Aggiornamento della Direzione Strategica N.2

(testo ricostruito)

Scopo di questo lavoro è di dare un contributo all’aggiornamento dello statuto dell’O. Un aggiornamento che si è reso necessario alla luce del complesso riadeguamento operato dall’O. in questi anni di RS, quindi degli insegnamenti conseguiti nel percorso pratico sul carattere della guerra di classe e come questi si riflettono sull’impianto politico-organizzativo.
Parliamo di aggiornamento in quanto si tratta di adeguare quegli aspetti dell’impianto pol-org. che sono soggetti a mutamento con il mutare delle fasi rivoluzionarie e del conseguente indirizzo politico ovvero, della parte relativa alla disposizione organizzazione delle forze in campo. Mentre risultano valorizzati dalla pratica i nodi centrali costituenti l’impianto strategico, ovvero i criteri di clandestinità e compartimentazione che permettono il carattere offensivo della guerriglia, per lo specifico dell’O., la sua strutturazione nel modulo politico organizzativo descritto nello statuto (DS2) e i principi di costruzione del PCC.
L’esperienza fin qui accumulata permette di mettere a sintesi e precisare, rispetto alla parte generale contenuta nello statuto, il contesto storico e politico dello sviluppo, della LA nei paesi a capitalismo maturo, che seppure ne sottintende e traccia la sostanza di fondo, risente ancora di un certo ideologismo; questo è palese nella caratterizzazione della autonomia di classe in cui viene dato all’antirevisionismo un peso maggiore di quanto politicamente ha avuto nella formazione della stessa; invece va ricordato, e il dibattito di allora lo ha ben messo in risalto, che il carattere principale dell’autonomia di classe è dato dall’essere antistituzionale e antistatuale, solo secondariamente e di riflesso al ruolo assunto dalle rappresentanze istituzionali è antirevisionista. L’affermazione quindi, che il ruolo che si poneva (nodo) alle avanguardie era la risoluzione del problema della violenza in ogni fase del processo rivoluzionario, deve trovare la sua giusta collocazione nelle ragioni storiche della LA e non solo con la rottura con la politica del PCI in quanto aveva alimentato false speranze (benché vada tenuto conto quanto ciò rappresenti una peculiarità nella storia dello scontro di classe in Italia).
Già sul finire degli anni ’60 il ricco dibattito che si era sviluppato tra le avanguardie rivoluzionarie, sia nel centro che nella periferia, si coagula intorno ai nuovi termini che assume la politica rivoluzionaria nell’affermarsi della LA, della guerriglia, quale suo modo di esprimersi adeguatamente, a questo dibattito non furono estranee le esperienze della rivoluzione cinese, di quella cubana e del guevarismo, in generale dei movimenti di liberazione del terzo mondo (Algeria, Angola ect.) e non ultima la guerra popolare Vietnamita e indocinese. Le espressioni più mature di tale dibattito sintetizzarono le prime linee teoriche e politiche di quello che va considerato sul piano dell’esperienza rivoluzionaria, uno sviluppo del marxismo, un dibattito sintesi dell’attività rivoluzionaria di forze come i Montoneros, i Tupamaros ecc. per quanto riguarda l’America latina, la RAF, la Gauche Proletarienne, le BR per quanto riguarda l’Europa, tenendo conto anche dell’esperienza particolare del Black Panter Party e dei Weathermen negli USA.
Le ragioni storiche e politiche dell’affermarsi della LA sono date dai mutamenti che lo sviluppo dell’imperialismo con il secondo conflitto mondiale ha posto in essere sia sul piano storico/politico che economico/sociale. Sul piano storico/politico tali trasformazioni che già emergevano all’interno degli sconvolgimenti operati dalla guerra stessa a partire dalla necessità per l’imperialismo di assestare a suo favore gli equilibri che configureranno il bipolarismo, un contesto questo in cui si sviluppa una controrivoluzione imperialista alla cui testa stanno gli USA con l’intento di pacificare le aree attraversate dai risvolti rivoluzionari che si erano formati durante il conflitto, questo a partire dal punto critico costituito dalla Germania.
Controrivoluzione imperialista e piano Marshall furono il binomio con cui fu normalizzata l’Europa, aiuti economici e interventi militari pur rispondendo ad esigenze diverse, costituirono il necessario complementarsi di un duplice piano, da un lato preparava il terreno alla penetrazione del capitale finanziario USA, dall’altro lato doveva garantire condizioni politiche dei paesi per la ripresa del ciclo economico, dato che il permanere di condizioni “sfavorevoli” agli investimenti si sarebbe tradotto in una grave recessione della economia USA. In che modo sia passata la “normalizzazione” è storia recente, nello specifico del nostro paese i proletari sanno bene cosa ha significato il disarmo politico e militare della resistenza date le spinte rivoluzionarie e proletarie che vi dominavano. Un disarmo che ha preparato il terreno agli anni di Scelba e alla restaurazione borghese. Quello che importa qui rilevare è come il “ripristino” dell’ordine imperialista, le condizioni dettate dalla controrivoluzione, andranno a formare l’ossatura stessa della controrivoluzione preventiva, un dato che cioè permanentemente caratterizzerà il rapporto politico tra le classi.
Sul piano economico/sociale, il processo di sviluppo monopolistico dell’imperialismo, il piano di internazionalizzazione ed interdipendenza economica che lo caratterizzano, ha dato luogo al formarsi di una frazione dominante di borghesia imperialista aggregata al capitale finanziario USA, attorno a cui ruotano le altre frazioni di borghesia all’interno dell’ambito di concorrenza definito da questo sviluppo economico e nel contempo al formarsi del proletariato metropolitano. Il movimento economico che ha scompaginato le figure di piccola e media borghesia rurale e cittadina spingendole all’interno di un processo di proletarizzazione. Una tendenza alla polarizzazione tra le classi che non vuol dire scomparsa degli strati intermedi, ma modifica di quegli strati che nel periodo tra le due guerre avevano la loro base materiale in quello stadio economico di sviluppo prevalentemente su base nazionale.
I mutamenti delle condizioni politico/sociali determinate dallo sviluppo dell’imperialismo sono alla base della inadeguatezza della strategia terzinternazionalista dell’insurrezione, ovvero il fallimento delle tattiche dei PC di allora, prima di essere dato dal “tradimento e dallo sciovinismo” dei loro capi era determinato da questa situazione di fondo. In questo senso possono essere lette le sconfitte dei movimenti insurrezionali europei che caratterizzano le fasi precedenti e tra le due guerre, la sconfitta nella guerra civile spagnola e in quella greca che aprono e chiudono il ciclo rivoluzionario nella fase di crisi che troverà sbocco con il secondo conflitto mondiale.
In sintesi le nuove condizioni storiche possono così essere riassunte:

(1) il quadro del bipolarismo che stanti le ragioni per cui si è formato e le caratteristiche assunte non permette il riprodursi delle condizioni per un conflitto interimperialista come la seconda guerra mondiale, questo per il conseguente grado di integrazione economico/politico/militare tra gli stati della catena, quindi viene meno il dato del momento eccezionale che nel passato era riferito alle condizioni create in termini controrivoluzionari dalla guerra interimperialista (per lo meno con le caratteristiche avute allora)

(2) la diversa caratterizzazione delle forme di dominio e quindi del rapporto classe/stato con l’affermarsi della controrivoluzione imperialista; questi i dati storici che unitamente ai dati economico sociali hanno costituito il terreno oggettivo su cui si e misurata la soggettività rivoluzionaria, fino ad affermare la LA come il suo modo di operare in queste condizioni e specificamente per il centro imperialista nella necessità di operare nell’unità del politico e del militare presupposto che si confermerà come indispensabile per la guerriglia nelle metropoli imperialiste, unitamente al carattere di lunga durata della guerra di classe.
Questo quadro complessivo è quindi il riferimento generale su cui si afferma la LA, la guerriglia nei centri imperialisti, lo specifico contesto dello scontro di classe in cui si inserisce, ne determina politicamente il tipo di strategia da seguire e le particolarità di sviluppo. Per questo affermiamo che le ragioni dello sviluppo della LA in Italia non risiedono solo nel ciclo di lotte sviluppato dall’autonomia di classe a cavallo degli anni ’70 da qualità maturate dalle avanguardie operaie di quel periodo che ponevano all’ordine del giorno la questione del potere, che ha costituito invece il terreno della specificità di sviluppo del processo rivoluzionario in Italia, caratterizzando la proposta strategica dell’avanguardia rivoluzionaria della LA alla classe.
Operare un tale riduzionismo, oltre a declassare la funzione dell’avanguardia rivoluzionaria (in questo caso la guerriglia) a mero prolungamento della lotta di massa, e la natura stessa dello scontro ad un succedersi lineare di flussi e riflussi, si è poi rivelato il terreno di gestione dagli esperti antiguerriglia coadiuvati dagli ex militanti elevati al rango di collaborazionisti.
L’acquisizione della complessità dello sviluppo del processo rivoluzionario è un dato che per molti versi solo la verifica pratica poteva mettere in luce non solo per gli aspetti generali ma anche per quanto riguarda l’originalità in parte assunta nello specifico percorso nel nostro paese, in questo senso l’approssimazione e gli errori che la prassi ha poi evidenziato sono anche naturale portato di un processo rivoluzionario che non ha ancora precedenti compiuti da cui trarre esempio ed insegnamenti generali, tenendo anche conto della giovinezza politica, stante il fatto che un tale processo è obiettivamente prolungato nel tempo.
Quello che possiamo affermare indipendentemente dalla relativa originalità del nostro percorso specifico è che i caratteri generali e fondamentali della guerriglia, validi in ogni stato a capitalismo maturo, determinano un processo di maturazione del rapporto rivoluzione/controrivoluzione che obbligatoriamente si generalizza in ogni contesto ed in ogni Stato. Cosicché lo sviluppo di nuove Forze Rivoluzionarie (poiché niente è mai nuovo in questa materia, ma affonda le sue peculiarità nelle radici storiche dello scontro di classe in cui si situa e negli insegnamenti del movimento comunista internazionale) devono (sono costrette) a prendere atto di cosa è già stato determinato sul piano generale dell’attività dalle altre Forze Rivoluzionarie. Relazionarsi a ciò non significa travalicare il necessario calibramento politico che ogni forza rivoluzionaria è tenuta a misurare nel radicare la sua proposta politica tra le classi entro cui si racchiudono, le specifiche forzature, ma relazionarsi anche al livello che si è stabilito sul piano generale tra rivoluzione e controrivoluzione. L’esempio delle Cellule Belghe (CCC) e del loro coraggioso esordio è lampante di come una così giovane forza rivoluzionaria si sia dovuta misurare con un piano di scontro dello Stato belga il quale ha tenuto conto (in termini relativi) delle esperienze degli altri Stati europei (la strage di Stato anticellule della cosiddetta banda del Brabante-Vallone ect), un fatto questo che ha a che fare con l’accresciuto peso della soggettività nello scontro sia politico che rivoluzionario nei centri dell’imperialismo.
Sul piano del funzionamento della guerriglia negli Stati a capitalismo maturo, l’esperienza dell’O. permette di precisare le importantissime implicazioni che condizionano tutto con cui si sviluppa la guerra di classe. In questo senso possiamo dire che l’unità del politico e del militare agisce come una matrice nel processo rivoluzionario, dai meccanismi che permettono ad una forza rivoluzionaria di essere tale, al suo modo di sviluppare prassi rivoluzionaria, al processo rivoluzionario nel suo complesso. Per quanto riguarda l’esperienza dell’O. possiamo affermare ciò: la guerriglia nelle metropoli non è sola e semplice guerra surrogata, essa agisce e può sviluppare la sua efficacia muovendosi ben dentro ai nodi centrali dello scontro tra le classi 1’attacco al nemico perciò, per essere disarticolante, per incidere ed aprire spazio, deve riferirsi strettamente a questo piano politico generale.
La guerriglia esplicita dunque nella sua attività la natura di guerra di classe che pure vive nello scontro di classe, una natura che perciò influenza tutte le dinamiche dello scontro di classe dal piano generale al piano rivoluzionario.
La guerriglia essendo direzione dello scontro rivoluzionario, muovendosi dentro ai criteri obbligati dell’unità del politico e del militare, deve affrontare contemporaneamente e globalmente tutti i piani del processo rivoluzionario, quindi la sua direzione è volta ad organizzare e disporre le forze in maniera adeguata ai livelli dello scontro ed ai fini delle forze rivoluzionarie. Il processo rivoluzionario è processo di attacco militare al nemico (cuore dello stato, politiche dell’imperialismo) dentro ai nodi politici centrali che oppongono le classi e nel contempo è costruzione ed organizzazione delle forze sulla LA al grado definito dallo scontro e dai diversi livelli delle forze che vi concorrono (Forze rivoluzionarie, spezzoni di avanguardie di classe, etc.).
Questo complesso andamento (la guerra di classe) si muove all’interno dei caratteri che ha assunto lo scontro di classe negli stati a capitalismo maturo, e quest’ultimo ne influenza fortemente la dinamica di movimento e ne definisce la peculiarità. I caratteri del processo rivoluzionario soprascritti comportano il fatto che l’avanguardia armata del proletariato si configuri come una Forza Rivoluzionaria, più precisamente le BR operano e si dispongono come un vero e proprio esercito rivoluzionario ovviamente in relazione alle particolari condizioni e peculiarità dello scontro proprie al centro imperialista, in altre parole le BR sono una forza rivoluzionaria che pur essendo il nucleo fondante il Partito non sono il Partito. Questo perché il nodo della direzione rivoluzionaria della guerra di classe di lunga durata non si scioglie con un atto di fondazione, ma esso è un processo vero e proprio di fabbricazione/costruzione del Partito che si configura come tale all’interno del percorso di costruzione delle condizioni stesse della guerra di classe, nella sua più precisa definizione e progettualità le BR si costruiscono come Partito Comunista Combattente. In sintesi la direzione rivoluzionaria dello scontro si realizza agendo da Partito per costruire il Partito. Questa concezione fondamentale, unitamente ai criteri di clandestinità e compartimentazione e al modulo politico organizzativo secondo cui si sono strutturate le BR, costituiscono gli elementi sempre validi affinché la guerriglia possa agire con il suo portato rivoluzionario in queste condizioni dello scontro tra le classi (storicamente determinate).
La prassi di questi ultimi anni ha reso evidente la discontinuità dello scontro rivoluzionario, esso cioè non si svolge in modo lineare, ma è fatto di ritirate ed avanzate, successi e sconfitte, il superamento di una visione lineare ha perciò comportato una ripuntualizzazione più completa delle varie fasi dello scontro rivoluzionario il quale veniva compreso in ultima istanza in due sole fasi rivoluzionarie: quella dell’accumulo di capitale rivoluzionario e il suo successivo dispiegamento nella guerra civile, la realtà ha dimostrato, soprattutto a fronte della controrivoluzione degli anni ’80, come sia più complesso questo procedere e come il succedersi delle fasi rivoluzionarie non sia definibile a priori dall’inizio alla fine.
Fatto salvo l’indirizzo strategico entro cui si collocano, la connotazione della fase rivoluzionaria dipende quindi anche dall’esito della fase precedente e dagli obiettivi definibili nel complesso più generale della evoluzione dello scontro. Il giusto affermarsi della fase della Ritirata Strategica oltre a dimostrare ciò evidenzia come all’interno del processo prassi-teoria-prassi sia possibile imparare dagli errori. Questa acquisizione per una forza che necessariamente sviluppa con caratteri di esercito rivoluzionario data la natura del processo rivoluzionario nei paesi del centro imperialista, ha comportato l’adeguamento nella disposizione ed organizzazione delle forze in campo nonché dell’impianto politico/organizzativo ad esso relativo.
In altri termini ferma restando la disposizione generale strategica delle forze sulla LA, è data la disposizione ed organizzazione delle forze in campo relativa ai caratteri dello scontro e alle finalità delle forze rivoluzionarie. All’interno di ciò vanno distinti due diversi livelli di organizzazione disposizione, uno riguardante le forze interne all’O., l’altro le forze che si dispongono sulla LA intorno all’attività dell’O (istanze, avanguardie, reti proletarie), nella dialettica tra questi due piani si definisce il tipo di direzione organizzazione politica che la guerriglia stabilisce all’interno dello scontro dato.
Il muoversi della guerriglia si è misurato con la necessità di adeguare l’impianto politico organizzativo che risentiva di linearità e di schematicità. Una visione lineare che (in parte favorita dallo sviluppo di massa della LA) si discostava anche dalla giusta intuizione che lo scontro rivoluzionario nelle metropoli non poteva che essere di lunga durata e della necessità di assestare le forze dinanzi al profilarsi dell’approfondimento del rapporto controrivoluzione/rivoluzione. In sintesi la visione linearista dello sviluppo dello scontro rivoluzionario se in parte è anche il naturale prodotto dell’inesperienza e giovinezza politica, in parte risentiva dell’applicazione un po’ manualistica dell’impianto. In tal modo si spiega come la disposizione delle forze era rispondente al fine di attaccare lo Stato in tutte le sue componenti nello stesso tempo (a tenaglia) fino a paralizzare la macchina statale. Uno schema che non coglie la complessità del funzionamento dello Stato, pone sullo stesso piano funzioni ed apparati (politici, economici e militari) e che ha la sua validità nella fase finale dello scontro, appunto in una fase di guerra dispiegata. Questa visione di fatto ha influenzato l’impianto in quelle direttive politico organizzative che daranno poi vita ai Fronti di Combattimento: la maturazione ovvero sul piano politico organizzativo di tale concezione lineare sia dello scontro che dello Stato.
La realtà dello scontro, l’esperienza stessa del processo rivoluzionario diretto dalle BR, ha dimostrato che il rapporto classe/Stato si è modificato negli strumenti, nella sostanza: via via che l’attività della guerriglia s’inseriva nel contesto politico dello scontro di classe, di fatto la proposta strategica della LA alla classe si è imposta come uno spartiacque tra posizioni arretrate (i gruppi, il doppio livello, ect.) e la giusta risoluzione della questione del potere. Questi solo apparentemente sembrano cavalcare le condizioni della lotta assumendo solo l’estremismo sterile dell’operaismo, di fatto scivolando nella riproposizione di vecchie strategie.
La guerriglia fa assumere allo scontro la dimensione rivoluzionaria imposta dal rapporto di scontro nella sua attività realizzando la dialettica con le espressioni avanzate dell’autonomia di classe, influenzandone di conseguenza le caratteristiche di sviluppo. Nel contempo lo Stato misurandosi con la qualità dello scontro di classe dopo un primo inevitabile smarrimento ha maturato al suo interno la risposta controrivoluzionaria che come abbiamo visto (verificato) nella sua essenza ha finito con l’influenzare in ultima istanza la mediazione politica tra classe e Stato. Questo perché lo Stato non è una sommatoria di apparati. Lo Stato sviluppa una forte centralizzazione nell’apparato politico delle sue funzioni, un dato che se da un lato si riferisce alla necessità di dare risposte adeguate allo sviluppo economico, dall’altro è riferito al governo del conflitto di classe. La dinamica d’accentramento dei poteri è solo un effetto delle caratteristiche dello Stato, più sostanzialmente gli organi esecutivi e politici devono misurarsi con le capacità di esprimere la mediazione politica idonea al governo del conflitto di classe che più precisamente è l’affinamento degli strumenti non solo di contenimento della spinta delle lotte di classe, ma del loro coinvolgimento negli strumenti della “democrazia rappresentativa”.
In sintesi la complessità della macchina statale, se è vero che la sua sostanza era già presente, si è poi sviluppata con l’evolvere dello scontro in cui la dinamica rivoluzione/controrivoluzione ha influenzato i caratteri odierni del rapporto politico tra classe e Stato.
La centralità dell’attacco allo Stato costituisce oggi per l’O. uno dei principali assi programmatici attorno a cui si costruisce organizzazione di classe sulla LA.
L’esperienza su questo terreno ha posto concretamente i criteri con cui si dà attacco al cuore dello stato. Si dà efficacemente disarticolazione e si ha il massimo profitto politico incentrando l’attacco sui criteri di centralità, selezione e calibramento.
Centralità: nell’attacco del progetto politico dominante della BI che si forma all’interno della contraddizione politica che oppone le classi.
Selezione: del personale che di questo progetto costituisce l’elemento di equilibrio che lo fa maturare.
Calibramento: ai rapporti di forza interni al paese e tra imperialismo e antimperialismo col grado d’assestamento delle forze rivoluzionarie e proletarie.
Per tornare alla visione lineare e manualistica delle due fasi (accumulo e dispiegamento) dobbiamo rilevare come essa abbia comportato una conseguente disposizione ed organizzazione delle forze che l’esperienza concreta ha mostrato essere inadeguata soprattutto per la guerriglia del centro imperialista, che per le sue peculiarità opera in condizioni di accerchiamento strategico, priva di “santuari” e retrovie, essa non può accumulare forze al di fuori del piano politico raggiunto dallo scontro e quindi del grado di assestamento politico organizzativo che essa è in grado di consolidare a fronte della controrivoluzione e all’interno dell’alterno andamento dello scontro rivoluzionario.
L’accerchiamento strategico è una condizione generale ed immanente che sovrasta lo sviluppo del processo rivoluzionario, data dal fatto che essendo il potere nelle mani del nemico sino al suo abbattimento, questo determina una situazione di perenne accerchiamento per cui il vantaggio nei rapporti di forza a favore del campo proletario operato dall’avanguardia rivoluzionaria è sempre relativo, nel contempo vive il principio che la guerra di classe è strategicamente vincente perché: se il nemico non può distruggere il proletariato la sua avanguardia rivoluzionaria può distruggere il nemico di classe.
Va messo in evidenza che l’accerchiamento strategico nel contesto dello scontro che si sviluppa negli Stati a capitalismo maturo acquista delle peculiarità politiche riconducibili in ultima istanza all’aumentato peso della soggettività nello scontro generale, più specificamente v’influiscono i termini della controrivoluzione preventiva.

CRITICA ALLA FORMULAZIONE DELLA RISERVA. La prassi ha reso evidente l’inadeguatezza del criterio politico organizzativo della riserva così come è inteso nello statuto perché inattuabile e di fatto non attuato se non nel suo modo più deleterio con la riserva dei dirigenti. Essendo 1a guerriglia nelle metropoli per eccellenza una guerra senza fronte, ed operando essa nel cuore del nemico di classe, né strutture fisiche né militanti possono essere immuni da questo dato.
Nella pratica di un processo rivoluzionario nei paesi a capitalismo maturo che si svolge in perenne condizione di accerchiamento, nell’impossibilità di mantenere zone liberate, ciò che invece necessita è attivizzare tutte le forze disponibili, da quelle militanti a quelle rivoluzionarie e proletarie (pur nelle diverse funzioni assegnate) nella concreta attività che all’interno del principio dell’unità del politico e del militare è complessiva e investe tutti i termini dello scontro. È l’attivizzazione delle forze sul piano complessivo di attività dell’O. che ne fa conseguire anche la necessaria formazione, il piano di attivizzazione delle forze intorno all’attività generale dell’O. vive in termini organizzati ed il criterio organizzato del lavoro trova nella Cellula (al suo interno come verso l’esterno per le forze che essa centralizza e dirige) l’unità elementare in grado di riprodurre l’attività dell’O. nel suo complesso, questo tenuto conto che il rapporto di militanza ha come presupposto la formazione del militante complessivo.
L’esperienza concreta ha dimostrato come la mancata attivizzazione delle forze abbia reso problematico il loro reinserimento poiché impedisce ad esse di essere adeguatamente formate al livello raggiunto dallo scontro ed ai compiti della fase rivoluzionaria, la mancata attivizzazione genera dispersione ed impoverimento delle forze cioè l’esatto contrario di quanto ci si prefiggeva con il principio della riserva, per cui la riserva per la guerriglia può essere intesa politicamente come capacità di formare quadri militanti complessivi in grado di riprodurre il patrimonio politico ed organizzativo su cui si basa la guerra di classe in ogni condizione dello scontro. Per altro verso sono i principi strategici di clandestinità e compartimentazione nella loro accezione politica sostanziale (base per la condizione offensiva) e non formalmente intesi, l’attenzione continua al loro ripristino quando all’interno delle esigenze e dell’attività concreta vengano meno, che garantiscono il mantenimento della capacità offensiva della guerriglia anche in seguito agli inevitabili attacchi della controrivoluzione.
Materialmente la riserva trova applicazione nel principio della salvaguardia dei militanti responsabili dei servizi strategici (basi, ecc.) i quali sono fuori dal lavoro politico attivo.

CRITICA ALL’IMPOSTAZIONE DEI FRONTI. Lo sviluppo dell’O. per colonne corrisponde alla giusta esigenza politica di svilupparsi per poli a partire da quelli strategicamente centrali costituiti dalle zone industriali a grande concentrazione operaia. Questo perché il proletariato metropolitano a dominanza operaia è la base sociale della lotta armata. Le colonne si sviluppano nei poli di appartenenza sul principio della duplicazione d’O. L’O. coglie le contraddizioni che sul piano politico tale sviluppo può generare, al fine di superare questa contraddizione presente materialmente e mantenere l’unitarietà dell’intervento complessivo si sviluppano i Fronti di combattimento.
I Fronti hanno lo scopo di attraversare orizzontalmente l’attività dell’O. così i loro campi d’intervento (fabbriche, controrivoluzione, carceri, ecc.). Nella realtà questa contraddizione ha approfondito le contraddizioni e la tendenza al particolarismo ed al frazionismo. Infatti, i Fronti lontano dal costituire veicolo di unitarietà della linea politica nelle colonne, si sono trasformati per paradosso in settori specializzati d’intervento favorendo le tendenze particolari dei poli.
La giusta concezione dello sviluppo per poli se da un lato ha favorito lo sviluppo dell’O. nel territorio dall’altro ha potenzialmente posto la contraddizione del frazionamento dell’intervento. Ciò però è potuto avvenire anche per il persistere della visione linearista dello scontro rivoluzionario che poteva preludere ad una rapida conclusione. Nel momento in cui si rese necessario in relazione all’approfondirsi dello scontro esprimere il salto alla centralizzazione dell’attività al fine di consolidare le posizioni ottenute non facendole disperdere ed operare il necessario tipo di direzione centralizzata, l’indirizzo dei fronti e la conseguente disposizione delle forze in campo non permisero questo salto perché forti si erano fatte le spinte al frazionismo espresse politicamente dalle deviazioni dell’operaismo della colonna W. Alasia e dal soggettivismo della colonna Napoletana-Fronte carceri.
Nello statuto vengono giustamente definiti i criteri di clandestinità e compartimentazione che permettono il carattere offensivo della guerriglia. Così si mette giustamente l’accento sul pericolo della deformazione di questi criteri a logica carbonara o peggio a spirito di setta, ovvero ad una visione capovolta della loro funzione al limite misurata al piano organizzativo. L’esperienza permette di affermare che tale pericolo può aumentare a causa degli arretramenti, laddove le particolari condizioni dello scontro che subentrano ad un arretramento possono indurre ad una logica difensivistica che è al suo estremo la negazione della guerriglia stessa, contro questa malattia va posta costante vigilanza politica, sia perché sono oggettive le condizioni in cui si produce, ma soprattutto perché si traduce in errori di comportamento nell’affrontare il lavoro politico.
Tutto il complesso arco di criteri, principi, modi di esprimere prassi rivoluzionaria caratterizza lo stile di lavoro dell’O, uno stile di lavoro che in questi anni d’esperienza rivoluzionaria si è ben stagliato negli atti politici e materiali dell’O. Esso contraddistingue lo spirito della militanza d’O. e trae la sua caratterizzazione dalla natura proletaria dell’O. e dagli insegnamenti generalizzabili su questo terreno del movimento comunista internazionale. La pratica ha dimostrato che la guerriglia deve necessariamente funzionare con il modulo politico organizzativo definitosi storicamente come il più adeguato, ovvero la strutturazione delle forze rivoluzionarie deve rispondere ad un criterio che permette la praticabilità del modulo guerrigliero all’interno dei principi strategici di clandestinità e compartimentazione in quanto principi che permettono di esplicare il carattere offensivo della guerriglia e limitare le perdite (comunque sempre alte!).
Le BR hanno verificato la validità del proprio modulo e di come, venendo meno, si riflette in negativo sulle capacità di ricondurre le forze al livello politico necessario. Il modulo politico organizzativo delle BR risponde alla necessità di strutturare i diversi livelli in istanze superiori ed in inferiori all’interno del principio del centralismo democratico. L’unità di base costituita dalla Cellula è la struttura fondamentale dell’O., al suo interno si riproduce sia il funzionamento del modulo che il patrimonio politico dell’O., questo ne permette la riproduzione complessiva.

SULLA RITIRATA STRATEGICA. All’interno del principio dell’unità del politico e del militare la RS non è risolvibile semplicemente nella ricollocazione di un corpo di tesi ma investe non solo l’adeguamento dell’impianto organizzativo quanto soprattutto il modo con cui si costruiscono i termini politico-militari della guerra di classe; quindi la RS assume un carattere di fase generale influendo sulla disposizione tattica delle forze. La disposizione tattica pur assumendo all’interno delle peculiarità dello scontro carattere dinamico è condizionata sia dal piano strategico di disposizione generale delle forze sulla LA, sia dalle finalità della fase rivoluzionaria di scontro. Nel merito della caratterizzazione della RS occorre non cadere in un’inadeguata concezione quasi fosse applicata alla “politica dei due tempi”, non tenendo conto cioè del salto di qualità comportato nella politica rivoluzionaria operando nell’unità del politico e del militare, cosa che coinvolge tutti i termini della condotta della guerra di classe, ovvero, non basta ricondurre questo salto alla definizione strategica che il processo della guerra di classe si basa sulla proposta della LA alla classe.
Come l’esperienza ha dimostrato già sappiamo invece quale particolare modo di procedere implica per le BR e per il processo rivoluzionario che dirigono tradurre la forza politica che l’iniziativa combattente produce in consolidamento delle posizioni proletarie. Tornando alla RS, è inevitabile collocarla storicamente negli insegnamenti del movimento comunista internazionale per la funzione che già con Mao è riferibile ad un processo rivoluzionario di guerra di popolo con tutto quello che comportava sul piano dell’avanzamento di un processo politico anche d’organizzazione e di definizione di una strategia militare.
Saltando alla nostra situazione la concezione di fondo della RS (ritirarsi da posizioni insostenibili) va collocata nella peculiarità di sviluppo della guerra di classe nei paesi a capitalismo avanzato, ed è elemento tutto soggettivo della capacità dell’avanguardia combattente di sviluppare le condizioni del riadeguamento che giocoforza comporta uno stretto legame con la ricostruzione delle condizioni politiche e materiali della guerra di classe, quindi niente di oggettivo, ma capacità di determinare una condizione che non può essere limitata alla sola chiarezza teorica e politica dell’impianto, dato che il riadeguamento della guerriglia ai nuovi termini dello scontro rivoluzionario comporta articolare un processo politico e militare di attivizzazione delle forze proletarie sulla LA, sul terreno rivoluzionario. Una condizione che va costruita dentro una conduzione della guerra (e d’altra parte non può essere altrimenti) che deve essere interna al mandato della RS fino al completamento di alcune condizioni politiche e militari al di fuori delle quali è impossibile parlare di uscita dalla RS, tenendo conto che l’andamento dello scontro è fortemente discontinuo (avanzate-ritirate) e quindi la condotta tattica dello scontro è sottoposta a questo movimento che non è lineare. È chiaro che pure il termine di ricostruzione delle forze e delle condizioni politiche materiali del campo proletario non è semplicemente momento congiunturale ma una fase rivoluzionaria che però è strettamente condizionata dalla funzione della RS ed è tutta interna alla RS anche se mette le basi materiali e complessive per l’uscita da essa.

LA FASE DI RICOSTRUZIONE. Si tratta di analizzare i fattori che definiscono l’attuale Fase di Ricostruzione, tenendo conto che essa prende forma e consistenza all’interno della RS perché per modi, sostanza e tempi politici a cui deve essere finalizzata l’attività rivoluzionaria complessiva, si può e si deve parlare di fase rivoluzionaria. Questa, sebbene sia influenzata dal senso generale che ha la RS, costituisce la base, le fondamenta, su cui invertire la condizione attuale dei rapporti di forza, ovvero la Fase di Ricostruzione, che già vive nell’attività rivoluzionaria, muove per creare le condizioni politiche e materiali atte a modificare e spostare in avanti il piano rivoluzionario e di conseguenza le posizioni del campo proletario.
In sintesi, una fase rivoluzionaria che condiziona fortemente l’atteggiamento tattico relativo a come organizzare-disporre le forze in campo stante la fase di scontro politico tra le classi a fronte del contesto prodotto dalla controrivoluzione e del derivato approfondimento del piano rivoluzionario.
Sono tre i fattori a cui vanno riferiti i caratteri della Ricostruzione:
A) contesto della controrivoluzione e suo riflesso sulla mediazione politica. Il riflesso degli effetti della controrivoluzione sul carattere della mediazione politica tra le classi all’interno del contesto politico generale che la guerra di classe sviluppa, mette in risalto come questo rapporto politico sia connotato da un maggior intervento diretto dall’esecutivo nelle principali questioni che riguardano il governo del conflitto di classe a partire dalle vertenze “calde” (accordi pilota) agli interventi istituzionali (diritto di sciopero e libertà sindacali). Un dato che chiarifica la natura politica dello scontro di classe e il suo grado d’approfondimento evidenzia inoltre come in questo quadro sono mutate le funzioni delle opposizioni istituzionali: siano esse politiche che sindacali nella relazione esistente tra neocorporativismo e accentramento nei poteri dell’esecutivo, un fatto che seppure contraddittoriamente li porta a ruotare nella sostanza intorno alle scelte dell’esecutivo, a farsi carico di spinte lealiste e demagogiche, come nell’uso spregiudicato dei referendum, sia nella contrattazione col fine di contenere le istanze di lotta, sia sul piano politico generale in senso filo governativo.
In sintesi, il carattere della mediazione, il modo con cui si esprime il rapporto politico è dunque riferimento obbligato nel definire il tipo d’intervento rivoluzionario adeguato ad inciderlo e che giocoforza va riferito alla contraddizione dominante che matura nel rapporto politico tra le classi.
B) evoluzione dello Stato, necessità e progetti borghesi. Le peculiarità dello Stato date in Italia dall’esistenza del terreno rivoluzionario hanno condizionato per molti versi la stessa formazione delle forze politiche che rappresentano l’interesse della frazione dominante di borghesia imperialista. Ma l’elemento di sostanza della sua evoluzione sta proprio nei processi attuali di riformulazione del poteri poiché evidenzia una rinnovata capacità da parte delle forze politiche di ridefinire un progetto complessivo non solo riferito alle esigenze della BI nostrana, ma conseguentemente all’altezza delle posizioni che l’Italia ha e deve assumere nel contesto imperialista, soprattutto nello specifico europeo.
Una capacità a tutt’oggi riconquistata dalla DC che si qualifica come forza politica complessiva matura, quella maggiormente in grado di imprimere le svolte necessarie agli interessi della BI.
Questo sintetico quadro per comprendere che l’attacco allo Stato, l’incisività necessaria a disarticolarne i progetti non può eludere alla comprensione dell’evoluzione generale dello sviluppo del paese nel contesto della catena, di conseguenza dal tipo di progetti politici che vengono definiti e di come questi si collocano di volta in volta in termini dominanti in relazione ai rapporti di forza ed agli equilibri politici tra le classi. Ciò comporta la ferma assunzione nel definire l’attacco ai criteri di centralità e selezione la cui valenza viene esaltata proprio dal grado di scontro e che danno all’attacco la necessaria portata per incidere al punto più alto di esso.
C) stato del campo proletario, condizioni politiche e materiali del movimento di classe e rivoluzionario. Lo stato del campo proletario riflette il modo con cui si è materializzata la controrivoluzione, avendo essa attraversato orizzontalmente l’intero corpo di classe a partire dalle espressioni più avanzate dell’autonomia di classe che si sono dialettizzate con la guerriglia. Una dinamica che ha scompaginato il tessuto di lotte proletarie e ridimensionato in ultima istanza il peso politico della classe, un dato che paradossalmente ha influito sul ridimensionamento delle sue rappresentanze istituzionali.
Quello che va tenuto presente è il quadro determinato nella dialettica rivoluzione controrivoluzione nel nostro paese, un processo che si ripercuote nel modo in cui lo Stato si relaziona al campo proletario, in altri termini, lo Stato ha ben presente che, se non può eliminare la componente rivoluzionaria, deve obbligatoriamente contrastare gli effetti e la valenza della sua proposta politica: in questo senso ha definito un apparato antiguerriglia con un raggio di intervento politico complesso, ovvero finalizzato a tenere sotto pressione le componenti proletarie e rivoluzionarie che esprimono antagonismo contro lo Stato, un aspetto questo che si compenetra con la mediazione politica facendo di quest’ultima un reticolo di atti politici e materiali che contrastano l’ambito stesso di formazione delle avanguardie nel tentativo di impedire all’autonomia di classe di esprimersi.
In sintesi, misurandosi con le condizioni politiche del rapporto classe/Stato per pesare sugli equilibri dello scontro stesso mette in luce i termini della necessaria dialettica guerriglia/autonomia di classe a partire dalla direttrice dell’attacco allo Stato all’interno dei criteri sopraddetti. Una dialettica che a livello dell’organizzazione di classe sul terreno della LA, tenendo conto della materialità, concretezza, carattere dello scontro, deve agire sul binomio ricostruzione/formazione, ovvero ricostruzione nell’ambito operaio e proletario delle condizioni politiche e materiali danneggiate e disperse dalla controrivoluzione; formazione delle forze che si dispongono in modo da renderle adeguatamente organizzate a sostenere il livello di scontro con lo Stato. Un termine di lavoro che attraversa orizzontalmente e verticalmente le forze in campo (seppure con le dovute differenze) a partire in primo luogo dalla formazione dei rivoluzionari (forze rivoluzionarie) i quali devono esprimere la direzione adeguata a questo piano di disposizione.
In ultima analisi questo duplice intervento recupera il patrimonio di vent’anni d’attività rivoluzionaria delle BR per rilanciarlo alla maturità e progettualità attuali.
Riassumendo, la fase di ricostruzione è un passaggio delicato e complesso ed investe il tipo di riadeguamento intrapreso dalle BR nel senso più generale, ovvero riferito alla capacità non solo di riqualificare l’impianto e il tipo di caratterizzazione del quadro militante, ma questo in interrelazione alla necessità di determinare una direzione/organizzazione delle forze in campo, di muovere sul duplice binario di ricostruzione/formazione al fine di disporle adeguatamente nello scontro.

LA CENTRALIZZAZIONE. L’adeguamento nella capacità di esprimere la direzione idonea alle mutate condizioni dello scontro è dato dal salto alla centralizzazione delle forze in campo sull’attività generale dell’O. Ovvero emerge la necessità politica che l’attività dell’O. si muova in termini di forte centralizzazione politica che nell’accezione leninista significa centralizzazione delle direttive politiche sull’intero movimento delle forze, decentralizzazione delle responsabilità politiche alle diverse sedi ed istanze organizzate.
Più precisamente la centralizzazione deve rispondere alla capacità di far muovere le forze dentro a un quadro organico di lavoro come un solo corpo, ovvero la capacità di responsabilizzare il movimento delle forze dentro un piano di lavoro di cui le caratteristiche politiche siano patrimonio di tutti ma non interpretabili spontaneamente dai diversi livelli organizzati. La centralizzazione dell’attività del movimento delle forze è perciò una necessità politica imposta dall’approfondimento dello scontro, una condizione che richiede il massimo dell’utilizzo politico delle medesime all’interno di una disposizione volta a farle muovere come un cuneo intorno all’iniziativa dell’Organizzazione, il che può avvenire solo dentro un piano di lavoro definito all’interno del quale tutte le forze concorrono, ma non per spontaneo apporto, ma disposte ed organizzate in modo da poter contribuire confacentemente. Una dinamica politico-organizzativa che può avvenire appunto nel duplice movimento centralizzazione, decentralizzazione delle responsabilità. Questo perché non è più sufficiente disporsi spontaneamente sulla LA pensando di ritagliarsi in piccolo i problemi posti dallo scontro. In altri termini una riproposizione dell’esperienza dei nuclei che al proprio livello riprendevano le indicazioni d’O., in questo contesto non è più praticabile politicamente.
Ecco perché necessariamente le istanze dei compagni rivoluzionari e i proletari coscienti che si rapportano alla linea politica dell’O. vengono disposte sin da subito all’interno del piano di lavoro centrale, così come la costruzione delle reti proletarie non ha una funzione solamente locale. Una disposizione che comporta nel contempo il calibramento delle diverse responsabilità ai differenti livelli di coscienza, ma tutti ugualmente funzionalizzati al piano generale di lavoro. Non si tratta di far fare al proprio livello esperienza alle forze che si relazionano, ma si tratta sin da subito di formarle all’interno di una disposizione che permetta di acquisire una dimensione politico-organizzativa che lo scontro richiede: la dimensione del senso organizzato del lavoro per rispondere alle necessità che assume a questo livello di sviluppo della guerra di classe. Tutto ciò all’interno dell’esigenza di operare politicamente e militarmente alla ricostruzione degli strumenti politico organizzativi per attrezzare il campo proletario, in questa fase, nello scontro prolungato contro lo Stato.
Il problema delle istanze di compagni rivoluzionari non significa inglobamento di esse nell’O., ma la dialettica, il rapporto che si forma deve rispondere all’obiettivo politico di contribuire all’avanzamento del processo rivoluzionario a partire dalle necessità poste dallo scontro.
Al di fuori di questo dato politico c’è solo un’interpretazione fumosa dell’unità dei comunisti che, muovendosi in ordine sparso, non può che trascendere dalle condizioni che lo scontro stesso impone, al limite tagliandosi un proprio spazio di intervento ininfluente ad incidere su di esso, di fatto favorendo la dispersione delle forze e delle iniziative in quanto su di esse grava, indifferentemente dalla coscienza con cui si sono poste verso lo scontro, tutto il peso delle condizioni politiche.
Quest’adeguamento ai termini dello scontro implica la capacità di esprimere un livello di direzione politico-organizzativa adeguata alla centralizzazione nella disposizione delle forze sull’attività dell’O.
La questione della direzione è questione fondamentale all’interno della fase di ricostruzione/formazione che per l’O, e data la sua strutturazione, deve esprimersi ai diversi livelli, dal carattere generale e a livello complessivo (come capacità concreta di far vivere il ruolo di avanguardia della classe all’interno dello scontro e quindi di esprimere il necessario indirizzo politico con il combattimento), sino alle sue determinazioni (cellule) e in rapporto alle forze esterne (istanze, reti, rapporti) è quindi questione che attraversa verticalmente ed orizzontalmente l’O. Tenuto conto che la disposizione delle forze in campo implica la loro funzionalizzazione all’attività generale dell’O. che ruota intorno all’attacco ed agli obiettivi di fase individuati dal piano di lavoro, e che ciò ha significato concepire l’O. come un unico cuneo indirizzato all’obiettivo, poiché questa disposizione delle forze è la sola che si è dimostrata utile e necessaria a far vivere i termini organizzati del lavoro, cioè esplicitare l’attività dell’O. in questa fase in termini adeguati alle necessità poste dallo scontro, termini organizzati che sono altro dalla semplice sommatoria d’attività di singoli; una disposizione che ha permesso la valorizzazione delle forze poiché adatta ad indirizzare l’attività dell’O. sul piano del necessario politicamente superando i limiti posti dal “possibile”, inoltre atta a rispondere alle esigenze di formazione e ricostruzione delle forze stesse all’interno del principio che solo la prassi utile e necessaria al piano di lavoro ed agli obiettivi dello stesso produce il necessario avanzamento ed adeguamento politico delle strutture, dei singoli e dell’O. nel suo complesso.
La strutturazione in istanze superiori ed inferiori all’interno del centralismo democratico e della corretta dialettica sia orizzontale che verticale ha permesso il calibramento e la centralizzazione necessaria ai compiti ed ad una simile disposizione delle forze nel movimento, centralizzazione delle forze sull’indirizzo politico del lavoro/decentralizzazione delle responsabilità ai vari livelli politici espressi.
L’esperienza concreta ha dimostrato l’importanza che assume nell’assestamento dell’attività delle cellule la funzione del responsabile quale elemento in grado di far vivere lo stile di lavoro e la capacità organizzata di operare della struttura nel complesso del lavoro d’O., non mero coordinatore ma effettivo responsabile in grado sempre e comunque di indirizzare il lavoro di struttura e delle forze da questa dirette alle effettive necessità dettate dal piano di lavoro e dagli obiettivi di fase all’interno dello scontro, nella necessaria dialettica e nella piena valorizzazione delle forze; l’esperienza chiarisce come, e in ogni attività dell’O., siano i fatti concreti sui quali si misura l’adeguatezza o meno di ruoli e funzioni e di quanto sia importante far vivere l’attenzione continua costruttivamente critica ed autocritica verso il lavoro proprio e generale, questo nell’intero corpo militante; questo sia nell’individuazione che nel governo indirizzato alla loro risoluzione in avanti delle inevitabili contraddizioni che sorgono nel rapporto e nello sviluppo con l’attività stessa.
Nell’attività di una forza rivoluzionaria che pratica la guerriglia non esistono vacche sacre né meriti acquisiti, né capacità individuali insostituibili, né contributi più o meno importanti, ma solo rispondenza alle responsabilità ed alle esigenze del lavoro che è solo utile e necessario, e che solo nei suoi termini organizzati permette il conseguimento degli obiettivi e la valorizzazione, la necessaria socializzazione delle capacità oltre al superamento dei limiti che sempre presenta il singolo.
La questione del responsabile si è dimostrata fondamentale nell’esperienza condotta con le istanze di compagni rivoluzionari: laddove possibile l’O. ha sempre privilegiato la costituzione di istanze di militanti rivoluzionari per responsabilizzare sin da subito i compagni all’interno dello stile di lavoro organizzato dell’O., in questo senso si può dire che si da istanza esclusivamente laddove essa riesce ad esprimere al suo interno la propria figura di responsabile, quando ciò non è avvenuto o è venuto meno abbiamo assistito allo svilimento delle forze, al loro impoverimento con l’emergere di contraddizioni varie, dallo spirito di gruppo alla deresponsabilizzazione verso il lavoro che ha reso necessario il loro scioglimento.
L’importanza della qualità e dello sviluppo del lavoro di direzione in relazione all’andamento dello scontro e all’interno di questa particolare fase, la sua complessità, sono tutte interne ed in stretto rapporto con la questione del Partito, nell’unità del politico e del militare, la sua adeguatezza al piano di scontro ed ai compiti, non solo risponde al giusto principio dell’agire da Partito per costruire il Partito, ma nel suo sviluppo dialetticamente legato alle condizioni politiche e materiali dello scontro stesso, misura e nel suo complesso muove verso un avanzamento del piano di scontro e del processo di costruzione-fabbricazione del PCC.

Marzo 1989 (versione originale 1988)

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