Relazione sull’interrogatorio di Mario Sossi

Gli appunti di Sossi e il verbale di interrogatorio rielaborati dalle Brigate Rosse daranno frutto ad una relazione che sarà inviata all'”Espresso”. [ndr]

Nell’aprile del ’72 Angelo Costa, capo della mobile di Genova, ritrova in un magazzino del lungo argine Polcevera di un dipendente dell’armeria “Diana” del Lantieri, un baule pieno di armi. Verificando la matricola si scopre che erano le stesse armi che erano state denunciate come disperse nell’alluvione dell’ottobre-novembre del ’70 dall’armeria “Diana” di via Canevari. Viene fatto un sopralluogo nell’armeria, e leggendo nei registri si vede che moltissimi erano i casi di sparizione di armi (nota: il compito di controllare i registri delle armerie è della polizia). Questa causa viene affidata al Sossi. Sossi denuncia i due proprietari dell’armeria: Traverso Renzo e Lantieri Giuseppe (proprietari anche di un’altra armeria di via Donghi) per simulazione di reato e traffico di armi. Indagando più a fondo scopre che il commesso dell’armeria Alessi Ferdinando, 30 anni, è amico di Carlo Piccardo, fratello di Gino Piccardo del 22 Ottobre. In una perquisizione nella casa di Gino Piccardo, Scisciolo e Maino, a proposito dell’indagine sul 22 Ottobre, erano state scoperte alcune pistole e un mitra che erano stati forniti proprio da Alessi Ferdinando. Altro imputato nel traffico di armi è Bonafini Walter, 52 anni, di Milano, che aveva il compito di smerciare le armi a Milano. A questo punto interviene l’avvocato Silvio Romanelli, difensore di Traverso, che dice a Sossi: “Stia attento perché in questo caso ci sono responsabilità ben più alte di quelle del mio difeso, conviene mettere tutto a tacere.” Allora Sossi va in carcere a interrogare Traverso, il quale dichiara: “Una volta ho dato un pistola a Catalano, capo della polizia, in cambio di 4 mitra Mab.” Questa dichiarazione è a verbale. Viene chiamato Catalano. Interrogato sul fatto nega, arrossendo in volto. Fattegli vedere le dichiarazioni del Traverso, ammette di aver fatto quel cambio, ma aggiunge che i 4 mab erano rottami. (Questa dichiarazione di Catalano è a verbale.) Alcuni giorni dopo arriva un tale Profumo, proprietario di un locale notturno di Nervi, che dice di aver comprato lui la pistola e di averla poi data a Catalano. Racconta una storia confusa e incredibile. Richiamato Catalano questi ammette che i due proprietari dell’armeria sono suoi confidenti, che con loro non era l’unico ad avere rapporti (anche altri sottufficiali dell’ufficio politico erano in contatto con i due) e che il traffico di armi gli serviva per infiltrarsi nella sinistra. Per questo la cosa andava messa a tacere. A questo punto Sossi manda tutto al giudice istruttore Castellano, affinché sia lui a proseguire l’inchiesta. Castellano dopo alcuni giorni mette tutti gli imputati in libertà provvisoria. Sossi viene a sapere che, proprio in quei giorni, Catalano era stato a parlare con Castellano. Sossi si reca allora da Castellano dicendogli che il fatto era troppo grave per poter essere taciuto. Castellano gli risponde che se questo episodio veniva conosciuto prima del processo al 22 Ottobre poteva rischiare di mandare a monte tutta l’istruttoria sul 22 Ottobre. Si arriva al processo d’assise e la cosa non salta fuori. Terminato anche il processo d’appello Sossi torna alla carica. Ne parla prima con il tenente colonnello Franciosa (capo dell’ufficio di polizia giudiziaria dei carabinieri [ndr]), poi con il sostituto procuratore Meloni, poi con il prefetto. Il prefetto dice che si vedrà quel che si può fare e ne parla con Taviani. Ma la cosa resta insabbiata.

Maggio 1974

 

Fonte: Soccorso Rosso, Brigate Rosse, Feltrinelli, Milano 1976.

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