Sulla guerra psicologica e sulla caduta della base di Robbiano di Mediglia

  1. La guerra psicologica

In termini “militari” la funzione di un certo giornalismo si chiama “azione psicologica.” Mediante questa azione le forze raccolte intorno al regime organizzano il discredito sulle organizzazioni rivoluzionarie, sui loro dirigenti, sui loro militanti. Rispetto a noi questa azione viene esercitata con l’obbiettivo di condizionare l’opinione del semiproletariato e delle aristocrazie operaie. Chi c’è dietro le BR?
Ma saranno veramente rosse? E se fosse Brigate di regime? Domande a cui non viene data una risposta, ma solo indotta, selezionando dati stravolti che però conducono il lettore sulla spiaggia voluta. Ora ogni combattente ha certo valutato interessi e rischi impliciti nelle scelte. Così crediamo abbiano fatto anche quei giornalisti che fino ad oggi hanno alimentato questo fronte. Ciò nonostante a questi seminatori di odio, dubbi, insinuazioni e sospetti, diamo un ultimo consiglio: riflettano prima di stendere l’ultimo pezzo. È un esercizio che non costa nulla e se esercitato con moderazione può anche giovare. Perché alla guerra psicologica risponderemo con la guerra psicologica e con la rappresaglia.

  1. Robbiano di Mediglia

E veniamo a Robbiano. Che il “covo” sia caduto portando con sé alcuni materiali dell’organizzazione, peraltro periferici, ci costringe a riconoscere errori certamente commessi sul terreno della compartimentazione e dello stile di lavoro. Errori commessi e anche duramente pagati […]. Ma siamo combattenti e sappiamo imparare dagli errori, dalle delusioni e dalle sconfitte che la lotta inevitabilmente porta con sé. Siamo marxisti-leninisti e sappiamo che “combattere, soccombere, ancora combattere, ancora soccombere, combattere di nuovo fino alla vittoria finale” è una legge della storia. Riconoscere i nostri errori non significa però avallare le favole che su Robbiano si fanno circolare. A Robbiano non è caduta nessuna inchiesta fatta dalle BR, ma materiale di inchieste fatte pervenire alle BR. Le BR in nessuna occasione hanno fatto inchieste su Pinelli, Calabresi o su Bertoli. Hanno condotto, è vero, una inchiesta sulla morte del compagno Feltrinelli. Ma questa inchiesta non è caduta a Robbiano né è stata rinvenuta dalle forze antiguerriglia. Tutto ciò che è stato rinvenuto a Robbiano su Feltrinelli, Calabresi e Bertoli esprime il lavoro e gli eventuali punti di vista di chi lo ha realizzato autonomamente e non per conto dell’organizzazione.

E del resto l’autore se ne è già assunto pubblicamente la responsabilità (“Abc” n.14, 10 aprile 1975).

 

Brigate Rosse
Aprile 1975

 

Fonte: Soccorso Rosso, Brigate Rosse, Feltrinelli, Milano 1976

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