Contro l’isolamento di Abdullah El Mansouri. Carcere di Cuneo, documento del Collettivo prigionieri antimperialisti “La linea di demarcazione”

È dal giorno della sua cattura che il compagno Abdullah Al Mansouri, militante rivoluzionario arabo, antimperialista e antisionista, viene detenuto in una condizione di massimo isolamento.

È dal 6 agosto 1984 che Al Mansouri – a parte qualche breve periodo in cui è stato tenuto assieme ad altri pochi prigionieri italiani – viene sottoposto ad un trattamento troppo particolare dal ministero di Grazia e Giustizia.

È da troppo tempo! È da troppo tempo che il governo imperialista italiano cerca di annientare Al Mansouri!

Dopo essere stato tenuto in condizioni al limite della sopravvivenza nel carcere di Trieste, viste le sue gravi condizioni di salute, viene trasferito prima a Torino, poi a Belluno, a Livorno ed infine a Novara (dopo una breve permanenza a Roma per il processo che l’ha visto imputato assieme a Josephine Abdo). Nel carcere di Novara viene tuttora tenuto in uno stato di massimo controllo ed isolamento, impedendogli ogni contatto con gli altri compagni prigionieri. Le particolari caratteristiche della detenzione di Al Mansouri in Italia non dipendono da motivi giudiziari o strettamente “carcerari”, ma rispondono a direttive di cui è responsabile l’esecutivo, per il tramite dei servizi segreti che su questo compagno hanno appuntato la loro particolare attenzione.

Questa situazione deve finire! L’iniziativa che abbiamo contribuito a promuovere nel carcere speciale di Cuneo sottolinea la gravità di questo problema specifico, ma vuole anche focalizzare l’attenzione sulla realtà complessiva che lo ha prodotto.

Più in generale, il trattamento riservato ai combattenti prigionieri arabo-palestinesi, che si inserisce in quello che l’imperialismo infligge a livello internazionale ai prigionieri rivoluzionari e antimperialisti, viene applicato dallo stato italiano attraverso la dispersione di questi militanti in braccetti periferici (Trani, Spoleto, Voghera) o in sezioni di isolamento come per Al Mansouri, dove al massimo isolamento fisico e politico viene aggiunta una serie di misure volte all’annientamento culturale della propria identità rivoluzionaria e di popolo, oltre all’annientamento psico-fisico.

Questa situazione è perfettamente in linea con il ruolo imperialista che l’Italia svolge nell’area mediterranea, un ruolo che storicamente l’ha sempre vista schierata dalla parte della barbarie, con il colonialismo prima e con l’imperialismo e il sionismo poi. Ripercorrendo brevemente la storia dal dopoguerra ad oggi, vediamo l’Italia dare il suo pieno sostegno politico e materiale alla nascita dell’entità sionista in Palestina, fornire consenso e appoggio logistico all’imperialismo anglo-francese nell’aggressione contro l’Egitto nel ’56 e l’appoggio alla guerra scatenata dal sionismo nel ’67. E’ ben nota l’impunità garantita ai killer del Mossad che scorazzano in Italia a caccia di dirigenti della rivoluzione palestinese. Sono poi di epoca recente l’attiva adesione agli infami accordi di Camp David, le operazioni di sminamento nel mar Rosso, l’invasione di Beirouth a fianco delle altre potenze imperialiste, la provocatoria spedizione, tuttora in corso, nel Golfo Persico. e – ultimo episodio di un’infinita serie – la disponibilità dello spazio aereo italiano concessa ai sionisti nel compiere l’ennesimo assassinio di un dirigente palestinese come Abu Jihad.

Coerentemente con questo marcato ruolo aggressivo – adeguato alla nuova posizione assunta nella NATO (vedi l’accettazione degli F16) e l’integrazione nel complesso del sistema imperialista – vanno visti anche i vecchi e recenti tentativi di condurre una politica di mediazione/pacificazione delle principali contraddizioni presenti nell’area, in primo luogo quella palestinese. La politica estera italiana è da sempre rivolta a depotenziare le spinte antimperialiste e antisioniste della Rivoluzione palestinese, cooptando alle ragioni strategiche di stabilità dell’imperialismo quei settori e quelle forze che, per interessi specifici e matrice di classe, sono più inclini a tradire e snaturare le aspirazioni rivoluzionarie delle masse in lotta. Vanno interpretati in questo senso i ponti che – se pur contraddittoriamente – vengono lanciati verso l’OLP, la cui dirigenza soluzionista e capitolazionista diventa un interlocutore privilegiato, appetibile e “recettivo”… al punto che più di una volta – anche di recente – abbiamo sentito dichiarazioni che dipingono l’Italia come “primo paese arabo”, perpetuando così una mistificazione che dai tempi di Moro in poi maschera la vera natura dei rapporti italiani con il Medio Oriente e il mondo arabo in generale. Sia chiaro che le forze presenti all’interno dell’OLP disponibili a fornire attestati di amicizia a uno stato occidentale che (in piena rivolta delle masse palestinesi!) manda a Gerusalemme il suo capo di stato e il suo ministro degli esteri, sono parte di quello schieramento soluzionista e conciliatore che nulla ha a che vedere con lo sviluppo della lotta in senso conseguentemente rivoluzionario e antimperialista. Allo stesso modo tutte le forze politiche che in Europa e in Italia pur professandosi, da “sinistra” filo-palestinesi, in realtà legittimano e riconoscono l’entità sionista e si candidano alla gestione di strategie di pacificazione, si schierano di fatto a fianco dell’imperialismo e del sionismo.

È solo nella chiarezza della natura dei reali nemici interni ed esterni del popolo palestinese e del movimento di liberazione arabo che è possibile sostenere fino in fondo la guerra rivoluzionaria antimperialista e antisionista. I polveroni solidaristici e “democratici”, il generico e demagogico umanitarismo altro non fanno che annacquare il punto di vista rivoluzionario, disarmando l’internazionalismo e trasformandolo in opportunismo.

Queste posizioni ambigue sono del tutto compatibili con quella opposizione convenzionale che accredita l’esistenza di una “dialettica democratica” a garanzia del massimo consenso attorno alla politica di pacificazione imperialista, “autonomamente” promossa dallo stato italiano.

È solo all’interno delle forze che combattono radicalmente l’imperialismo e il sionismo e le loro politiche pacificatorie e mortifere, è nell’alleanza antimperialista con queste forze – anche se alcune di esse possono essere caratterizzate da criteri e finalità diverse da quelli dell’instaurazione della dittatura del proletariato – che è possibile destabilizzare l’imperialismo nell’area, nella prospettiva di aprire gli spazi e costruire le condizioni per una reale avanzata dei processi rivoluzionari, della liberazione dei popoli oppressi, del rafforzamento in senso socialista dei paesi progressisti della periferia.

Come combattenti comunisti che sostengono la guerriglia e la costruzione del fronte antimperialista combattente, non solo ci sentiamo a fianco dei prigionieri arabo-palestinesi verso i quali va il nostro pieno sostegno internazionalista, ma ci impegniamo a fondo nella ricerca di un rapporto attivo e reciprocamente costruttivo con questi militanti, nella prospettiva di continuare a combattere il nemico comune: l’imperialismo e il sionismo!

 

Sostenere la guerra rivoluzionaria del popolo palestinese e libanese contro l’oppressione imperialista e sionista!

Costruire alleanze antimperialiste per rafforzare e consolidare il fronte antimperialista combattente nell’area!

 

Collettivo prigionieri antimperialisti

“La linea di demarcazione“

 

Cuneo, 16 giugno 1988

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