Contro il nemico sionista. Carcere di Rebibbia, documento di Ahmad Sereya e Birawi Tamer

Senza dubbio il sionismo è un movimento coloniale ed espansionista ed è un regime razzista (risoluzione ONU) che ha in «Israele» l’espressione più chiara ed esplicita.

Non è possibile definire scientificamente «Israele» come uno stato o una società, è soltanto una stazione di raccolta di diversi gruppi etnici, di coloni ed avventurieri. Ecco perché non esiste e non esisterà mai una omogeneità culturale, ideologica e sociale. Questa entità soffre di varie contraddizioni interne, di razzismo fra i diversi gruppi di Ebrei provenienti da tutto il mondo. Come è possibile allora chiamare questa miscela una società? Le contraddizioni si estendono perfino in campo religioso – basta pensare ai «Falashà» che sono emarginati e disconosciuti dai circoli religiosi ortodossi, cosa che provocò molti casi di suicidio fra gli Ebrei etiopici, come espressione di disperazione e come via d’uscita dalla condizione punitiva in cui si sono trovati dopo essere stati sradicati dalla loro patria per contribuire alla politica colonialista dell’entità sionista in Palestina. I sionisti sono riusciti per molto tempo ad ingannare l’opinione pubblica internazionale ed hanno potuto nascondere per diverso tempo i loro piani e la loro politica razzista.

L’ideologia sionista è totalmente falsa perché è basata sulla pretesa che gli Ebrei sparsi per il mondo formino uno stato, mentre la religione, qualsiasi religione, non forma una nazione.

L’entità sionista è di tipo confessionale, basata sulla bibbia attuale, che non ha niente a che fare con la bibbia di Mosè e gli Ebrei attuali non sono, per nessuna ragione, i discendenti di Abramo e di Giacobbe e nemmeno di Mosè. Tutti questi elementi hanno spinto il sionismo a mettere in campo tutta la sua forza ed energia, aiutato dalle sue alleanze con le potenze coloniali prima e con quelle imperialiste ora, per mettere in piedi quell’entità falsa che è «Israele».

La creazione d’Israele è stata voluta dalle potenze coloniali ed imperialiste, per svolgere la funzione di cane da guardia nell’area mediorientale e funzionare come lunga manus per proteggere gli interessi occidentali in questa zona. È una spina nel cuore del mondo arabo ed è un cancro nel corpo della Nazione araba, che mira a tenerla divisa e debole.

Per sopravvivere, l’entità sionista ha messo in atto lo scenario seguente: fare apparire l’entità sionista come uno «stato» democratico, dove convivono diverse linee politiche e perciò hanno creato diversi partiti e filoni ideologici che si battono tutti quanti per proteggere il sionismo e la sua creatura mostruosa: «Israele».

Si parla tanto del cosiddetto Partito Comunista Israeliano «Rakah», che è una rete di spionaggio al servizio del Mossad e che lavora per assorbire la rabbia e la ribellione della classe operaia palestinese. L’esistenza del «Rakah» serve anche per mascherare l’odio e l’inimicizia del movimento sionista verso il comunismo. Dopo tutto, il sionismo è abile ad assegnare i ruolo previsti ad ogni partito o filone politico. Al riguardo gli esempi sono tanti; ne citiamo alcuni:

  1. A) Il cosiddetto partito laburista,che viene presentato come un partito disponibile e morbido che accetta l’idea di una soluzione pacifica del conflitto mentre ci si scorda che questo partito è il primo responsabile di tutte le politiche sioniste dal 1948 al 1977.
  2. B) La cosiddetta linea dura, che nega l’esistenza del popolo palestinese e rifiuta nettamente qualsiasi trattativa con l’OLP.
  3. C) La linea oltranzista, che è la faccia mascherata del sionismo e che predica la «soluzione finale» con la liquidazione fisica del popolo palestinese ed è rappresentata dal rabbino Meir Kahane.

Il nemico sionista ha sempre adottato la logica dell’offensiva basandosi sullo slogan: «l’offensiva è la miglior difesa» e ciò indica la paura dei sionisti che l’iniziativa passi agli arabi per capovolgere la formula e sconfiggere il sionismo. Perciò l’aggressività e l’espansionismo sono caratteri originari e permanenti dell’entità sionista. A questo proposito i sionisti, aiutati dal loro alleato organico, l’imperialismo internazionale e quello americano in modo speciale, hanno lavorato per la supremazia militare e tecnologica di «Israele» ed hanno messo in atto una politica di liquidazione e sterminio nei confronti dell’avanguardia della Rivoluzione e del Movimento di liberazione arabo: il popolo palestinese. Così gli atti di aggressione hanno toccato i popoli arabi come quello palestinese, quello libanese con le invasioni del Sud del Libano del 1978 e quella più estesa del 1982, con il bombardamento del reattore nucleare iracheno nel 1982 (l’entità sionista ha da 100 a 200 bombe atomiche e non ha firmato l’accordo di non proliferazione nucleare) e con l’aggressione del 1985 contro la sede OLP a Tunisi e con l’uccisione, che non sarà l’ultima, di Abu Jihad.

Tutto ciò indica senza equivoci la vera natura del sionismo. L’aiuto americano e degli stati europei occidentali all’entità sionista è storico ed essenziale. E questo aiuto si estende a tutti i campi, da quello militare-economico fino a quelli informativo e di sostegno morale. L’Italia, come paese membro della NATO e alleato dell’imperialismo, ha dato e continua a dare un suo contributo al sionismo. Contributo che cominciò negli anni ’40 mettendo a disposizione dei sionisti mezzi e porti italiani per facilitare l’emigrazione di migliaia di Ebrei provenienti da tutta Europa verso la Palestina. Con la fondazione dell’entità sionista le relazioni italo-sioniste si sono rafforzate ed ufficializzate con il riconoscimento italiano dell’entità sionista, mentre a tutt’oggi l’Italia non riconosce l’OLP.

Con la complicità italiana, i servizi segreti sionisti hanno liquidato molti quadri politici e personalità palestinesi che vivevano in Italia e la polizia e la magistratura italiane non si sono mai impegnate a fondo per arrestare e condannare i killer sionisti; anzi, le autorità italiane rifiutarono di collaborare con i Palestinesi nel corso delle indagini sull’uccisione di Palestinesi: il caso più scandaloso fu l’indagine per l’uccisione di Mayed Abu Sharar, membro del Comitato Centrale di Al Fatàh e responsabile del dipartimento stampa, avvenuta a Roma nel 1981. Nel 1973 fu ucciso a Roma lo scrittore palestine Wail Zwaiter. Nel 1982, sempre a Roma, furono uccisi due esponenti dell’OLP Nel 1985 agenti del Mossad spararono 70 colpi ed uccisero molti cittadini stranieri nel corso della sparatoria avvenuta all’aeroporto di Fiumicino. Mentre il palestinese che faceva parte del commando fu arrestato, processato e condannato a 30 anni, gli agenti sionisti non si sono presentati al processo a l’ambasciata sionista negò perfino l’esistenza di questi agenti. Non ultimo, il caso del tecnico nucleare sionista Vanunu, che fu rapito a Roma da agenti del Mossad e portato in «Israele» per subire un processo, perché aveva rivelato i segreti nucleari sionisti. Questi sono solo alcuni esempi della complicità italiana con i sionisti, per non parlare del ruolo dell’Italia nella NATO, dei missili puntati sul Nord-Africa ed il Medio Oriente e della partecipazione italiana alla forza ONU nel Sinai e nel Sud del Libano, che ha il compito di proteggere l’entità sionista. Lo stato imperialista italiano è consapevole della sua complicità e per questo lavora per mascherare il suo ruolo e fa dichiarazioni che non valgono nemmeno l’inchiostro con le quali sono scritte.

Durante la rivolta, il Presidente della Repubblica Cossiga, accompagnato dal ministro degli Esteri, è andato a legittimare l’operato dei sionisti contro i palestinesi nella Palestina occupata, lanciando parole che non possono né potranno coprire l’appoggio e la complicità italiane alla politica repressiva dei sionisti. A cosa serve condannare a parole l’uccisione di Abu Jihad, quando ai sionisti è stato concesso di utilizzare lo spazio aereo italiano proprio per compiere quella missione? A cosa servono le condanne italiane (se ci sono state) quando l’Italia rifiuta di riconoscere l’OLP, l’unico e legittimo rappresentante del popolo palestinese? In questo quadro vanno capite ed analizzate le ultime mosse artificiose del governo De Mita, che vuol sollevare una cortina di fumo per coprire la complicità italiana nel dramma palestinese ed assorbire la rabbia e lo sdegno del popolo palestinese e della nazione Araba contro l’Italia.

Per quanto riguarda i regimi arabi, essi sono in maggioranza dei regimi fantoccio al servizio dell’imperialismo, la loro esistenza e sopravvivenza si basa essenzialmente sull’aiuto americano e sionista. L’esistenza di questi regimi dittatoriali è legata all’esistenza dell’entità sionista, perciò la battaglia per la liberazione della Palestina passa attraverso la liberazione della nazione Araba e la Rivoluzione palestinese è l’avanguardia del Movimento di liberazione pan-arabo, come la Palestina è parte integrante del mondo arabo. Questi regimi sono falliti , a livello interno, nel processo di sviluppo, come hanno fallito e falliranno nel processo esterno: difendere la loro falsa indipendenza e liberare la Palestina.

In fondo, sono pochi i regimi progressisti arabi che vogliono lavorare e lavorano per liberare la Palestina, affrontando tutte le conseguenze di tale scelta: scontrarsi con l’imperialismo e il sionismo.

I regimi arabi si possono dividere in tre categorie, rispetto al loro atteggiamento verso la causa palestinese:

1) I regimi sconfitti e traditori, filo-americani e filo-sionisti, che hanno scelto apertamente l’alleanza con il sionismo, come l’Egitto, il Marocco e la Giordania.

2) I regimi che non hanno il peso politico-militare per giocare un ruolo attivo nella zona, perciò fanno da spettatori.

3) I regimi che lavorano per il cosiddetto bilancio strategico (1) con i sionisti come la Siria, la Libia, l’Algeria.

In generale, la maggioranza dei regimi arabi non vuole affrontare i sionisti e cerca di seppellire la causa palestinese, una posizione che ha avuto una chiara conferma nell’ultimo vertice dei regimi arabi di Amman, quando la causa palestinese viene messa in secondo piano e viene posta al primo posto la minaccia del presunto pericolo rappresentato dalla Rivoluzione iraniana, in concordanza con gli americani e gli europei.

Il movimento delle masse armate palestinesi e libanesi, appoggiato dal movimento progressista arabo, ha dato prova delle capacità delle masse di affrontare e sconfiggere sia i sionisti che gli imperialisti europei e americani. E le battaglie in Libano lo dimostrano ogni giorno, dove l’aggressione sionista paga un contributo di sangue di continuo; come lo dimostra il fallimento di tutti i piani politico-militari del sionismo, e non ultima la campagna battezzata «Pace in Galilea» del 1982, che ha provocato disastri economici, militari e morali all’entità sionista.

Per la Palestina occupata, la rivolta in corso da 5 mesi non è altro che la dimostrazione netta del rifiuto dell’occupazione e della decisione delle masse palestinesi a passare all’azione per ottenere la libertà. La rivolta è un ciclo, una fase inevitabile e normale nella lunga guerra contro il sionismo. Uno degli aspetti più importanti di questa rivolta, è che le masse arabe palestinesi sono passate all’iniziativa ed hanno messo in ginocchio l’apparato militare e amministrativo dell’occupante, una prova che le masse sono più forti di qualsiasi esercito, una prova che quando l’iniziativa passa in campo arabo, ai sionisti non rimane che commettere crimini simili a quelli dei nazi-fascisti. La rivolta attuale passerà come un evento storico, nel processo di liberazione della Palestina.

Per quanto siamo convinti della vittoria finale del popolo palestinese, ci poniano alcune domande legittime:

1) Non è andata in frantumi la logica del bilancio strategico per affrontare i sionisti?

2) Perché e quando le masse arabe faranno sentire la loro voce e inizieranno la loro lotta contro l’imperialismo?

3) Ci sarà un fronte arabo unito in funzione anti-sionista e quale sarà il ruolo dell’organizzazione militare palestinese? Con questo fronte si potrà attuare un boicottaggio economico arabo antimperialista e quando?

4) Che fine faranno i conti correnti arabi nelle banche americane ed europee?

Pur ponendoci queste domande, continuiamo a mantenere la nostra inalterabile alleanza con le masse arabe e la fiducia che queste vinceranno la loro battaglia e romperanno le loro catene!

 

GLORIA AI MARTIRI

GLORIA ALLA RIVOLUZIONE PALESTINESE

RIVOLUZIONE FINO ALLA VITTORIA

Ahmad Sereya, Birawi Tamer

Carcere di Rebibbia, giugno 1988

NOTE:

1) Il termine «bilancio strategico» va inteso nel senso di una ricerca di bilanciamento o equilibrio delle forze su un piano generale: economico, politico e militare. Questo equilibrio in una logica da stato, viene visto come unica possibilità per competere con il sionismo e sul lungo periodo sconfiggerlo.

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