Tribunale di Bologna, processo Biagi. Documento di Nadia Lioce e Roberto Morandi depositato agli atti dell’udienza preliminare del 5 ottobre 2004

Avviando la stagione dei processi a seguito delle operazioni antiguerriglia del 2003 lo Stato riaffermando il suo potere e dandogli risalto mediatico, lungi dal poter celebrare una vittoria politica (pol) contro le BR‑PCC, ambisce a sfruttare al meglio i risultati militari conseguiti riversandoli sul campo di classe e riv nel tentativo di demoralizzarlo e di contrastare il peso dominante del rilancio della strategia della LA nei rapporti generali tra le classi. Ciò perché rimane irrisolto per lo Stato il problema di impedire che le istanze autonome che emergono da un’opposizione di classe rafforzata politicamente dal rilancio, si leghino con l’opzione rivoluzionaria (riv) proposta dalle BR‑PCC quale alternativa alla crisi e alla guerra imperialista (imp). Così tenta di colpire il ruolo di direzione riv che l’Organizzazione (O) svolge da 30 anni nel nostro paese, e di far fronte allo specifico impatto nel rapporto rivoluzione/controrivoluzione (r/c) che ha avuto il rilancio, il quale, per la sua valenza storica, non è affatto rimesso in discussione dalle perdite subite in quest’anno dalle BR-PCC sempre possibili per le forze riv e a maggior ragione nello stadio aggregativo (SA) della Fase di Ricostruzione che attraversa il processo riv. Un ruolo di direzione, quello delle BR, svolto perché l’attacco al cuore dello Stato incide nei rapporti generali tra le classi, ostacolando la realizzazione lineare dei programmi antiproletari e controriv della BI e indebolendo la tenuta degli equilibri pol‑sociali che li sostengono contrapponendovi l’interesse generale e pol del proletariato (prol); perciò è in grado di modificare le posizioni nello scontro a favore del campo prol e riv. Una capacità quella dell’attacco nei nodi pol centrali che oppongono la classe allo Stato che emerge con chiarezza dalla rivitalizzazione che negli ultimi anni ha caratterizzato le lotte e dalla maggior tenuta dell’autonomia di classe a fronte dei continui attacchi, accerchiamenti o manovre di depotenziamento e neutralizzazione a cui vengono sottoposte nel quadro delle politiche neocorporative e della mediazione politica attestata nelle relazioni generali tra le classi. In un contesto economico e pol segnato da una crisi sempre più profonda del MPU e del dominio della BI, alla quale la borghesia nostrana non può rispondere che con programmi di intensificazione dello sfruttamento e di impoverimento e spingendo alla partecipazione alla guerra e alla controrivoluzione imp diretta dal polo dominante USA e dalla NATO, lo Stato borghese cerca di fare dell’apertura dei processi un momento di attacco politico alle BR e alla proposta della strategia della LA che rivolgono a tutta la classe e, per colpire il ruolo di direzione e la funzione riv che svolge nello scontro, nega la realtà politica del processo riv per propagandare l’irriproducibilità nello scontro attuale dell’opzione riv., della strategia della LA e dell’avanguardia rivoluzionaria. Perciò mentre costringe i processi reali nelle ricostruzioni giudiziarie strumentali al suo fine politico, cerca di utilizzare in vario modo i prigionieri, ostaggi nelle sue mani, sfruttandone le figure riv che per ciò stesso rappresentano per contrastare l’avanzamento politico nella costruzione del PCC sancito dal rilancio, da un lato contrastando e stravolgendo la condotta, inscritta nel solco storico di una tradizione centenaria, di rivendicazione della propria identità militante da parte di prigionieri rivoluzionari, e di riadeguamento politico dei militanti BR prigionieri agli indirizzi dell’O. in attività. Dall’altro, esaltando la condotta di ostaggi che lo Stato è riuscito a rendere propri strumenti nell’attacco pol alle BR‑PCC e alla classe che rappresentano, che usa per incidere a suo favore nelle contraddizioni (cd) della soggettività di classe nel processo di emancipazione dalla condizione di subaltemità politica a cui la borghesia vorrebbe condannare il proletariato. Ciò mentre vengono esercitate pressioni d’ogni genere sullo schieramento di classe, criminalizzandone preventivamente ed emergenzialmente anche le espressioni di dissenso, quale modo con cui lo Stato fa fronte all’attuale grado di approfondimento del rapporto r/c riadeguandosi ad esso, per costringere la classe ad arretrare e affinché le sue avanguardie non assumano il solo terreno, quello riv della LA, su cui può essere data risposta strategica al problema pol di trasformare i rapporti di forza (rdf) a favore del proletariato e dargli prospettiva di potere. Un piano questo su cui è coeso l’intero quadro pol e sindacale in stretto coordinamento con il Ministero dell’Interno. Inoltre, seguendo in generale una specifica linea antiguerriglia verso gli arrestati e la base sociale della LA, attraverso la minaccia di pesanti condanne e facendo di questa e dei suoi esiti favorevoli allo Stato un mezzo di intimidazione e deterrenza verso il campo di classe e rivoluzionario si cerca di depotenziare il ruolo degli interessi generali e storici del prol a partire dai quali l’avanguardia comunista combattente costruisce la progettualità riv., il rapporto di scontro con lo Stato e la BI e la stessa soggettività riv di classe. Si cerca cioè di svuotare e negare la reale sostanza della soggettività riv di classe, il percorso di rotture e salti nella soggettività di classe da una condizione di subalternità all’assunzione di responsabilità pol d’avanguardia sul terreno della guerra di classe, adeguandosi ai termini attuali del rapporto r/c e relazionandosi offensivamente ai nodi centrali dello scontro generale per raggiungere la capacità politico‑militare complessiva idonea a dirigere il processo riv.. Lo scopo di queste linee pol di attacco dello Stato alla guerriglia è di confondere lo schieramento di classe e riv., ma allo stesso tempo rivelano a quale livello radicale si collochi ormai il pericolo riv per il potere della borghesia, non potendo contrastare politicamente in altro modo la propositività della strategia della LA e la centralità che ha acquisito nella storia dello scontro di potere tra le classi nel nostro paese.

È un fatto che il rilancio dell’opzione riv e della strategia della LA con le azioni del 99 e del 2002, ha attestato la risposta riv a quanto la BI e lo Stato avevano conseguito negli anni 80 e consolidato negli anni 90 dell’esito del duplice processo controrivoluzionario, da un lato come mutamento dei rdf storici tra BI e PI, e dall’altro, sul piano nazionale, come modifica in senso neocorporativo della mediazione politica tra le classi antagoniste con la strutturazione sul piano pol‑istituzionale, con il processo di esecutivizzazione, i patti sociali e il maggioritario, della mediabilità politica degli interessi proletari solo in quanto parziali, transitori e funzionali alle istanze e agli obiettivi della BI, ovvero come stabilizzazione nei rapporti generali tra le classi della subalternità politica del proletariato come sostanza della “democrazia governante”, fattori entrambi che contrassegnano il mutamento di fase storica complessivo a cui l’avanguardia riv fa fronte e nel quale si trova ad operare. L’avanguardia riv misurandosi, in specifico con l’intervento del 1999, con il compito di ricostruire proprio in questo quadro politico‑storico, la capacità pol‑militare di immettere offensivamente nella cd dominante in quella congiuntura gli interessi generali e storici del proletariato e la sua autonomia pol., ha potuto collocarli su un punto di forza e rappresentarli nello scontro facendo fronte alle cd dello SA della Fase di Ricostruzione delle Forze Riv e Proletarie e, dando soluzione in avanti alle sue problematiche, ha aperto un varco nella difensiva su cui era attestata la classe, in un contesto di interruzione dell’intervento combattente dell’O., sotto la prolungata offensiva dispiegata dalla BI e dal suo Stato.

Il patto di Natale del 99 costituiva infatti quel passaggio di verifica e riadeguamento del Patto Sociale del 93 complementare al pacchetto Treu‑Biagi del 96 con cui l’esecutivo Prodi, i sindacati confederali e la Confindustria spalancarono le porte alla precarizzazione del lavoro. Perciò era condizione decisiva dell’ulteriore arretramento politico della classe su cui l’esecutivo D’Alema avrebbe voluto far marciare i programmi antiproletari, controriv e bellicisti della BI governandone il conflitto che suscitavano e facendo degli esiti di quel passaggio termine del necessario assestamento e nuovo avanzamento del piano neocorporativo di rapporto tra le classi di approfondimento della mediazione politica neocorporativa e base del procedere delle linee di riforma complessiva dello Stato e del suo ruolo nelle pol centrali dell’imp. Con l’azione D’Antona il disegno politico espresso nel Patto di Natale ed il suo ruolo nel programma dell’esecutivo D’Alema ricevono un duro colpo. Ne viene cioè indebolita l’agibilità politica e la coesione dell’asse DS‑CGIL intorno a cui era aggregato un più vasto equilibrio politico‑sociale che lo sosteneva e legittimava le prerogative legislative che l’esecutivo si era avocato con le leggi‑delega per riformare il mercato del lavoro con le “politiche attive” in direzione di subordinare il lavoro salariato alla massima ricattabilità; per frammentare, privatizzare e ridurre la sfera del welfare; per comprimere ancor di più il diritto di sciopero; per svuotare il contratto collettivo nazionale di lavoro e per rafforzare la rappresentanza sindacale esposta a crisi di legittimità e di capacità di controllo del conflitto, dalla sua partecipazione attiva allo smantellamento delle conquiste storiche del movimento operaio e al peggioramento delle condizioni di lavoro e salariali del proletariato, in un contesto economico strutturalmente non espansivo che ha ridotto progressivamente i margini materiali di negoziazione con cui aggirare le istanze autonome della classe. Se, proprio per il ruolo che le politiche neocorporative hanno avuto nel far arretrare le posizioni del prol., il Patto di Natale avrebbe dovuto costituire il punto di forza dell’esecutivo D’Alema e del suo programma di governo, con l’attacco delle BR‑PCC ne diventò invece il fattore di crisi. E ciò perché Massimo D’Antona ne era il garante per l’esperienza e la capacità pol maturata negli esecutivi degli anni 90 e come esperto di legislazione del lavoro nella consulta giuridica della CGIL, nel legare i passaggi di riforma della Pubblica Amministrazione, gli accordi contrattuali, il percorso di restrizione del diritto di sciopero e la regolazione del sistema della rappresentanza sindacale dei lavoratori dell’ambito pubblico, riconducendo gli antagonismi che emergevano nelle principali vertenze di quegli anni a un piano di compatibilità con i programmi riformatori e verificando negli andamenti di quegli scontri particolari la generalizzabilità degli esiti favorevoli alla classe dominante, realizzandola con l’introduzione calibrata agli equilibri tra le classi e al contenuto delle spinte conflittuali, dei contenuti neocorporativi nella legislazione del lavoro. Per questo e per trasformare complessivamente le leggi del lavoro che codificavano i rdf tra borghesia e proletariato della fase economica e pol precedente, l’esecutivo D’Alema fece di M. D’Antona il braccio destro del ministro Bassolino assegnandogli la presidenza del comitato consultivo sulla legislazione del lavoro, organismo che includeva la maggior parte delle associazioni sindacali e padronali e il cui ruolo venne svuotato dall’azione del 20 maggio 1999 e di fatto concluso, ma che avrebbe dovuto costruire tutte quelle mediazioni occorrenti a raggiungere obiettivi politici della BI che tuttora, a distanza di 5 anni, restano in parte irrealizzati, quali la sostituzione della contrattazione aziendale o locale alla centralità del contratto nazionale con la conseguente frammentazione della forza contrattuale della classe ed il suo indebolimento, ed il correlato rafforzamento dei livelli di capacità dei vertici sindacali confederali di emarginazione, e di partecipazione alla repressione delle spinte autonome della classe, e di controllo contenimento e neutralizzazione delle resistenze proletarie, con la legittimazione delle pratiche di democrazia formale idonee a garantirli.

Un ritardo pol che quanto previsto nel libro Bianco di M. Biagi intendeva colmare stringendo la radicale rimodellazione economico‑sociale e politica collegata alla riforma federale dello Stato, contando sul sostegno di un equilibrio politico‑sociale meno vincolante di quello degli esecutivi di centrosinistra. Ma, nonostante le forzature operate a seguito dell’azione Biagi dall’esecutivo Berlusconi con il patto per l’Italia e l’approvazione della legge 30 per superare i vincoli politici a cui i vertici del sindacato confederale soggiacciono nell’espletamento dei loro compiti antiproletari e controrivoluzionari, alcuni dei nodi principali non sono ancora sciolti. Anzi, il suo procedere a tappe forzate in un quadro in cui domina il rilancio della strategia della LA e ancora permane il varco offensivo aperto dalle iniziative D’Antona e Biagi, ha alimentato il conflitto di classe e accelerato la perdita di peso pol generale del sindacato, senza che siano già rimodellati organicamente i rapporti economico‑sociali tra le classi così da prevenire a monte il conflitto strutturando la subordinazione politica del proletariato né sia rodata la formula del dialogo sociale che li integra. L’affermazione ed il dispiegamento del progetto previsto dal libro bianco incontrano infatti vaste resistenze che, stante il peso dell’interesse generale e pol della classe rappresentato nello scontro dal rilancio,obbligano l’esecutivo, sindacato e Confindustria ad oscillare tra azione comune, inerzia ed azioni di forza, spinti dall’emergenza con cui premono le istanze della BI e dalla necessità di divaricare la classe dal piano riv., mentre a complicare il necessario governo della crisi e del conflitto si aprono già nuove cd a causa dell’approfondimento della crisi stessa e per come si manifesta nella debole economia nazionale e si riflette sugli esigui margini di politica economica consentiti dal bilancio statale per governarla, nel quadro dei vincoli UE e UEM definiti a sostegno della concorrenzialità del capitale monopolistico a base europea. Un approfondimento della crisi tale da prospettare il “declino” dell’economia nazionale e l’impoverimento progressivo delle condizioni di vita proletarie già avviato con le riforme del lavoro attuate in questi anni e tale da riproporre con forza al nuovo livello, e mentre lo schieramento imp porta avanti la sua guerra infinita contro i popoli che vuole sottomettere, il nodo storico dell’alternativa riv al dominio della BI.

Perciò a fronte dell’avanzamento sostanziale del processo riv prodotto dalla riproposizione nella attuale fase politica del patrimonio e della linea generale delle BR fatti avanzare al livello raggiunto dal rapporto r/c riadeguando indirizzi di fase e prassi riv, lo Stato per proseguire la sua offensiva contro la classe ha necessità di ottenere un qualche successo pol seppur parziale. Infatti i suoi recenti risultati militari contro l’O se si riflettono sull’andamento concreto del processo riv rideterminandone i passaggi, nulla possono contro il fatto politico che siano stati praticati nello scontro generale tra le classi gli indirizzi pol‑militari con cui le BR‑PCC combattono e disarticolano la progettualità della BI e gli equilibri pol che la sostengono che, nel far fronte a quanto la controrivoluzione ha attestato, rispondono alle istanze pol e strategiche della classe e delle sue avanguardie. Indirizzi che rispondono alla necessità nella fase in atto, di selezionare ricostruire e formare il complesso dei termini e dei livelli di disposizione‑organizzazione rivoluzionaria e proletaria sulla progettualità e sul programma delle BR‑PCC sulla base del contributo fin da subito alla prassi riv dell’O in termini di stretta centralizzazione politica e di responsabilizzazione complessiva sulla linea e sul programma dell’O per produrre la massima incidenza pol nello scontro generale tra le classi ed ottenerne il vantaggio ai fini degli obiettivi politico‑militari di fase.

Indirizzi che perciò mettono in grado le BR‑PCC di sostenere anche il riflettersi sulla soggettività di classe del livello attestato dalla controriv , dato politico quest’ultimo, che rende centrale in questa fase che l’avanguardia riv si faccia carico progettualmente e programmaticamente dei termini della cd costruzione/formazione e delle problematiche generali che ne scaturiscono ai fini di assestare l’iniziativa offensiva contro lo Stato e la BI e su ciò formare, attraverso le rotture ed i salti pol occorrenti, la soggettività riv adeguata a misurarsi con il complesso dei compiti di fase che ruotano intorno alla stabilizzazione dell’intervento combattente nello scontro generale tra le classi e alla ricostruzione dell’OCC che agisce da Partito per costruire il Partito e che pertanto ne costituisce il nucleo fondante.

La storia dello scontro di potere tra le classi nel nostro paese dimostra come lo Stato si muova in una sostanziale difensiva politica a fronte della strategia della LA con cui le BR dirigono lo scontro e che la soggettività riv di classe può farsi carico a livello necessario dell’opzione riv., perché questa si è attestata nelle relazioni generali tra le classi quale esito dei mutamenti sedimentati nella trentennale attività delle BR nei rapporti di scontro, per la capacità propria della strategia della LA di influire su di essi e di modificarli. Un dato pol che perciò è ineliminabile dalla controriv anche in caso di danneggiamento dell’OCC e che è il prodotto dell’essere la prassi combattente delle BR-­PCC fattore attivo del mutamento delle posizioni pol e di forza tra le classi perché svolge un ruolo di direzione rispetto agli interessi politici generali e storici del proletariato a partire dall’attacco sui nodi centrali che oppongono la classe allo Stato. Perciò lo Stato con l’avvio dei processi pretenderebbe di distorcere gli indirizzi politici e strategici di fase dell’O al pari dell’amara realtà per la classe dominante, del portato del rilancio. Rilancio che ha assestato quanto già emerso negli anni 80 con la capacità delle BR‑PCC aprendo la Ritirata Strategica di preservare e rilanciare l’offensiva contro lo Stato e la BI e di far avanzare la costruzione del PCC, assestamento che conferma che quando la rivoluzione riesce a sopravvivere e a resistere ad una controrivoluzione consegue una vittoria strategica.

I militanti delle BR‑PCC
Nadia Lioce
Roberto Morandi

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