disarticolazione) del progetto politico dominante, ma senza considerarlo centrale non solo perché rispondente alle esigenze della borghesia imperialista come programma genericamente funzionale all’affermazione dei suoi interessi, ma perché nel rispondervi è progetto capace di realizzare l’inclusione del proletariato nella dinamica politico-istituzionale e quindi di garantire il rapporto politico tra le classi che lo stato borghese moderno nel quadro dei caratteri odierni dell’imperialismo assicura e con ciò la subalternità politica della classe dominata (e con ciò quindi svolge la concreta funzione di controrivoluzione preventiva). Eludere, nella considerazione del ruolo e delle politiche dello stato (inteso come istituzioni politiche e sociali nel loro complesso, non solo dunque lo stato in senso stretto, come “organi” costituzionali, ordinamento, etc. ma anche ciò a cui lo stato riconosce funzione pubblica), il ruolo che lo stato ha nell’esercitare il dominio politico della borghesia in chiave controrivoluzionaria impedisce infatti di comprendere che il programma politico di lotta contro lo stato rappresenta la possibilità di trasformare la lotta di classe in lotta di classe per il potere, cioè in guerra di classe, piano su cui la rappresentanza degli interessi generali del proletariato diventa programma politico concreto. Un’elusione da cui derivano necessariamente concezioni che separano la costruzione del proletariato sul piano dello scontro rivoluzionario su linee e modalità “politicamente” distinte dall’attacco politico-militare che viene realizzato, fino a ridurla a problematica organizzativistica, non essendo stata individuata la funzione politica anche rispetto alla lotta di classe che svolge l’attacco politico-militare, proprio perché lo stato non è stato considerato come rapporto politico tra le classi antagoniste che ha proprio in quanto tale una funzione controrivoluzionaria strutturale che dovrebbe impedire alla classe di sviluppare tendenze rivoluzionarie.

Rapporto politico che peraltro è un prodotto del complessivo scontro storico tra le classi e che perciò si è costruito-istituito in quanto e nella misura in cui ha capacità di reggere e sconfiggere le tendenze rivoluzionarie e che scaturiscono dalla oggettiva collocazione antagonista del proletariato nei rapporti sociali; è calibrata quindi ai rapporti politici e di forza che nello scontro si sono dati e deve diventarlo, non lo è sempre già a priori, ai rapporti che via via si determinano. È principalmente la centralità di questi termini che hanno costituito contenuto teorico degli avanzamenti raggiunti dalle BR-PCC nello scontro, che il rilancio ha potuto ricostruire nello scontro di classe il ruolo del programma politico di attacco allo stato, che per la strategia della L.A. praticata e proposta dall’Organizzazione non è mai stato impostato genericamente come mera espressione di un antagonismo di interessi e politico, nel perseguire in particolare in questa fase l’obiettivo storico di distruggere lo stato attraverso un concreto processo di disarticolazione politica operata con l’attacco militare alla progettualità politica nemica che si afferma come centrale nell’affrontamento delle condizioni dominanti che oppongono le classi nelle varie congiunture e fasi politiche in relazione ai nodi della crisi e del dominio della borghesia imperialista, progettualità che costruisce l’equilibrio dominante per far avanzare le linee di programma dello stato borghese.

Un attacco che, in quanto ha questo indirizzo politico generale, può assumere centralità nello scontro di classe, costituire un rapporto di forza esercitabile e finalizzabile a incidere sul piano su cui lo stato si rapporta alla classe, che è quello dello scontro di potere, colpendone il progetto e disarticolandone l’equilibrio politico con cui sostiene questo scontro e per come si articola nei suoi nodi-passaggi per irradiarsi nel complesso delle relazioni tra le classi, ed essere concreto esercizio di direzione rivoluzionaria del PCC in costruzione. Ovvero è il suo contenuto politico ciò che lo mette in grado di trasformare lo scontro di classe in scontro di potere, rispetto agli interessi generali contrapposti, al rapporto di forza, alla prospettiva storica aperta dalla realizzazione del programma di attacco allo stato e in guerra di classe in relazione alle fasi che il processo rivoluzionario matura. Un programma politico di disarticolazione dell’azione dello stato proposto alla classe, che definisce gli obiettivi programmatici che costituiscono nello scontro di classe il piano di lotta per il potere, e su di esso, la costruzione concreta del Partito Comunista Combattente e l’organizzazione e disposizione della classe sulla sua linea politica e programma. Disarticolazione del progetto dominante, il quale ha come sua funzione intrinseca quella di governare la crisi e il conflitto che caratterizzano il modo di produzione capitalistico e una società formata da classi antagoniste, conseguibile perché l’attacco allo stato con questi criteri, squilibra l’azione delle varie forze che concorrono a realizzarlo. L’attacco allo stato condotto con questi criteri esercita infatti una forza che non risiede nella sua sola forza militare, oggettivamente limitata nella fase di ricostruzione che si è determinata all’interno di quella più generale di Ritirata Strategica, ma, da un lato nella contraddizione dominante che oppone le classi e a cui il progetto politico dell’equilibrio politico dominante si prefigge di dare una soluzione antiproletaria e controrivoluzionaria in funzione degli interessi generali della borghesia imperialista governandone le contraddizioni antagonistiche convogliandole con un insieme di atti politici e militari nell’ambito delle compatibilità con il governo della crisi e nelle forme di rapporto istituzionalizzato con la classe. Usufruisce cioè della posizione strutturalmente difensiva della borghesia anche qualora fosse all’offensiva, borghesia che è obbligata a governare politicamente le contraddizioni di un modo di produzione e di un rapporto sociale storicamente superato. Dall’altro lato risiede nella forza politica del patrimonio politico sviluppato dalla rivoluzione comunista, dalla guerriglia e dalle BR-PCC in particolare. Motivi per cui l’attacco al cuore dello stato è linea strategica della sua disarticolazione politica, mentre il programma di disarticolazione-distruzione dello stato (e quello dialettico all’imperialismo per provocarne la completa crisi politica) e di costruzione del partito (e del Fronte Combattente Antimperialista) si realizza sulla linea politica con cui la guerriglia si relaziona alle fasi e congiunture politiche e il suo avanzamento si colloca nelle condizioni di fase dello scontro rivoluzione/controrivoluzione e si rapporta agli equilibri internazionali. Il rilancio della strategia della lotta armata è stato la risultante della tensione dell’avanguardia rivoluzionaria a portare la propria capacità offensiva e ruolo nello scontro al livello dell’attacco al cuore dello stato e della direzione rivoluzionaria esercitata dalle BR; obiettivo che ha imposto di confrontarsi con l’intero complesso delle contraddizioni e dei nodi politici che lo scontro rivoluzione/controrivoluzione poneva per dargli soluzione in avanti. Mediamente, infatti, alle spalle delle avanguardie che hanno dato vita agli NCC non c’era una storia rivoluzionaria di cui avessero memoria personale per una partecipazione diretta o, quando c’era, era ridotta fondamentalmente agli anni ’80, quindi tutta interna allo scatenamento dell’offensiva controrivoluzionaria e alla ridefinizione in senso neocorporativo della mediazione politica dello stato con il proletariato. Il riferimento al ricentramento operato dalla O. a seguito dell’apertura della Ritirata Strategica e la migliore conoscenza di questo periodo storico, faceva assumere i principi di impianto organici e maturi a cui le BR erano pervenute, ma associandoli come corrispettivo di prassi rivoluzionaria che li concretizzava a quella attività dell’O. pubblicamente visibile nella seconda metà degli anni ’80 in particolare e quindi fondamentalmente ridotta agli attacchi politico-militari che si sono succeduti e nel ritmo che hanno avuto. Inoltre nessuno aveva una idea reale o che rispecchiasse pratiche dell’O. in momenti in cui era fortemente destabilizzata, di ciò in cui consistesse il suo lavoro politico presso avanguardie rivoluzionarie e di classe, né di come l’O. sul finire degli anni ’80 avesse concepito di muoversi rispetto al problema della ricostruzione di tutti i termini per attrezzare la classe allo scontro prolungato con lo Stato che già si affacciava. D’altra parte la discontinuità organizzativa è il dato che consente e obbliga l’avanguardia rivoluzionaria allo sviluppo di ipotesi in merito a quello che potesse essere il quadro complessivo delle attività svolte dall’OCC che si intendeva costruire eccettuato ciò che si imponeva concretamente come una necessità dal momento che si voleva costruire una organizzazione stabile, con un logistico stabile, con militanti e strutture regolari etc. Non accade diversamente alle avanguardie rivoluzionarie che dall’azione delle BR-PCC di questi anni e al massimo dai documenti con cui la rivendicano, volessero ricavarne gli elementi per capire cosa devono fare nel complesso. In queste dinamiche oggettive risiede però anche il rischio di parzialità di ciò che può essere costruito pur avendo a disposizione un riferimento d’impianto e di patrimonio politico e di esperienza storica già matura. In particolare, anche a seguito del ’99, essendo l’OCC BR un’entità in costruzione, anche il rapporto più maturo con il patrimonio storico, si produce nello scontro e non a priori, ne esso si può ridurre alla semplice conoscenza teorica, anzi nel rapportarsi allo scontro affrontando i problemi politici che la situazione storica concreta propone, avendo però finalità e un’impostazione definita, questo porta a riesaminare categorie, principi e criteri che possono sembrare noti e ovvi e che invece vengono a fornire nuove armi per rapportarsi allo scontro ma anche evidenziando quanto il patrimonio della rivoluzione proletaria in Italia espresso dalle BR abbia raggiunto un elevato grado di maturità e attualità. Un patrimonio sui termini di conduzione della guerra di classe di lunga durata che alla fine degli anni ’80 raggiunge una definizione matura che riguarda il complesso dei termini su cui si sviluppa, nella definizione della fase rivoluzionaria, negli assi programmatici d’intervento, nei criteri attraverso cui l’attacco allo Stato può produrre il massimo di incidenza relativamente agli obiettivi della disarticolazione politica dello Stato e della sua capacità di esercizio di dominio politico sulla classe (e alla forza schierabile) ma anche nei caratteri organizzativi che la guerriglia deve assumere per far avanzare lo scontro, che non si limitano ai principi fondamentali di clandestinità e compartimentazione, ma definiscono anche il modulo politico-organizzativo adeguato, gli strumenti politico-organizzativi che possono far avanzare l’agire da Partito per costruire il Partito e costruire la forza adeguata a sostenere i compiti dello scontro prolungato con lo Stato e dell’organizzazione di classe su questo piano nelle dure condizioni di accerchiamento strategico in cui opera la guerriglia nella metropoli imperialista. In esso, l’attacco al cuore dello Stato e i criteri che lo qualificano, sono un termine impostativo fondamentale di tutti gli aspetti relativi alla conduzione della guerra di classe, e il nodo attraverso cui la guerriglia, nel rapporto di guerra che mette in atto con lo Stato, può impostare la sua azione combattente in maniera tale da esercitare effettivamente il ruolo di direzione politico-militare dello scontro di classe e rappresentando gli interessi generali e storici del proletariato. Averne la cognizione però non basta per affrontare tutti gli aspetti che consentono di far sviluppare la guerra di classe in ogni fase e nel loro procedere lineare. Se questo è l’unico termine con cui ci si rapporta alla contraddizione rivoluzione/controrivoluzione ci si disarma degli strumenti politici per esercitare un ruolo d’avanguardia. È necessario infatti utilizzare questi criteri per rapportarsi alle condizioni della fase rivoluzionaria in corso. Gli NCC hanno fin dalla loro nascita riferito il rilancio della iniziativa rivoluzionaria ad un problema di fase. Nel rapporto con l’impianto delle BR-PCC questo dato era ben chiaro, come era chiaro il fatto che la conduzione dello scontro dovesse riferirsi a condizioni di fase, per poterle superare e dare avanzamento al processo rivoluzionario. Anche i criteri dell’attacco al cuore dello Stato erano stati chiari fin dall’inizio grazie ad una corretta idea generale della natura e del ruolo dello Stato. Ciò fu alla base della concepibilità del criterio dell’attacco “nei nodi politici centrali”, non indiscriminatamente, ma rivolto a colpire il progetto politico centrale sugli assi programmatici definiti nell’impianto storico. Come pure dall’inizio c’è una identificazione della funzione portante svolta dal Patto neocorporativo nell’assetto politico-istituzionale complessivo. Nel merito della categoria dei “nodi politici centrali” nell’impostare l’iniziativa rivoluzionaria, la sua funzione è stata di distinguere la propulsività di attacco sui nodi centrali dalla scarsa a non propulsività di attacchi marginali o su piani che non siano quello classe/Stato. Questa categoria esprime cioè il principio dell’attacco sul piano di classe/Stato e non in un punto qualsiasi ma in un punto centrale nei rapporti politici e di forza tra le classi. Dato che i nodi politici centrali dello scontro esistono e lì si deve collocare l’iniziativa rivoluzionaria questa categoria ha una sua validità in particolare laddove non c’era una capacità di operare un’analisi politica, storica e complessiva che consenta di identificare la contraddizione dominante che oppone le classi, l’aspetto principale. Il progetto politico e centrale e i nodi su cui questo si articola e di definire una linea politica e un programma. Il limite di questa categoria è che non include in sé gli strumenti con cui un nucleo d’avanguardia possa concepire una linea politica, una progettualità rivoluzionaria con cui condurre lo scontro, non il singolo attacco. Quindi questa categoria ha una funzione decisiva e insostituibile per avviare una prassi rivoluzionaria, ma finisce per avere un ruolo riduttivo e infine negativo se viene assunto come punto di vista, perché limita la ricerca del come sviluppare una condotta della guerra. Un limite connesso è stato identificato nell’unicità dell’attacco portato dai NCC sui rispettivi assi programmatici. Limite rispetto alla propositività politica della prassi rivoluzionaria che è data dalla capacità del combattimento di articolare la corretta linea politica, linea su cui si costruisce lo scontro di potere, mentre l’unicità di attacco o la sua episodicità limita la possibilità di far assumere al combattimento il ruolo dia articolazione di una linea politica, di un programma politico e tende a qualificare l’iniziativa rivoluzionaria esclusivamente nel suo ruolo di esercizio isolato di forza contro il nemico di classe, di espressione di autonomia politica di classe in un singolo passaggio nel rapporto con gli interessi generali del proletariato. Un limite che si riflette nei termini politici che vengono immessi nello scontro che non sono sufficienti a definire il ruolo politico della prassi combattente e la natura di uno scontro sul terreno del potere; insufficienza che può generare un processo di dialettica politica che tende a relazionarsi all’aspetto ideologico e di prospettiva che l’iniziativa apre, piuttosto che all’aspetto politico e strategico per la classe a cui viene proposta e per le forze che la realizzano, per le quali risulta sminuito il ruolo della prassi combattente come punto di sintesi dell’elaborazione politica e il ruolo stesso dell’elaborazione politica nel consentire l’incisività dell’attacco militare, con risvolti anche nella costruzione della soggettività militante e organizzativa come mancata valorizzazione del ruolo che effettivamente si esercita nello scontro rispetto agli interessi storici della classe nel dirigerla ad assumere il piano e l’indirizzo per il loro conseguimento aspetto che non contrasta la tendenza spontanea a considerare in modo particolaristico il proprio ruolo invece che in rapporto al movimento generale dello scontro. Inoltre l’aspetto principale dell’iniziativa politico-militare degli NCC non è stato il suo ruolo in sé, per l’effetto politico che produceva nello scontro per quanto delimitato potesse essere la funzione politica che finiva per assumere nella coscienza politica, era quella di iniziative rivoluzionarie funzionali a determinare condizioni politico-militari e materiali per rilanciare l’attacco al cuore dello Stato e dunque ad aggregare le forze. Era dominante un approccio meccanico al riconoscimento dell’essere nella Fase di Ricostruzione e al dovere fare i conti con il piano particolare dell’esiguità delle forze organizzate. Su questo incideva principalmente la difficoltà dell’assunzione di un punto di vista informato dall’unità del politico e del militare su tutti i piani che riduceva la possibilità di fare delle iniziative un momento di impostazione di un modo generale per affrontare tutti i complessi termini di sviluppo della guerra di classe, per inquadrare il ruolo del “combattimento” nel far avanzare il processo rivoluzionario e nel suo rapporto con lo scontro di classe in relazione ai vari piani su cui si sviluppa la guerra di classe di lunga durata, ovvero il suo essere “modo” in cui si sviluppa il processo di guerra e su cui si lavora alla costruzione del PCC (e del FCA) qualunque sia il carattere della fase. Perché per la natura dello Stato e dell’imperialismo, l’avanzamento rispetto agli obiettivi che qualificano le condizioni di fase, proprio perché fasi di una guerra di classe, si realizza sempre e comunque come concreti risultati dei combattimenti realizzati, risultati politico-militari. E gli aspetti di programma che rappresentano più specificatamente l’organizzazione della classe intorno ad esso, definiscono le proprie condizioni politiche e materiali intorno al rapporto di scontro con il nemico, avendo presente che il nemico non è un’entità militare, come in una guerra convenzionale, né una forza politica, ma è lo Stato, che ha un ruolo di governo della crisi e del conflitto con una classe strutturalmente antagonista.

In conclusione le iniziative degli NCC erano strumentali, ma dato che lo erano ad elevare la capacità di “disarticolazione” e dato che per elevare questa facoltà occorreva costruire molte condizioni politiche, militari, ecc., così che i problemi della fase comunque venivano affrontati, questa strumentalità non ha portato fuori strada, ma solo a una parzialità e relativa disorganicità. Essa ha però concretamente pesato come indebolimento della capacità di costruire una soggettività militante sulla base dell’assunzione della lotta per il potere per affermare gli interessi generali del proletariato di contro a quelli della BI, in quanto si esprimeva debolmente la “ragione sociale” del ruolo e propositività degli NCC. Una propositività che avrebbe dovuto risiedere nell’articolare la corretta linea politica su cui costruendo lo scontro di potere maturassero le rotture soggettive che portassero ad assumere un piano politico e politico-militare riferito all’imposizione degli interessi generali e storici del proletariato, come propria identità e obiettivo di lotta e a costruirsi e formarsi relazionandosi e responsabilizzandosi rispetto a obiettivi di programma politico e non solo rispetto alle attività programmatiche. Elementi inquadrabili e misurabili nei condizionamenti imposti all’epoca del rapporto con la controrivoluzione e nella durezza delle condizioni politiche e materiali che concretamente si manifestavano nelle limitate capacità soggettive e collettive sia sul piano politico che militare. Con ciò nonostante l’inevitabile contraddittorietà di un processo del genere, altre strade sono state estranee all’impianto della strategia della LA e un arretramento rispetto alle conquiste politiche maturate dal proletariato italiano sul terreno della lotta per il potere. Un processo contraddittorio che ha fatto sì che il salto all’attacco al Patto di Natale, con l’azione D’Antona, fosse sostenuto da un’idea piatta e minimale dell’attacco al cuore dello Stato e della Fase di Ricostruzione, che però, concependo e vedendo la complessità dei termini che andavano ricostruiti e vedendoli nello scontro generale, perché sulla soggettività degli NCC si rifletteva il fatto che aggregavano avanguardie di lotta che avevano fatto esperienze di conduzione di lotte e sapevano che cosa andava capito e affrontato per far muovere una forza potenziale collettiva, identifica lo stadio aggregativo che attraversa la fase. Ma alla fine questo programmaticamente si riduceva a costruire i termini politici e operativo-militari che consentivano un agire organizzato. Il che non era poco, ma non raggiungeva una dimensione politico-strategica del problema. Soprattutto era difficile concepire come il problema con cui misurarsi fosse sia quello di identificare come fare a rapportare un’opzione tipicamente offensiva, come quella che le BR propongono, a una classe in difensiva (dal momento che veniva a mancare il piano comune, quello politico soggettivamente perseguito quanto meno come obiettivo di conquista di strumenti egualitari, di garanzia, ecc. come era stato negli anni ’70 su cui istituire una dialettica che potesse consistere nell’elevare i singoli obiettivi politici all’obiettivo storico della presa del potere; non c’era niente da elevare, il piano era comune solo perché era oggettivo, non c’era una disposizione allo scontro politico della classe); sia quello di concepire un processo rivoluzionario come un processo che richiede che l’avanguardia comunista si faccia carico di portare la classe sul piano del potere assumendolo in prima persona, e non di attendere che questa ci si disponga, ne tanto meno di propagandarlo ideologicamente sul piano di scontro compresso, ma sempre presente, tra capitale e lavoro.

Con l’iniziativa del ’99 le contraddizioni di cui è portatrice la forza rivoluzionaria organizzata che la produce vengono a saturazione ponendo un problema acuto di crescita radicamento e qualificazione delle forze organizzate e la forte esigenza di trovare una risoluzione al problema della costruzione del militante complessivo che viene affrontato dall’O. nella consapevolezza della necessità di realizzare un mutamento soggettivo complessivo per assolvere al ruolo nuovo esercitato nei confronti della classe contro lo Stato. Il problema della costruzione si presentava come richiedente un affrontamento globale, eccettuati i principi di impianto perché l’esperienza e condizione raggiunta dimostravano non esserci risoluzioni riproducibili valide in questo campo e perché ora la classe guardava alle BR-PCC con interesse storico e lo Stato con interesse di annientamento primario, mentre gli NCC non erano mai entrati in rapporti di questo genere. I problemi individuati erano che fossero stati dispersi nel campo di classe i termini per concepire uno scontro rivoluzionario e combatterlo, un fatto manifesto anche nelle forze aggregate, che non ci fosse un’idea del processo rivoluzionario e di ciò in cui dovesse consistere la prassi rivoluzionaria complessiva, che la costruzione non si risolvesse con meccanismi di aggregazione e reclutamento che avviassero una partecipazione al programma che riuscisse a formare come militanti complessivi né che fosse scontato il ventaglio minimo complessivo di funzioni che una forza rivoluzionaria o il militante rivoluzionario devono assolvere per costruire le BR-PCC nel loro ruolo di nucleo fondante il Partito. L’O. comprendeva che l’assunzione del terreno della lotta per il potere non richiede solo una coscienza teorica dell’esistenza di uno scontro di potere, ma una rottura soggettiva che porti ad assumere un piano politico e politico-militare riferito alla imposizione degli interessi generali e storici del proletariato come propria identità ed obiettivi di lotta, che non si determinava con il semplice inserimento in una forza organizzata perché occorre che le forze si relazionino e responsabilizzino rispetto ad obiettivi di programma politico. E che dunque era necessario che il programma dell’O. si estendesse affinché riuscisse effettivamente a finalizzare questa attivazione dell’avanzamento degli obiettivi generali di sviluppo della guerra, e che andasse trovata, stante l’estrema esiguità delle forze della guerriglia, una risposta politica all’impossibilità di centralizzare organizzativamente dialettiche con la proposta dell’O. sia perché non raggiungibili sia perché non sufficientemente mature per essere aggregate in istanze di confronto suscettibili di sviluppo organizzativo. Che un’alternativa all’impossibilità di una centralizzazione organizzativa delle dialettiche potesse essere trovata e finalizzata a degli obiettivi era concepibile perché il percorso del rilancio parte dagli NCC e gli NCC stessi erano stati la dimostrazione della possibilità di costruirsi in riferimento alla progettualità delle BR attraverso una dialettica politica, senza un rapporto organizzativo con le BR stesse. Anzi con questo era dimostrato e in questo erano sviluppati gli elementi di impianto strategico che è possibile produrre un processo di costruzione di autonomia che sia nello stesso tempo passaggio di costruzione del Partito, perché è realizzato un piano di attivazione centralizzato politicamente, che esalta la capacità della linea politica e del programma dell’O. Di essere elementi concreti di direzione sulla classe e sul campo rivoluzionario. Gli obiettivi potevano essere quelli di un avanzamento del punto a cui erano approdate queste dialettiche, di un rafforzamento dell’autonomia di classe che le esprimeva di un concorso di qualche genere all’avanzamento degli obiettivi di fase dell’O. E potevano essere importanti anche perché anche nel campo dello schieramento di avanguardie che hanno il proprio riferimento nella proposta delle BR, si era sedimentata una posizione dominante non necessariamente espressione di opportunismo o immaturità che non l’assumeva effettivamente come proposta politico-strategica sulla quale mobilitarsi e organizzarsi pena l’inconsistenza di un apporto alla lotta rivoluzionaria ma che riteneva di poterla far vivere “prolungandola” nel movimento con la funzione di politicizzare le lotte ed elevare il loro livello, come se questo obiettivo si potesse distinguere dal problema generale e complessivo di come sostenere uno scontro con il nemico sul piano del potere. Una contraddittorietà oggettiva di orientamento che fa approdare in generale alla constatazione della propria impotenza e alla sgretolamento della propria iniziativa politica. Tali problematiche generali proprio perché generali investivano anche le forze organizzate, le soluzioni quindi avrebbero consentito anche una riqualificazione dei militanti. In sintesi dopo l’iniziativa D’Antona gli elementi di sviluppo dell’elaborazione politica si danno intorno al principio della costruzione e formazione delle forze rivoluzionarie e proletarie come da realizzare sul piano della mobilitazione nello scontro su obiettivi e contenuti politici offensivi, nei suoi punti più avanzati in prassi combattente, e in quanto tali da orientare alla centralizzazione politica e con forze organizzative rapportate al nodo dello scontro prolungato con lo Stato, quindi su un piano armato e clandestino, con forze che si costruiscono intorno al problema di operare i passaggi politici necessari a collocare la propria iniziativa nello scontro di classe e riassumibile nell’obiettivo di rendere praticabile la costruzione di NPR. Infine viene riconosciuta l’opportunità della continuità dell’attacco nei nodi centrali su cui trovava sviluppo e riadeguamento il progetto politico attaccato dall’O. Nodi che furono individuati nei passaggi di regolazione restrittiva del diritto di sciopero e della trasformazione dei rapporti contrattuali in senso favorevole alle esigenze della BI, come termini dei rapporti politici e di forza tra le classi che con la loro risoluzione antiproletaria e controrivoluzionaria avrebbero riformato l’ordinamento dei rapporti tra le classi in merito, con conseguenze complessive. E proprio per questo erano nodi centrali a cui si rapportava l’azione dello Stato che doveva operare questo processo di riforma e ristrutturazione complessiva del sistema economico-sociale e perciò doveva avere una progettualità e degli equilibri politici che consentissero di realizzare queste forzature ma anche di riorganizzare in nuove forme i rapporti tra le classi e il loro conflitto, sempre finalizzate alla subordinazione politica del proletariato e all’istituzionalizzazione del conflitto di classe, ma su un’altra base di rapporti di forza. Per tutto ciò il complesso di questi attacchi a partire dal ’99 possono rappresentare e rendere più tangibile il modo con cui l’avanguardia rivoluzionaria deve mettere in atto l’attacco allo Stato in una fase della guerra in cui l’obiettivo è quello della disarticolazione politica, e da questa capacità di produrla, determinare le condizioni politiche potenziali per poter spostare forze proletarie sul terreno della lotta per il potere. L’insieme degli attacchi ’99-01 (a cui faranno seguito l’iniziativa Biagi e l’azione siglata NPC) può farlo perché è riconoscibile nello specifico programma politico che, mettendo in atto uno scontro impostato da un obiettivo offensivo nella prospettiva della distruzione dello Stato, ha rappresentato gli interessi generali della classe e un rapporto di forza esercitabile e finalizzabile sul piano su cui la borghesia porta il suo attacco, che è quello dello scontro di potere tra le classi che si specificava su quel progetto e nei suoi nodi. Al di là del limite che nel concepire vi si sia riflessa una visione ancora riduttiva della funzione che potevano svolgere il ruolo generale che assumono le iniziative 2000-01 per l’avanzamento politico dell’O. è consistito nella funzione di indicare un possibile processo di disarticolazione collegato all’indirizzo strategico espresso dall’iniziativa del ’99, che al contempo fosse terreno di partecipazione allo scontro di potere e per il potere delle avanguardie che si dialettizzavano con l’opzione rilanciata dall’iniziativa D’Antona. Così a seguito della verifica del programma 2000-’01, la base su cui operare la trasformazione soggettiva necessaria a supportare il salto compiuto con il ’99 ruota su due aspetti:

  1. l’ampliamento del concetto di disarticolazione, fino a quel momento inteso riduttivamente, una visione riduttiva a cui non è stato estraneo nella coscienza di essere tutti interni alla Fase della Ritirata Strategica un rapporto politico riduttivo con la prassi rivoluzionaria dell’O. fino agli inizia degli anni ’80 quando l’O. si era spinta su posizioni non avanzate ma insostenibili, rapporto giustificato dalla valutazione che in quel periodo storico diversi elementi di impianto fossero inadeguatamente definiti, ciò ha portato ad escludere quel periodo come termine di riferimento per una comprensione complessiva delle indicazioni che pure emerse dallo “spingersi in avanti” dell’O. e cioè di una disarticolazione che seppur rivolta erroneamente in quel contesto contro gli apparati dello Stato, però tendeva sempre ad articolarsi e di come questo fosse un termine che indicava come il processo rivoluzionario dovesse svilupparsi e che comunque per uscire dalla Ritirata Strategica occorra costruire condizioni e posizioni che consentano questo sviluppo della guerra di classe, alle quali quindi occorre riferirsi progettualmente e programmaticamente e quindi anche nel modo in cui si costruisce forza rivoluzionaria affinché sia adeguata a questa prospettiva. Un ampliamento del concetto di disarticolazione che prima si riduceva ad effetto del singolo attacco, rispecchiando l’esperienza sociale che le forze avevano della prassi dell’O. e che ora viene ad essere intesa come risultante proporzionale di una linea di attacco in funzione della qualità, quantità e livello degli attacchi;
  2. l’ampliamento della visione dei compiti dell’OCC anche ad un piano, quello della costruzione di organizzazione che non può essere considerato un compito puramente clandestino e svolto nei rapporti privati intessuti tra le avanguardie e i militanti, essendo la condizione storica della classe di tipo difensivo e politicamente subalterno e potendo essere questa contrastata stabilmente, come alternativa necessaria e possibile, solo dall’attivazione proletaria rivoluzionaria, a carattere offensivo e autonomo, quale principale termine di battaglia politica ed efficacia per condurre battaglie politiche per linee interne al movimento di classe, che non siano solo delle iniziali premesse, sempre isolabili e accerchiabili. Con ciò diventava concepibile un’alternativa all’impossibilità di una centralizzazione organizzativa delle dialettiche originate dalla oggettività del piano di scontro comune. Infine, per quanto riguarda gli effetti delle iniziative 2000-2002 siglate Nuclei, per l’O. il punto non è stato né che le iniziative strutturassero dei nuclei nell’immediato né che producessero altri nuclei che si disponessero spontaneamente, questo sia perché non può avvenire in questa fase a carattere controrivoluzionario, sia soprattutto perché dato che l’O., proprio perché è un Partito in costruzione, ha interesse che sul piano di lotta da esso proposto, di lotta per il potere, nei modi organizzativi e di iniziativa da essa proposti e sulle linee si determini una mobilitazione della classe, a partire dalle sue avanguardie, perché se questa mobilitazione non si dà o non si sviluppa, anche la sua possibilità di costruirsi come Partito si erode e si svilisce. E che l’agire politico dell’O. non sia rivolto a determinare una disposizione spontanea di nuclei intorno alla propria azione politica, ma una disposizione centralizzata, è funzione dell’efficacia della linea politica dell’O., proporzionale allo stato dei rapporti di forza politici tra classe e Stato, per cui i risultati in questa fase sono inevitabilmente limitati e contraddittori ma ciò non può indurre al gradualismo su quelli che sono i compiti strategici di un nucleo fondante il Partito, ma deve solo esprimersi in una linearità programmatica. L’O. per superare le contraddizioni e risolvere le problematiche dello stadio aggregativo della Fase di Ricostruzione ha scelto di rapportarsi alle dialettiche che si sviluppano con la sua proposta avanzando la propositività dei Nuclei Proletari Rivoluzionari invece che un’ipotesi di aggregazione diretta intorno alle BR perché il problema in questa fase è il salto e la frattura che si deve determinare concretamente sul piano politico dello scontro, che consiste nella capacità della soggettività di classe di assumere una posizione nello scontro per il potere, concretamente. Non si tratta di istituire sedi di dibattito per verificare l’omogeneità politica sull’impianto e la linea dell’O. e la capacità di operare disciplinatamente il lavoro rivoluzionario, ma anzi il confronto con le avanguardie di classe e rivoluzionarie non può avere questo scopo se non raggiunge l’obiettivo della costruzione di una posizione sul nodo del potere perché chi non pratica già uno scontro di potere o per il potere non ha necessità di optare per la strategia valida; questa necessità esiste solo nella misura in cui si colloca nella frattura dell’assunzione di questo piano di scontro, altrimenti è sovrastruttura ideologica. E se oggi per i rapporti di forza politici che si sono determinati storicamente, solo il riferimento alla lotta armata consente di assumere questo piano, deve esserci un’attivazione che abbia connotati politico-militari organizzativi idonei a corrispondere a un passaggio di fratture e non invece idonei a un passaggio di elevamento, di riadeguamento, di candidatura al reclutamento, ecc. Per queste ragioni la proposta dei nuclei e del loro tipo di attività è stata ritenuta essere quella adatta ad istituire i termini per cui può essere impostata la formazione di una militanza complessiva, impostarne il mandato e i termini di responsabilità complessivi su cui poter costruire strutture di O. e raggiungere l’obiettivo della ricostruzione dell’OCC. Infatti il problema politico generale non è quello della riqualificazione dei militanti perché questi rappresentano ciò che è maturato e stato compresso nello scontro di questi anni, ma è ciò che deve essere fatto maturare nello scontro, che è la frattura nell’assunzione del piano politico di scontro, rispetto alla esclusione operata dalla ridefinizione in termini neocorporativi della mediazione politica tra classe e Stato e dalla irreggimentazione tendenziale del conflitto di classe. E le avanguardie rivoluzionarie si possono formare e verificare come militanti complessivi perché praticano e propongono questa frattura e costruiscono la propria capacità di conduzione della classe su questo terreno non secondo un indirizzo qualsiasi, ma nella misura in cui sono capaci di riferirsi alla linea e al programma dell’O. diventano efficaci in questo ruolo. Una linea politica con questo carattere si relaziona al dato di fase che se non viene logorata questa mediazione politica, a partire dalle fratture d’avanguardia, non si dà nessuna uscita dalla Ritirata Strategica perché le posizioni perse per l’inadeguatezza della forza rivoluzionaria costruita, e quindi perciò non assestabili, non sono riconquistabili fuori da un quadro di scontro complessivo che non abbia conseguito delle trasformazioni sostanziali che riguardano la posizione della classe nello scontro rispetto allo Stato che rovesci l’effetto controrivoluzionario della sconfitta inflitta alle forze rivoluzionarie che venne riversata sulla classe. Del resto, questo indirizzo poteva essere la risposta politica cercata da una forza come l’O. senza un’organizzazione assestata, un dato particolare che rappresenta il generale della costruzione delle forze rivoluzionarie e proletarie un problema strategico e non solo di fase, perché ci saranno sempre avanguardie rivoluzionarie e di classe non formate su un piano di scontro politico, non attrezzate dagli strumenti che solo il Partito, o il PCC in costruzione, può mettere a disposizione, il problema dunque è generale e non può avere una soluzione semplicemente operativa, ma deve essere politica, deve essere assunto politicamente il dato necessario e che si riproduce fino a che non si possiede effettivamente il Partito.

Inoltre, a maggiore ragione per un Partito di quadri che è in costruzione, non è completo, non è ovunque funzionante e funzionale, si impone di esercitare il proprio raggio d’azione in misura più ampia di quanto non riesca a fare per sua azione operativa diretta. Deve avere quindi funzione di stimolo e coagulo al fine che le forze potenziali si mobilitino nel migliore dei modi e questo deve essere perseguito progettualmente e non deve essere una mera risultante della sua azione. E nella misura in cui riesce a farlo, da un lato ottiene che la sua proposta si espande nello scontro come concreta espansione dell’attacco, della disarticolazione e della costruzione di forze rivoluzionarie, dall’altra che le dialettiche politiche e le potenzialità organizzative si sviluppano. Un aspetto reso più rilevante dal fatto che il problema per tutta una fase non è mai solo quello della mobilitazione di un numero sempre maggiore di avanguardie rivoluzionarie sul programma dell’O., né di semplice reclutamento di ulteriori militanti per completare o rafforzare delle strutture, ma di integrazione di militanti, con caratteristiche di quadri affinché si possa dar vita a delle strutture. Con questi elementi di indirizzo, che insieme agli approfondimenti teorici sul modulo politico-organizzativo della guerriglia, sulla natura materiale di esercito del PCC in costruzione per il carattere politico-militare di tutte le sue attività anche quelle che in sé non hanno natura militare, a partire dal dibattito politico, e con la precisazione nella funzione del metodo politico-organizzativo in riferimento a questo carattere della sua prassi l’O. realizza il suo programma di combattimento del 2002. Elementi che seppure non hanno raggiunto la sistematicità, la forma e il ruolo di una risoluzione strategica, ne hanno costituito il contenuto, attestato nello scontro. Per questo il rilancio della strategia della Lotta Armata con l’attacco ai progetti di riforma e rimodellazione economico-sociale dello Stato ha intaccato in profondità il rapporto politico neocorporativo che la borghesia aveva costruito in 20 anni nello scontro con il proletariato assestandone la subalternità. Rapporto neocorporativo che aveva costituito una linea dell’offensiva controrivoluzionaria degli anni ’80 tesa a divaricare lo scontro di classe e le istanze di potere che esprimeva, dall’opzione e dal piano rivoluzionario proposti dalle BR e che, nella misura in cui venivano inferti duri colpi alla guerriglia, diventava termine di rafforzamento politico dello Stato e della posizione dominante della BI.

L’attacco allo Stato sulle linee politiche e strategiche fatte avanzare dall’O., agendo come un cuneo nel rapporto tra Stato e classe, si è ripercosso nella dialettica con la classe aprendo un varco offensivo nella sua difensiva politicizzandone e rafforzandone la resistenza e le sue istanze e iniziative autonome che andavano a convergere intorno ai danni provocati dall’intervento dell’O., hanno approfondito al difficoltà dello Stato di ricomporre e ricucire lo strappo subito. Una dinamica che ha prevalso sui ripetuti tentativi di accerchiamento dell’opposizione di classe messi in campo dal nemico in particolare a seguito dei successi militari della controguerriglia, per riprendere la sua offensiva antiproletaria e controrivoluzionaria. Una dialettica che ha rappresentato la ricostruzione nello scontro generale tra le classi del dato politico del rapporto storicamente instaurato dalle BR con l’autonomia di classe nella fase della propaganda armata e che oggi è il prodotto di un avanzamento del processo rivoluzionario e costituisce una verifica storica di come l’avanguardia comunista combattente può far avanzare la strategia della lotta armata in questa fase. Un dato non inficiabile in alcun modo dalla dispersione di strutture rivoluzionarie in quanto la strategia per la conquista del potere adeguata a combattere le forme di dominio contemporanee dell’imperialismo, non essendo rimovibili la cause che l’hanno resa necessaria al proletariato, attinge dalla classe stessa le forze per avanzare ulteriormente, come il rilancio stesso ha dimostrato. In particolare oggi, pur in un quadro di processi aggregativi, del resto propri alla fase. L’avanguardia comunista combattente che dall’attacco muove alla costruzione e organizzazione della forze sulla lotta armata per avanzare sul piano della fase e della costruzione del PCC, dispone di superiori margini politici e verifiche di spessore strategico rispetto agli anni ’90, mentre i margini di cui usufruiva la BI hanno subito erosioni non solo sul piano interno, ma anche sul piano internazionale dove sull’equilibrio e stabilità dello schieramento imperialista pesa il portato dell’attuale crisi della coesione europea e le linee di guerra e di controrivoluzione per rafforzare, approfondire ed estendere il suo dominio non hanno affatto potuto dispiegarsi secondo i programmi previsti ma devono fare i conti con la guerriglia irakena e afghana e con la resistenza libanese e palestinese ai suoi disegni di integrazione economica e politica del Medio Oriente, che presuppongono la rinuncia di questi popoli alla proprie istanze nazionali, il loro disarmo e la loro sottomissione all’imperialismo. Ostacoli concreti che incidono sulla tenuta dello schieramento imperialista mantenendone aperte le contraddizioni.

Come militanti BR-PCC che hanno lavorato al rilancio e a ricostruire i termini complessivi politico-militari occorrenti a far avanzare lo scontro rivoluzionario siamo in quest’aula al solo scopo di rivendicare la nostra militanza e tutta l’attività dell’O e per misurarci con il compito di rappresentare gli avanzamenti del processo rivoluzionario conquistati dalla strategia della lotta armata che le BR propongono a tutta la classe.

La rivoluzione non si processa! Per questi motivi non abbiamo interesse né intendiamo presenziare alla lettura della sentenza.

Attaccare il progetto antiproletario e controrivoluzionario di rimodellazione economico-sociale e di riforma politico-istituzionale teso a rafforzare il dominio della borghesia imperialista.

Lavorare alla ricostruzione delle forze rivoluzionarie e proletarie sul terreno della Lotta Armata e degli strumenti politico-organizzativi per rilanciare l’iniziativa offensiva e far avanzare i termini attuali della guerra di classe.

Attaccare le politiche centrali dell’imperialismo nelle sue strategie di guerra e controrivoluzione oggi concretizzate nell’occupazione dell’Iraq.

Lavorare alla costruzione del Fronte Combattente Antimperialista con tutte le forze rivoluzionarie e antimperialiste dell’area europeo-mediterraneo-mediorientale per portare l’attacco contro il nemico comune, facendo vivere gli interessi comuni del proletariato e dei popoli della Regione.

Onore al compagno Mario Galesi caduto combattendo per il comunismo!

Onore a tutti i combattenti rivoluzionari e antimperialisti caduti!

W la Strategia della Lotta Armata!

W l’intifada palestinese e la guerra di liberazione irakena!

Proletari di tutti i paesi uniamoci!

 

I militanti delle Brigate Rosse per la costruzione del PCC:
Nadia Lioce
Roberto Morandi

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